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Redazione TirrenoNews

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Adesso la Cina ha paura.

Il cancro, in particolare quello ai polmoni, e' una delle cause di morte più frequenti in Cina, soprattutto nelle grandi città che registrano livelli di inquinamento atmosferico con valori anche decine di volte al di sopra della soglia di sicurezza fissata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.

Negli anni tra il 2001 e il 2010 nella sola Pechino i casi di persone affette dal male sono aumentati del 56%, e il cancro ai polmoni e' diventato la prima causa di morte per cancro tra gli uomini, e la seconda per le donne, dopo il cancro al seno, secondo i dati del Beijing Health Bureau.

Gli ultimi dati ufficiali cinesi riguardanti il fenomeno, vedono il Paese come uno tra quelli maggiormente responsabili dell'inquinamento a livello globale: nel 2012, secondo le statistiche ufficiali, la Cina ha prodotto emissioni di CO2 per oltre 9,2 miliardi di tonnellate, circa il 27% delle emissioni nocive a livello globale.

Nella citta' di Harbin, nel nord-est della Cina, dove vivono undici milioni di persone il livello di smog era talmente alto da bloccare la circolazione nelle strade, con una visibilita' ridotta a tre metri: la concentrazione di polveri sottili PM 2.5 nell'aria era arrivata a superare i novecento microgrammi per metro cubo di ossigeno, una soglia piu' di quaranta volte superiore a quella stabilita' dell'Organizzazione Mondiale della Sanita', fissata in 25 microgrammi per metro cubo.

Secondo i medici che hanno in cura la piccola, che Secondo un medico del Jiangsu Cancer Hospital di Nanchino sentito dall'agenzia di stampa Xinhua, la piccola, di cui non viene fatto il nome, e' stata esposta a micro-particelle nocive e alla polvere per lunghi periodi.

La bambina viveva nei pressi di una strada molto trafficata nella provincia orientale del Jiangsu.

Cina, muore a otto anni di cancro ai polmoni
Ha vissuto la sua vita nello smog

La piccola ha respirato dalla nascita ogni tipo di polveri inquinanti. Solo a Pechino le morti per tumore ai polmoni cresciute del 56%

Secondo quanto riportato nei giorni scorsi a Tianjin, in occasione della 22esima Asia Pacific Cancer Conference, in tutta l’Asia quello ai polmoni è il tumore in assoluto più diffuso.

Lo studio «Global Burden of Disease» dell’Organizzazione mondiale della sanità ha rilevato che, nel 2010, l’inquinamento atmosferico ha causato in tutto il pianeta 1,2 milioni di morti premature, di cui 140 mila decessi per cancro ai polmoni. In generale, sempre nel 2010 secondo l’Oms sono state 223 mila le vittime di un tumore polmonare collegato allo smog. Proprio il mese scorso la Iarc, l’Agenzia internazionale dell’Oms per la ricerca sul cancro, ha inserito l’inquinamento atmosferico provocato dal traffico e dagli scarichi industriali fra le cause di tumore ai polmoni, associandolo anche al cancro alla vescica.

Giovanni Ladu, 57 anni, cagliaritano di origini ma residente da tempo a Novara, si era spacciato per un ufficiale di Gladio con lo pseudonimo di Oscar Puddu e accusato le istituzioni di sapere dove fosse nascosto l’ex presidente della Dc e di non aver fatto nulla.

Ecco cosa ha detto il brigadiere Ladu, nel 2008 a Imposimato

“Se è vero che a ucciderlo, materialmente, furono le Br, è altrettanto vero che numerosi angoli scuri costellano la vicenda che vide, il 9 maggio del 1978, morire il presidente della Democrazia Cristiana, amico-nemico di Enrico Berlinguer e quindi pericolosissimo per la stabilità d’Italia.

Le ombre al riguardo sono sempre state tante, incombenti e, soprattutto, impenetrabili. Dal rapimento in via Fani, fino al ritrovamento del corpo nella Renault Rossa in via Caetani, i 55 giorni di prigionia del politico sono tinti da colori cupi e grigi, in cui non è possibile riconoscere con facilità innocenti e colpevoli.

Per trentacinque anni, i misteri si sono accavallati. Depistaggi e menzogne hanno contribuito a mascherare ulteriormente la verità, farla sprofondare negli abissi, confondendo tanto le acque da far sì che molti elementi fondamentali venissero persi di vista. Proprio quelli che la procura di Roma adesso sta cercando di far riemergere, ripescando dal passato e accogliendo l’esposto di Ferdinando Imposimato, tra i magistrati che già nel ’78 avevano indagato sull’omicidio di Moro.

Oggi Imposimato è presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione e, dalla sua posizione, ha richiesto che venisse riaperto il fascicolo su uno dei delitti più controversi della storia del nostro paese. In base a cosa? A prove sconcertanti, secondo cui la prigione del democristiano, in via Montalcini 8 a Roma, era stata scovata dai servizi segreti e da Gladio settimane prima che il politico venisse ucciso. Non solo: fu tenuta sotto controllo, monitorata, in attesa di un blitz che, però, non avvenne mai. Anche se era già tutto pronto: l’8 maggio, le teste di cuoio sarebbero dovute irrompere all’interno dell’appartamento in cui si nascondevano i brigatisti e liberare Aldo Moro. Il piano di salvataggio era studiato nei minimi dettagli e le probabilità di successo altissime. Una telefonata dal Viminale, però, bloccò il tutto, all’ultimo. E, il giorno successivo, Moro venne ucciso.

E’ una pista, questa, più che inquietante, che, se accertata, rimescolerebbe totalmente le carte in tavola e forse riuscirebbe ad offrire la verità definitiva che da decenni si cerca. Ma è anche, proprio per la sua importanza, una strada pericolosa e scottante, che Imposimato ha imboccato grazie alle testimonianze di un brigadiere sardo della Guardia di Finanza, Giovanni Ladu. L’uomo, che nel 1978 era di leva nel corpo dei bersaglieri, ha dichiarato di essere stato testimone della scelta che condannò a morte Aldo Moro. Inoltre, quando conobbe l’avvocato Imposimato, nel 2008, gli confidò di essere stato tra coloro che, nei giorni di prigionia del presidente della Dc, si trovavano a Roma a sorvegliare l’appartamento-prigione.

In quel periodo, Ladu visse in via Montalcini, assieme alla sua squadra, a pochi metri dal covo delle Br. Il compito dei militari di cui il brigadiere faceva parte era monitorare la situazione 24 ore su 24, e così fu: non solo un controllo visivo continuo; i militari si avvalevano di microtelecamere nascoste nei lampioni della via e di microfoni installati nell’alloggio sopra la prigione di Moro. Passavano in rassegna la spazzatura nei cassonetti e si adoperavano in perlustrazioni, vestiti da netturbini od operai. Nei giorni che trascorsero dal suo arrivo a Roma, il 24 aprile, fino all’8 maggio, Ladu -il cui nome in codice era Archimede- imparò a conoscere i brigatisti, le loro abitudini, i loro comportamenti.

Ladu conobbe anche altri protagonisti della vicenda, fin’ora non citati, come agenti segreti stranieri. Il brigadiere aveva notato, infatti, che il personale addetto alle intercettazioni delle comunicazioni era anglofono. Erano 007 di altri paesi, coordinati da quelli italiani, giunti a Roma per salvare il democristiano, l’8 maggio.

Per quel giorno era stato studiato tutto nei minimi dettagli: era stato predisposto un piano di evacuazione per gli abitanti della palazzina in cui era rinchiuso Moro e montata unatenda-ospedale nei pressi della via, nel caso in cui, durante il blitz ormai già predisposto, vi fossero feriti. Giunsero le teste di cuoio e i corpi militari erano in fibrillazione. Ma, alla vigilia dell’irruzione, accadde l’imprevisto: a Ladu e ai suoi compagni venne comunicato di fare i bagagli e lasciare Roma, assieme ai corpi speciali e gli agenti segreti. Erano ordini e bisognava rispettarli, soprattutto in quanto arrivavano dal Viminale. Il giorno successivo, il 9 maggio, Moro venne trovato senza vita. A tutti i militari coinvolti venne data la consegna del silenzio e il vincolo al segreto. Ma la coscienza, talvolta, è più forte, e Ladu, alla fine, ha deciso di parlare.

Da http://leorugens.wordpress.com/2013/06/30/7692/

Rettifica

Leorugens ci chiede di chiarire, cosa che facciamo subito,  che l'articolo da noi postato e tratto integralmente da http://leorugens.wordpress.com/2013/06/30/7692/ era a sua volta stato tratto da http://www.articolotre.com/2013/06/moro-poteva-essere-salvato-il-brigadiere-ladu-racconta-la-sua-verita/182810

 

La passione per la ornitologia supera anche le difficoltà economiche. Un prova è nella intensa partecipazioni anche quest’anno alla mostra ornitologica Città di Amantea giunta alla 28^ edizione. Quella più convincente è nel sorriso dei presenti dal pubblico, agli ospiti, agli organizzatori,ai partecipanti.

Gli unici a non sorridere sono cardellini e canarini, però cinquettano.

Grandi numeri in questa occasione

12 le associazioni presenti tra cui la nepetina con quasi 50 soci

77 gli espositori presenti

797 i soggetti partecipanti

Tra gli ospiti la presidente del consiglio comunale di Amantea prof.ssa Monica Sabatino, in rappresentanza dell’amministrazione comunale, l’ex assessore al turismo Antonio Carratelli, l’associazione dei CC di Amantea , le docenti delle scuole primarie : Manzoni, Pascoli e don Giulio Spada.

Tantissimi gli scolari delle scuole primarie : Manzoni, Pascoli e don Giulio Spada che hanno partecipato con centinaia di disegni al concorso bandito dall’Associazione ornitologica Nepetina.

Tantissimi i premi assegnati dagli arbitri

Tra questi i premi speciali del memorial Tito Morelli in onore di uno dei soci fondatori della associazione nepetina

Assegnato anche il trofeo Antonio Ortenzo

Simpatico il Trofeo CE.S.I.R. assegnato a sorte tra gli allevatori non vincitori di alcun premio.

Ancora più simpatico il mini trofeo assegnato all’allevatore esordiente che non ha conseguito alcun premio.

A latere della mostra anche il mercato dei canarini e cardellini non partecipanti alla mostra

Insomma 4 giornate piacevoli a contatto con i colori ed il canto di canarini e cardellini ed il sorriso dei loro allevatori e degli scolari vincitori del concorso di disegno.

Ospiti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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i campioni

 

 

 

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