Ci risiamo amici, sempre la solito storia e sempre alla vigilia del Santo Natale.
Il presepe si deve o non si deve fare nelle scuole, nelle chiese, nelle case, nelle piazze?
E come dovrebbe essere il presepe quest’anno?
E il Bambinello dovrà nascere in una grotta, in una stalla, su un gommone, su una zattera in mezzo al mare, nel deserto tra fili spinati?
Se fosse ancora vivo il Serafico San Francesco d’Assisi che ideò il pri
mo presepe della storia chissà cosa direbbe, lui che aveva immaginato la natività in una grotta. Per l’allestimento del primo presepe Lui diede precise indicazioni:- Una grotta dove farai costruire una mangiatoia ed ivi condurrai un bove e un asino, e cercherai di riprodurre, per quanto è possibile la grotta di Betlemme-.
E cosi c’è scritto nel Vangelo di Luca:- Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia-.
Ora, invece, il Bambinello lo fanno nascere dappertutto, in mezzo al mare, nel deserto, sui barconi, al confine con fili spinati, su un grande gommone e dalle onde del mare in burrasca spuntano le mani nere dei migranti che affondano nel mare perché respinti e perché non c’è posto per loro nelle case, negli alberghi della nostra Italia, come non c’era posto due mila anni fa per Maria e Giuseppe. Ma Maria e Giuseppe non erano profughi.
Si trovarono in quel posto perché c’era il censimento e Giuseppe della famiglia di Davide doveva essere censito nel suo paese di nascita.
Non c’era posto negli alberghi perché erano tutti occupati.
Non furono allontanati perché migranti.
Ma per i politically correct Maria e Giuseppe erano migranti e per questo furono cacciati dagli alberghi e dovettero rifugiarsi in una grotta, come del resto fanno ora i migranti provenienti dall’Africa che fatti sgomberare dai centri di accoglienza sono costretti a dormire sotto i ponti, nelle baracche, nelle fabbriche abbandonate e fatiscenti, in luoghi di fortuna al freddo e al gelo come il Bambinello.
Ecco perché qualcuno quest’anno per celebrare il Natale ha voluto costruire un presepe galleggiante realizzato su una zattera.
Su una zattera e non sulla terra ferma come simbolo della precarietà della vita non solo dei migranti. Il guaio è che anche quest’anno la costruzione del presepe viene usata per le battaglie politiche.
Danno sfogo alla loro immaginazione per violare e desacralizzare il simbolo più semplice della Natività di Gesù che è il presepe.
Ma per noi che abbiamo sempre costruito il presepe nelle nostre case dovrebbe essere come ai vecchi tempi:
Una capanna con Giuseppe, Maria, il bue e l’asinello e il Bambinello adagiato nella mangiatoia e gli zampognari che suonano la ninna a Gesù Bambino.
E poi le montagne coperte di neve fatta con la farina bianca, i tre Re Magi, i pastorelli che portano i doni al Bambinello che per arrivare alla grotta sono costretti a percorrere impervi sentieri, gli artigiani che rappresentano tutte le professioni e poi lui, il più simpatico dei pastorelli che collocato su una collinetta dorme tranquillo con la testa poggiata su una pietra e sogna attorniato dalle sue pecorelle: è Benino che nel mio paese chiamiamo “ ‘U ncantatu de stille”.
Guai a svegliarlo. Ora ognuno fa ciò che vuole e noi rispettiamo le idee degli altri, per carità. Ma il presepe che noi amiamo e che da sempre abbiamo costruito è quello che aveva immaginato San Francesco d’Assisi.
Può avere delle varianti regionali, per lo più per i diversi materiali utilizzati, come il sughero, la carta, il cartone, i tronchi d’albero, e per l’ambientazione urbana o di campagna, spesso ispirata al paesaggio locale.
Nessun barcone, nessuna zattera, nessun filo spinato, nessun migrante. Perché trasformandolo troppo si rischia di delegittimarlo a tal punto che ben presto perderà ogni senso di sacro.
E così uccidiamo la tradizione e il presepe verrebbe usato per le battaglie politiche.
E’ di ieri la notizia che in un presepe di Napoli a San Gregorio Armeno è spuntato un pastorello con le sembianze di Adolfo Hitler. Subito è stato fatto scomparire.