Come la maggioranza degli italiani sono confinato a casa. Non vedo e non parlo con nessuno. Mi affaccio ogni tanto dal balcone della mia abitazione e guardo le vie della città con le macchine parcheggiate da diversi giorni sempre allo stesso posto, le montagne della Sila e malgrado i divieti tante persone sui marciapiedi. Vorrei gridare. Vorrei dire loro che sbagliano, che commettono un grave errore trasgredire gli ordini e i divieti del Governo e del Sindaco. Tornatevene a casa, state rinchiusi in casa, guardate la televisione, leggete qualche libro, giocate con i vostri nipotini, giocate a carte con vostra moglie, ascoltate musica, fate quel cavolo volete e desiderate ma statevene a casa. Statevene a casa, aspettate la fine dell’epidemia. Verrà, verrà. Ma non l’ho fatto e non lo farò. Non perché abbia paura o perché mi potrebbero mandare a quel paese. Ma perché con questi imbecilli, incoscienti, cretini, stupidi, ignoranti, presuntuosi non ho nulla a che fare. Questi sono gli aggettivi più appropriati. Ce ne sarebbero altri, aggiungeteli voi. Nonostante il diffondersi del corona virus che sta avendo risvolti drammatici ancora qualche imbecille non vuole capirlo e scende in strada e molti nostri cari emigranti abbandonano il Nord per scendere al Sud dai loro cari e, secondo loro, per mettersi al riparo dall’epidemia. Ma mettono a repentaglio non solo la salute dei propri cari, ma anche quella degli abitanti di una comunità intera. Amici, quello che stiamo vivendo sono giorni davvero difficili, difficili per tutti, uomini e donne, grandi e piccini, ricchi e poveri. E ancora non sono finiti. Non si vede la luce. Ce ne saranno ancora più difficili, più brutti, più sconvolgenti. La gente ancora continua a morire e non ci sono più posti nei cimiteri per poterla seppellire. Vedere quei camion militari in fila per le vie di Bergamo che trasportavano le bare in altri luoghi perché non c’era più posto nel locale cimitero mi ha completamente sconvolto. Non si può morire in pace. Non più un degno funerale e una degna sepoltura. Ogni giorno centinaia e centinaia di uomini e donne muoiono negli ospedali in terapia intensiva perché colpiti da questo virus invisibile e micidiale e tanti, ancora, come se niente fosse, calpestando volutamente i divieti emanati dal Governo, vanno in giro per le vie della città perché chiusi in casa non vogliono stare, hanno bisogno di fare quattro passi mettendo a repentaglio la loro vita e la vita degli altri. Si, lo so che è molto difficile stare chiusi in casa da diversi giorni. Ma se davvero vogliamo sconfiggere il virus tutti dobbiamo fare qualche sacrificio. Se continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto potremmo venire a contatto con qualche persona positiva al virus ed essere contagiati. E poi, quando si ritorna nella nostra abitazione, contagiare i nostri familiari. E questo che vogliamo? No, di certo. E allora comportiamoci da persone civili. Rispettiamo le regole e i divieti. Restiamo a casa. Dimentichiamo per ora le passeggiate sul lungo mare di Amantea, le scampagnate in campagna. Finiamola di fare i furbetti. Medici, paramedici, infermieri, Forze dell’Ordine, stanno facendo sacrifici enormi e noi cosa facciamo? Andiamo in giro per la città con la scusa di andare ai supermercati a fare la spesa, a prendere le medicine in farmacia, a far fare la pupù al cagnolino o come quella signora di Roma a far fare un giretto per le vie di Roma antica al maialino che teneva al guinzaglio. Ma i maiali devono stare nei porcili non nelle civili abitazioni. I camici bianchi crepano in corsia, gli ammalati muoiono senza nessun familiare accanto, senza alcun conforto religioso e noi ci trastulliamo andando in giro per la città. Muoiono senza neppure una carezza, un bacio, una stretta di mano, una preghiera, un estremo saluto. E neppure possono ricevere l’estrema unzione da parte di un sacerdote perché per ragioni di sicurezza nessuno è ammesso nei reparti infettivi degli ospedali. Ho ancora scolpite nella mente le immagini dei camion che avanzano lentamente e senza un solo familiare dietro i camion, soltanto le macchine dei Carabinieri. Quei camion raccontano il dramma che l’Italia sta vivendo. Le immagini che sono giunte da Bergamo e trasmesse da tutte le televisioni più di ogni altra cosa ci hanno sbattuto in faccia la tragicità che stiamo vivendo e ci obbligano a riflettere a lungo. La vita che verrà non sarà più come prima. Molte cosa cambieranno. Quello che abbiamo visto non era finzione, non era un film girato ad Hollywood o a Cinecittà. Quelle immagini dell’altro giorno erano vere. In quei camion allineati c’erano le bare dei nostri morti a causa del maledetto virus. Quei camion trasportavano davvero persone soffocate dal maledetto virus che fino ad ieri erano come noi: camminavano, ridevano, giocavano, guardavano la televisione, abbracciavano i loro cari.