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Anche a Carpanzano la gente dice no al forno crematorio.

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E’ vero che nel sud Italia esistono solo due forni crematori uno a Salerno ed uno a Palermo mentre nel nord Italia ce ne sono 40 e tutti fortemente attivi.

Ma da qui al fatto che se ne debba fare uno anche in provincia di Cosenza ce ne corre.

Forse si è pensato ( e si pensa) alla provincia di Cosenza perché non ha nemmeno l’inceneritore dei rifiuti.

Certo che dopo averci provato a Domanico con conseguente rivoluzione della comunità e passo indietro del sindaco e dell’amministrazione comunale non ci si aspettava che i soliti mestatori del nord Italia insistessero nel cercare un’atra amministrazione “disponibile”e la trovassero in quella di Carpanzano, un paese collinare vicino alla A3 e prossimo alle sorgenti del fiume Savuto.

Come sempre ad attirare le amministrazioni comunali quei maledetti posti di lavoro che la società garantisce e che per una comunità di poche centinaia di persone appaiono una chimera

Se vera la notizia essa appare in tutta la sua gravità considerato che Carpanzano è un paesino che si trova proprio sul Savuto e che la cremazione di un corpo umano determina la fuoriuscita di gas nei quali si trovano tutto quanto presente nel corpo umano ed in particolare i metalli pesanti. Dove finiranno questi gas e le ceneri? Potranno essere trasportati dalla brezze collinari verso il mare e dalle brezze marine verso la montagna? Costituiranno un pericolo per l’ambiente ? Peraltro a cosa servirebbe un impianto di cremazione a Carpanzano? Certamente non per le cremazioni degli abitanti di questo minuscolo paesino!

Redazione TirrenoNews

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1 commento

  • daniela

    Tanta polemica per nulla. Alla fine, c’è più gusto a discutere di forno crematorio con dati alla mano. Ho letto che a guidare il fronte del dissenso c’è un ‘comitato’ che protesta contro l’ubicazione del forno crematorio in area cimitero di Leca perché ‘zona densamente popolata, con una viabilità che raggiunge il limite della congestione in alcuni periodi dell’anno e circondata dalle coltivazioni dei prodotti tipici che hanno fatto di Albenga una città rinomata’. A tutti, interessa prima di tutto salvaguardare la salute pubblica. Anche a me. Oltretutto a Leca, in famiglia…”. Lo afferma l’assessore comunale Eraldo Cinagherotti in merito al dibattito in corso ad Albenga sulla realizzazione di un’area crematoria nel cimitero di Leca d’Albenga.
    “E – a differenza di chi fa sparate senza cognizione di causa, manco fosse a fare affari tra le bancarelle al mercato – mi sono informato e documentato, grazie alla collaborazione di un’azienda del settore, la G.E.M. S.r.l, per capire da un punto di vista di rispetto ambientale e di salvaguardia del bene della comunità, quale impatto abbia un forno campione”in funzione sul nostro territorio cittadino al ritmo di 5 cremazioni al giorno per 250 giorni circa all’anno di lavoro. Interessanti i dati scientifici, gli unici difficilmente manipolabili dalla parte politica. Se si considera che, per ogni cremazione, in media vengono prodotti 98 grammi di CO, un forno in funzione durante un anno intero produce una quantità di CO inferiore a quella prodotta da 50 calderine per riscaldamento domestico accese a regime di 14 ore al dì per 180 giorni. I nostri termosifoni – anche solo quelli del comitato – sono più impattanti. Infatti, nella sola area della frazione di Leca, vi sono 981 nuclei di famiglie anagrafiche che, con altrettante caldaie, solo per riscaldarsi durante i mesi invernali alle nostre latitudini, producono ben 2488.06 kg di CO all’anno” spiega l’assessore albenganese.
    “Non solo. Il paragone anche con la circolazione stradale all’interno della città è pure interessante. Per ogni giornata di lavoro del forno, con 5 salme cremate, si ha un’emissione di 490 gr di CO. Pari alla quantità di CO prodotta da 28 veicoli Euro 3-4 che , nel giro di pochi minuti, transitano regolarmente nei 5 km del tratto albenganese della provinciale Aurelia tra il confine con Ceriale ed Alassio. Pari a 37 veicoli Euro 3-4 che percorrono il tratto stradale dalla Caserma Piave fino alla ex centrale del latte. Pari a 33 veicoli Euro 3-4 che da piazza del Popolo arrivano al casello autostradale di Albenga. Insomma, urlando al lupo al lupo, tentando di ingigantire le cose, come fanno il Pd, i comitati del Nimby, o i disinformati, si rischia di fare brutta figura. E di sprecare fiato inutile, che inquina molto più di un impianto di cremazione”
    . Silenzio, parla l’esperto......................................... forno crematorio di albenga............ Dopo la bagarre conseguente allo scontro tra l’assessore Bruno Robello De Filippis e una ventina di esponenti del comitato territoriale che si batte contro la realizzazione del forno crematorio nella Piana ingauna e che, dopo un battibecco con l’esponente della giunta, ha abbandonato l’incontro organizzato ieri sera in frazione Leca, la parola è passata all’ingegnier Alessandro Salvi che, dai primi anni ’90, si interessa di impianti di cremazione e che ha fornito qualche dato tecnico sul loro funzionamento.
    “L’Italia è certamente fanalino di coda in questo settore: io me ne interesso dal 1990, quando il dato sulla cremazione era pari al 3%; il prossimo anno saremo a quota 30% di cremazioni, mentre i Paesi del Nord Europa superano di gran lunga il 50% – esordisce l’ingegnere – Arrivando dopo, comunque, abbiamo impianti molto più moderni di quelli presenti ad esempio in Francia o Germania, e questo è positivo”.
    “La depurazione avviene in forno ad alta temperatura: la camera primaria è sugli 850 gradi, e qui si bruciano feretri ‘puliti’ da tutti i metalli (in pratica solo legno e salma) – continua l’esperto – Il feretro si brucia nel giro di un’ora e dieci, un’ora e venti al massimo. Poi vi è la camera secondaria che serve per ossidare i fumi che derivano dalla cremazione. Teniamo conto che il modello di calcolo è fatto sulla cellulosa di combustione (quello che si brucia è sostanzialmente legna e grasso), il che non è paragonabile ad alcun sistema di rifiuti industriali”.



    “I fumi della combustione hanno però sostanze organiche: questa camera secondaria è fatta per ossidare i fumi – continua Salvi – Bisogna raffreddarli, trattarli e filtrarli perché in essi vi sono residui di sostanze organiche e acide. Senza entrare troppo nel tecnico, esiste uno scambiatore dove circola acqua che raffredda i fumi a 160-180 gradi: a questa temperatura si può filtrarli e trattarli. Le sostanze acide e organiche vanno neutralizzate, dosando un reagente che le ‘elimina’. I filtri di questi forni sono dotati delle migliori tecnologie e sono capaci di restituire un prodotto ecologico. Solo un dato: pensate che all’uscita dal filtro di un forno simile si hanno quasi 2 milligrammi al metro cubo di polvere. Il limite in Italia è 20 milligrammi, per cui lavoriamo davvero con prestazioni ottimali”.
    “Insomma, se i forni, come quello previsto ad Albenga, sono costruiti bene danno un prodotto ecologico e che non nuoce – dice l’ingegner Salvi – La legge 152 del 2006, e che vale per tutta Europa, pone un limite per le diossine da 1 a 10 milionesimi di grammi al metro cubo. Ecco, chi fa i forni dà addirittura un limite di un decimo di miliardesimo di grammo al metro cubo. Questo per dirvi che non sono strutture inquinanti. Per fare un esempio ‘genovese’, città in cui lavoro, posso dire che inquina più la strada lungo il Bisagno che il forno crematorio di Staglieno....
    bisogna documentarsi nn essere prevenuti solo x dire no....senza sapere cosa comporta nel 2014 un forno crematorio mi sa che viene associato

    forno crematorio lager.....documentarsi mantiene anche il cervello attivo......solo la gente ignorante e prevenuta da risposte senza senso.................................io dico si....amici cliccate mi piace contro chi vuole distruggere qualkosa di utile e smettiamolo cn questa farla di distruz della flora e della fauna xche' nn esiste...

    Rapporto daniela Lunedì, 10 Febbraio 2014 14:43 Link al commento

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