E’ una storia già datata che riemerge oggi .
Una storia che emerge dalla testimonianza fornita ai magistrati della Dda di Reggio Calabria da Giuliano Di Bernardo (nella foto) e che trae spunto dalle dichiarazioni del cosentino Ettore Loizzo.
“Ettore Loizzo di Cosenza, mio vice nel Goi, persona che per me era il più alto rappresentante del Goi, nel corso di una riunione della Giunta del Grande Oriente d’Italia che io indissi con urgenza nel 1993 dopo l’inizio dell’indagine del dottor Cordova sulla massoneria, a mia precisa richiesta, disse che poteva affermare con certezza che in Calabria, su 32 logge, 28 erano controllate dalla ‘ndrangheta. Io feci un salto sulla sedia”.
A dirlo è stato l‘ex-gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Giuliano Di Bernardo in carica nei primi anni ’90 e fondatore poi della Gran Loggia Regolare d’Italia sentito il 6 marzo 2014 dal pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo nell’ambito dell’inchiesta Mammasantissima sulla cupola segreta degli “invisibili” della ‘ndrangheta.
Nel corso della testimonianza Di Bernardo prosegue: “Gli dissi subito: e cosa vuoi fare di fronte a questo disastro? Lui mi rispose: nulla. Io ancora più sbigottito chiesi perché. Lui mi rispose che non poteva fare nulla perché altrimenti lui e la sua famiglia rischiavano gravi rappresaglie.
Fu questo – ha aggiunto Di Bernardo al pm – che mi indusse prendere contatti con il Duca di Kent, che è al vertice della Massoneria Inglese che è la vera Massoneria, a cui esposi la suddetta situazione. Lui mi disse che già sapeva questa situazione tramite notizie da lui avute dall’Ambasciata in Italia e dai servizi di sicurezza inglesi. Io feci espresso riferimento alla commistione fra criminalità organizzate e Goi”.
Giuliano Di Bernardo uscì poi nel 1993 dal Goi per fondare la “Gran Loggia regolare d’Italia” ottenendo il riconoscimento della massoneria inglese per la sua nuova obbedienza ritenuta dai massoni del Regno Unito come l’unica regolare presente in Italia.
La massoneria inglese negò quindi, a seguito dell’inchiesta dell’allora procuratore di Palmi Agostino Cordova e del suo aggiunto Francesco Neri, il riconoscimento al Goi (la massoneria italiana più antica e più numerosa come numero di adepti).
Riconoscimento che manca tuttora. Giuliano Di Bernardo spiegò molti segreti della massoneria del Goi alla Procura di Palmi, ma dopo il trasferimento di Agostino Cordova a procuratore di Napoli, tutta l’inchiesta sulla massoneria deviata passò a Roma che, con il gip Augusta Iannini (moglie del giornalista Bruno Vespa), l’archiviò interamente sostenendo che si era in presenza di “notizie”, ma non di “notizie di reato”, pur scrivendo nel suo provvedimento di archiviazione che gran parte del materiale proveniente dalla Procura di Palmi (migliaia di carte e fascicoli) erano divenuti “inconsultabili” in quanto ammassati senza ordine e senza un indice in uno dei tanti scantinati del palazzo di giustizia di Roma. La decisione dell’archiviazione provocò le “rimostranze” dell’allora procuratore di Napoli, Agostino Cordova, che fece notare l’incomprensibilità di un’archiviazione con l’ammissione da parte di un gip di non aver esaminato tutti gli atti. In ogni caso, Cordova fece notare che il gip di Roma avrebbe potuto archiviare solo la parte dell’inchiesta sulla massoneria deviata che interessava territorialmente la competenza della Procura di Roma, ma non certo l’intera inchiesta che abbracciava invece tutta Italia ed i cui atti avrebbero dovuto per questo essere trasmessi a tutte le Procure italiane territorialmente competenti.
Nessuna informazione su quali fossero le logge controllate e quali no, e se questa situazione sia perduri.n (L’operazione "Mammasantissima" di Reggio Calabria ha messo in luce i rapporti tra ndrangheta e massoneria).
Da http://www.grandeoriente.it/
Queste le logge in Calabria: