Abbiamo detto che forse mai le azioni investigative intraprese dalle Forze dell’Ordine hanno avuto la intensità attuale e potrebbero avere la risonanza che si riesce ad intuire.
Questo, ovviamente, se gli investigatori riusciranno a raggiungere i risultati sperati; compito non facile ma possibile, sia per la qualità degli accertamenti esperiti che per la capacità professionale posta in campo.
Tra tutti i filoni di indagine certamente quello relativo ai proiettili inviati agli amministratori è apparso e sicuramente è quello di maggior interesse.
Una intimidazione che è si è intuito immediatamente essere anomala, atipica al contesto politico amanteano e peraltro pervenuta 5 mesi dopo le elezioni.
Una intimidazione che ha suscitato apprensione nella città ed ovviamente nell’amministrazione, ma che ha indotto anche prime ed importanti riflessioni , la più importante delle quali è stata quella relativa al numero ed alla personalità degli intimiditi.
Perchè soltanto al sindaco, all’assessore Morelli, all’assessore Tempo ed al già consigliere Chilelli, quasi che “gli altri” non fossero importanti? E quali le ragioni di questa azione?
Si opinò per un riferimento allo sgombero delle ville, ma la pista non apparve credibile .
E così le indagini seguirono altre piste tra cui quella delle cooperative o comunque quella legata al lavoro, il vero problema di Amantea.
La intuizione divenne forte quando si ebbe cognizione che la indagine sarebbe stata affidata alla Guardia di Finanza sempre coordinata dalla DDA.
Ed è quest’arma che sta lavorando con intensità, mettendo in campo la storia delle cooperative amanteane , il personale dalle stesse chiamato a lavorare pur non essendo delle stesse socio, le assegnazioni del lavoro e quant’altro .
Ma non può certamente escludersi che a dare peso alle indagini possano esserci intercettazioni anche ambientali e dichiarazioni “interne”.
Il problema è sempre lo stesso: il lavoro.
Se uno lavora ad Amantea è uno che conta; se non lavora vale poco.
Ed il lavoro lo danno solo le cooperative.
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Comunicati - Sport - Giudiziaria
Parliamo del colonnello della Guardia di Finanza Fabio Massimo Mendella, l'ufficiale che secondo l'accusa, avrebbe ottenuto tangenti per oltre un milione di euro in cambio di verifiche fiscali compiacenti nei confronti di imprenditori.
I magistrati lo accusano di aver agito «In violazione dei doveri di imparzialità e trasparenza imposti a tutti i funzionari pubblici».
Il colonnello della Guardia di Finanza Fabio Massimo Mendella ,era stato comandante del gruppo Tutela entrate di Napoli e successivamente del gruppo di Roma
E’ accusato, nell'ambito di una inchiesta della procura partenopea, di vari episodi di corruzione e concussione.
Per questo è stato disposto dalla Corte dei Conti, sezione per la Campania il sequestro conservativo di una somma fino a un milione e 619mila euro.
Il sequestro è stato disposto per il danno arrecato al ministero dell'Economia e delle Finanze. L'udienza davanti alla Corte dei Conti è stata fissata per il 9 aprile prossimo.
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Italia
Continua su più fronti l’attività congiunta svolta dalla Capitaneria di Porto di Vibo e dal Reparto Aeronavale della Guardia di Finanza che stanno eseguendo una intensa attività di controllo del territorio demaniale marittimo della Provincia di Vibo.
In particolare nei giorni scorsi, due pattuglie, una del Servizio Operativo della Guardia Costiera e una della Stazione Navale della Guardia di Finanza di Vibo, impegnate in attività di controllo sull’abusivismo edilizio, giunte in località Bivona del comune di Vibo Valentia, notavano che all’esterno di un fabbricato in muratura vi erano in corso lavori di manutenzione straordinaria.
All’esito di approfondimenti investigativi, si accertava che l’immobile oggetto di lavori di manutenzione ricadeva interamente su suolo demaniale marittimo senza che il proprietario nonché committente dei lavori, avesse ottenuto la prevista concessione demaniale.
Veniva, pertanto, contestato il reato di occupazione abusiva di suolo demaniale marittimo e sequestrata l’intera area di cantiere, nella quale ricadeva il manufatto in cemento armato, di oltre 500 metri quadri, composto di un piano fuori terra, munito di solaio di copertura e serrande metalliche di accesso.
Il responsabile, veniva, quindi, denunciato a piede libero alla competente Procura della Repubblica di Vibo Valentia per la violazione degli Art. 54 ed 1161 del Codice della Navigazione.
I controlli della Capitaneria di Porto e della Stazione Navale della Guardia di Finanza di Vibo Valentia a tutela del bene pubblico proseguono incessanti per evitare che cittadini onesti possano essere danneggiati da comportamenti illegali che agevolano economicamente chi decide arbitrariamente di violare le regole.
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Vibo Valentia
Le Fiamme Gialle hanno sequestrato un ingente quantitativo di prodotti “made in China” pericolosi per la salute.
Tutto è nato dall’ accesso in un negozio gestito da cittadini cinesi in seguito alla mancata emissione di uno scontrino fiscale.
Con l’ occasione esercitato anche la verifica della regolare assunzione dei numerosi dipendenti.
In coerenza il controllo è stato esteso anche alla merce in vendita.
I finanzieri della Compagnia di Paola hanno esaminato migliaia di prodotti per verificarne la rispondenza ai requisiti di legge.
E’ risultato che oltre tredicimila prodotti erano mancanti delle indicazioni obbligatorie previste per legge (provenienza, composizione qualitativa e quantitativa, eventuali precauzioni per l’uso).
Peraltro molte etichette riportavano istruzioni solo in lingua cinese o con traduzioni così colme di errori grammaticali da renderle praticamente incomprensibili.
Sui prodotti mancava il marchio CE che costituisce una indispensabile garanzia di sicurezza per gli acquirenti
Occorre ricordare che proprio in queste ultime festività natalizie molte apparecchiature di illuminazione sono risultate difettose, qualcuna è persino scoppiata poco dopo essere stata accesa.
Ovvio il sequestro
I prodotti sottoposti a sequestro sono stati diversi : cosmetici, lampadine, neon, led, cavi e prese elettriche, alimentatori, piccoli elettrodomestici, batterie e accessori vari per automobili, articoli per la telefonia, ricetrasmittenti, fornelli a gas, rubinetti e giocattoli.
Si tratta di una attività specificamente demandata in via primaria, alla Guardia di Finanza e che è stata egregiamente svolta in Paola , e che dovrebbe essere svolta in ogni negozio che vende prodotti cinesi in ogni comune del nostro territorio.
Oltre al sequestro contestato l’impiego di manodopera in nero, la mancata registrazione dei corrispettivi, la vendita di prodotti pericolosi a prezzi così bassi da turbare la leale concorrenza.
Un intervento che garantisce la scurezza dei consumatori e tutela la libera concorrenza tra operatori commerciali per evitare che l'economia legale venga danneggiata dall’immissione in commercio di prodotti, attesa la loro scarsa qualità, i cui costi notoriamente sono più bassi rispetto a quelli di mercato.
La ditta cinese è stata segnalata all’Agenzia delle Entrate per la mancata emissione dello scontrino fiscale, alla Camera di Commercio per le successive fasi del procedimento amministrativo ed alla Direzione Provinciale del Lavoro per quanto attiene il sommerso occupazionale
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Paola
Ritornano i corsi fantasma. E per corsi fantasma intendiamo quei corsi di formazione finanziati con fondi POR con i quali si faceva finta di formare personale proprio od esterno alla impresa, corsi che in realtà non venivano fatti.
Amantea è famosa per i corsi fantasma, con processi annunciati , anzi strombazzati, ma in realtà mai giunti a conclusione, anzi prossimi alla prescrizione.
Ma questo corso fantasma non appartiene alla nobile cittadina tirrenica : questa volta Amantea non c’entra.
Ma siamo lì. Nei pressi di Amantea, a Nocera Terinese.
Ad essere stato denunciato per truffa aggravata e falso è stato Giuseppe Vescio, amministratore di una società di trasporti e raccolta di rifiuti.
Lo stesso Giuseppe Vescio che recentemente è stato oggetto di indagine , nel febbraio 2014, quando, i finanzieri lametini, accertarono che il sindaco di Nocera Terinese Gaspare Rocca e il suo predecessore, Luigi Ferlaino, avevano per anni affidato la gestione della raccolta rifiuti all'azienda di Vescio senza alcun tipo di gara, ma solo con delle ordinanze comunali. In quell'occasione il noto imprenditore fu indagato per reati ambientali in quanto ritenuto responsabile di aver stoccato abusivamente, su un terreno di sua proprietà, circa dodici tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi tra cui un ingente quantitativo di amianto.
Da lì nel prosieguo di indagini l’attuale denuncia .
Secondo l'accusa, l'imprenditore avrebbe beneficiato di agevolazioni pubbliche cofinanziate dal fondo sociale europeo e dal Por Calabria per tenere corsi di formazione a 10 persone.
Illeciti finanziamenti pubblici del fondo sociale europeo e dei Por Calabria per un totale di 170mila euro.
Denaro con il quale l'imprenditore avrebbe dovuto aggiornare professionalmente dieci dei propri dipendenti sul ciclo di smaltimento dei rifiuti.
I corsi però non si sarebbero mai svolti, non sicuramente nei termini e nelle forme previsti dal bando.
In più per incassare i fondi l'uomo avrebbe presentato agli uffici pubblici una serie di documenti risultati fittizi i quali avrebbero invece dovuto certificare la vera posizione contrattuale e le reali retribuzioni percepite dai dipendenti.
La magistratura di Lamezia Terme, cautelativamente, ha disposto il sequestro di un appartamento, un magazzino, tredici terreni agricoli, sette conti correnti bancari e postali, tre autovetture ed una quota sociale, tutti beni riconducibili all'imprenditore per un valore complessivo di 170.000 euro.
I finanzieri hanno anche inoltrato comunicazione alla Procura regionale della Corte dei conti di Catanzaro ed alla Regione Calabria, per le rispettive competenze in materia di danno erariale e recupero delle somme indebitamente erogate.
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Economia - Ambiente - Eventi
I “baschi verdi” del gruppo della guardia di finanza di Lamezia Terme hanno inferto un ulteriore colpo al traffico di prodotti contraffatti, controllando con specifica attenzione il settore dei giocattoli, particolarmente fiorente e ad elevato rischio di frodi nell’imminenza del Santo Natale.
Questa volta, i soggetti denunciati alla magistratura dai finanzieri sono due imprenditori calabresi, che ponevano illecitamente in commercio giocattoli abilmente contraffatti, recanti abusivamente i marchi delle più note marche mondiali e nazionali del settore.
L’operazione di servizio è iniziata a Lamezia Terme (CZ), quartiere “Nicastro”, quando, a seguito di dedicata azione investigativa, i finanzieri scoprivano che un noto negozio di giocattoli metteva in commercio, confondendoli fra gli articoli genuini, anche 1.658 giocattoli apparentemente normali, ma in realtà contraffatti e, perciò, subito sequestrati penalmente.
Si trattava, appunto, di copie prodotte e importate dalla Cina – peraltro a prima vista ben riprodotte – di svariati giocattoli, che oltre ad avere apparentemente le caratteristiche estetiche di quelli “veri”, riportavano anche notori marchi di fabbrica falsificati.
Detti giocattoli, in violazione delle normative vigenti, erano anche privi di adeguate istruzioni d’uso e le poche indicazioni presenti sulle confezioni non erano in lingua italiana.
L’analisi della documentazione acquisita dai finanzieri consentiva di individuare con immediatezza il fornitore dei giocattoli contraffatti, che aveva sede nella provincia di Cosenza.
In prosecuzione dell’attività di polizia giudiziaria, i “baschi verdi” si recavano subito presso il grossista fornitore dei giocattoli falsi, al fine di reperire eventuali ulteriori quantitativi.
L’attività ispettiva permetteva di individuare e sottoporre a sequestro penale ulteriori 28.554 giocattoli, aventi le stesse caratteristiche illecite di quelli già individuati in Lamezia Terme.
Il titolare della ditta, che peraltro era gravato anche da precedenti specifici, veniva anch’egli denunciato, a piede libero, alla competente procura della repubblica, per importazione e commercializzazione di giocattoli recanti marchi di fabbrica falsi.
Si rimarca ancora una volta che l’acquisto di un giocattolo contraffatto, a fronte di un vantaggio economico – peraltro spesso esiguo -, può mettere in serio pericolo la salute dei bambini: basti considerare che le sostanze di cui sono composti sono sconosciute e prive di ogni controllo e test preventivo e successivo alla produzione.
Detti prodotti illeciti potrebbero essere, quindi, non solo qualitativamente molto inferiori al previsto, ma addirittura fortemente nocivi per l’integrità fisica e la salute di chi li adopera, specie se in età infantile.
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Lamezia Terme
40 persone denunciate per aver incassato pensioni dei parenti morti.
Gli enti truffati sono “more solito” l'Inps ed il Dipartimento Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'Economia. A scoprire la truffa è “more solito” la Guardia di Finanza.
Questa volta quella di Catanzaro che ha denunciato 40 persone con l’accusa di aver percepito indebitamente le pensioni di parenti deceduti.
Nell’ambito dell’indagine sono state vagliate quattromila posizioni pensionistiche relative agli ultimi cinque anni.
La truffa ammonta complessivamente a 350.000 euro.
Tra i 40 denunciati figura un pregiudicato di Lamezia Terme, accusato di aver incassato la pensione di guerra di cui era titolare la madre, deceduta da tempo, percependo indebitamente oltre 80.000 euro.
Uno degli indagati ha percepito indebitamente da solo oltre 130.000 euro.
I denunciati, titolari di deleghe all’incasso delle pensioni quando i parenti che ne erano titolari erano ancora vivi, hanno attestato falsamente l’esistenza in vita dei loro congiunti in modo da poter continuare a percepire gli emolumenti.
Agli indagati, in esecuzione di un provvedimento emesso dal gip di Catanzaro su richiesta della Procura della Repubblica, sono stati sequestrati beni, ritenuti provento della truffa, per un ammontare complessivo di 250.000 euro
La Guardia di finanza ha denunciato le persone coinvolte nell'indagine anche alla Procura regionale della Corte dei conti per il danno erariale provocato.
1 dicembre 2014
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Catanzaro
La Guardia di Finanza a Cetraro ha scoperto una vera e propria fabbrica per la produzione, la essicazione ed il confezionamento della marijuana.
I finanzieri hanno trovato 2 quintali di marijuana già confezionata ed oltre 3000 piante in fase di essicazione.
La produzione avveniva in tre casolari: il primo adibito alla coltivazione, il secondo usato come essiccatoio ed il terzo come laboratorio.
Trovati anche migliaia di semi di pregiata qualità provenienti dal mercato olandese
Tutto è nato dall’attento monitoraggio da parte delle Fiamme Gialle della Compagnia di Paola, dell’impervia zona ricadente in località Difesa sita nel comune di Cetraro ed i cui militari hanno individuato la presenza di alcune rigogliose piante di marijuana ben occultate tra la folta vegetazione.
Immediata la richiesta di rinforzo da parte di altre pattuglie del Corpo al fine di far scattare nell’immediatezza un “blitz”.
A seguito del blitz, tra i fitti arbusti, sono stati trovati tre casolari: il primo adibito alla coltivazione delle piante di marijuana, il secondo utilizzato come essiccatoio ed il terzo come laboratorio.
Sottoposte a sequestro migliaia di piante, di cui oltre tremila in fase di essiccazione e altre sessanta pronte per il travaso.
Circa due quintali di “erba” stipati in cinquanta balle, ciascuna contenente un quantitativo di stupefacente variabile tra i due e i cinque chilogrammi, e migliaia di semi di pregiata qualità provenienti probabilmente dal mercato olandese.
Avanzatissimo è risultato essere il sistema utilizzato per la produzione dello stupefacente costituito da un impianto, a livello “industriale”, di essiccazione intensiva, completo di apparato di areazione perfettamente funzionante nonché di un sistema di illuminazione, capace di sfruttare al meglio la luce naturale, per mezzo appositi pannelli trasparenti installati al soffitto, integrato da lampade alogene oltre ad un impianto di irrigazione e di riscaldamento. Recuperati, inoltre, centinaia di litri di concime nonché attrezzature agricole utilizzate per arare il terreno, mietere ed essiccare le piante. La perquisizione all’interno dei casolari ha permesso di rinvenire altresì: quattrocento grammi di cocaina, conservata sottovuoto, pronta per essere spacciata e sostanza in polvere utilizzata per il “taglio”; strumenti e contenitori necessari per il confezionamento dello stupefacente ed infine tre ciclomotori risultati di provenienza furtiva.
A protezione della “preziosa merce” e della intera area utilizzata per l’illecita produzione i malviventi avevano installato un sofisticato impianto di videosorveglianza attraverso il quale riuscivano a controllare tutti i “movimenti” che, però, non è servito a nulla durante l'operazione dai finanzieri che ha consentito di sottrarre ai sodalizi criminali un ingente quantitativo di marijuana che avrebbe fruttato, al dettaglio, ben oltre 10 milioni di euro, s’inserisce nella serrata e costante attività di prevenzione e repressione riguardo alla produzione alla coltivazione ed allo spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare nella aspra fascia tirrenica cosentina, dove attesa la particolare natura selvaggia del territorio risulta essere più agevole l’insediamento di coltivazioni illegali
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Cetraro
La Guardia Costiera e Guardia di Finanza continuano a cooperare per la repressione delle forme di illegalità presenti sul territorio dell’alto jonio cosentino.
20 militari della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza con il supporto tecnico del servizio veterinario dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, durante tutta la notte, hanno proceduto a controllare gli operatori commerciali presenti nel mercato ittico nel porto di Corigliano Calabro Diverse le irregolarità riscontrate
Alcune di natura penale ed altre di tipo amministrativo
8 persone sono state segnalate alla Procura della Repubblica di Castrovillari
Una è stata multata per 1500 Euro.
In particolare:
- alcuni operatori, in violazione del Regolamento comunitario 1967/2006, sono stati sorpresi a commercializzare oltre 30 chili di pesce sotto misura tra cui triglie e naselli, anche provenienti da grossisti fuori regione;
- in alcuni box è stata riscontrata la presenza di prodotti ittici tra cui totani argentini e ali di razza dell’Atlantico, ricongelati e poi nuovamente in fase di scongelamento a temperatura ambiente e pertanto deteriorabili e non commestibili;
- in una cella frigo sono stati rinvenuti gamberi di provenienza sconosciuta già scongelati in precedenza e poi ricongelati;
- da alcune celle frigo proveniva un forte odore sgradevole dovuto ad oltre 200 chili di pesce in cattivo stato di conservazione e non idonei al consumo umano;
- un commerciante è stato multato per 1500 per omessa indicazione della provenienza del pesce posto in vendita, in violazione del Regolamento comunitario 178/2002.
Tutti i 300 chilogrammi di pesce sono stati sottoposti a sequestro penale per violazione della normativa in materia di pesca ed in particolare del Decreto Legislativo n. 4 del 2012 e della normativa sanitaria sulla commercializzazione dei prodotti ittici.
I veterinari dell’ASP hanno disposto l’avvio a distruzione trmite ditta autorizzata e a spese dei responsabili del reato di 270 kg di pesce giudicato inidoneo al commercio ed al consumo
30 chili di pesce, invece, sono stati giudicati commestibili ed idoneo al consumo umano per cui su autorizzazione del Magistrato di turno presso la Procura di Castrovillari, il pesceè stato donato in beneficenza alla mensa della locale caritas diocesana.
I controlli alla filiera della pesca proseguiranno con tolleranza zero verso coloro che di fatto effettuano attività illecite quali la vendita del novellame, da tempo vietata dalla normativa nazionale e comunitaria, ovvero immettono in commercio e vendono alle famiglie prodotti alterati dal punto di vista igienico-sanitario o non idonei al consumo umano, fattori che possono provocare gravi ripercussioni per il consumatore finale.
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Cosenza
E’ sempre la stessa solfa.
Falsi terreni e falsi braccianti. Di vere ci sono solo le indennità erogate dall’Inps.
Centinaia di migliaia di euro . Almeno 620.000 Euro le indennità indebitamente percepite a danno dell’Inps attraverso l'assunzione di manodopera fittizia da parte di un'impresa agricola del crotonese.
Oltre 100 i lavoratori che hanno beneficiato indebitamente di indennità di malattia, di maternità e di disoccupazione.
Le indagini hanno evidenziato l’utilizzo di falsi contratti d’affitto relativi a terreni siti non soltanto in vari centri del crotonese, nel cosentino ed addirittura nel reggino e nelle province di Brindisi e Lecce. Molti proprietari hanno disconosciuto le firme apposte sui documenti, dichiarando peraltro di condurre in proprio i terreni.
I terreni del cosentino erano per almeno il 50% superfici boscate e, comunque, per buona parte non idonei alla coltivazione.
In sostanza sono stati disconosciute circa 12.000 giornate lavorative nel periodo dal 2006 al 2011 in provincia di Crotone e per la provincia di Cosenza, il fabbisogno di manodopera da impiegare nelle coltivazioni è stato rideterminato da 7.000 a 350 giornate.
In questo modo l’azienda agricola ha indebitamente beneficiato di contributi per un importo di € 201.000.
I falsi braccianti, unitamente al titolare della impresa, sono stati denunciati, in concorso, per i reati di falso ideologico e truffa aggravata.
L’imprenditore è stato anche denunciato per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e verrà segnalato anche alla Procura Regionale della Corte dei Conti per la connessa responsabilità in materia di danno erariale
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Crotone