Sono 33 anni che dura il fermo pesca.
E lo stato delle risorse ittiche è progressivamente peggiorato.
Ed è peggiorato anche lo stato economico delle imprese e dei redditi.
Dal 10 settembre saranno bloccate per 30 giorni consecutivi delle attività della flotta italiana dallo Ionio al Tirreno, nel tratto di costa che va da Brindisi a Roma
Questo blocco andrà ad aggiungersi al divieto già attivo nel tratto da San Benedetto del Tronto a Bari, dove si tornerà a mare solo il 23 settembre.
Con l’estendersi del blocco che coinvolgerà Puglia, Basilicata, Calabria Campania e parte del Lazio, aumenta anche il rischio di ritrovarsi nel piatto per grigliate e fritture, soprattutto al ristorante, prodotto straniero o congelato se non si tratta di quello fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca, dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare.
Un pericolo favorito dal fatto che in Italia più di 2 pesci su 3 consumati nei territori interessati dal blocco vengono dall’estero”.
Coldiretti Impresapesca ha più volte negli anni chiesto “una radicale modifica di questo strumento di gestione che non risponde più da tempo alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale.
Questo ha determinato nel periodo un crollo della produzione, la perdita di oltre un terzo delle imprese e di 18.000 posti di lavoro.
L’auspicio è che dal 2019 si possa mettere in campo un nuovo sistema che tenga realmente conto delle esigenze di riproduzione delle specie e delle esigenze economiche delle marinerie”.