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Riceviamo e pubblichiamo la seguente nota del Comitato per la ricostruzione del Ponte sul Savuto

Nocera Terinese .Punto sul Ponte è il titolo del convegno/dibattito promosso dal Comitato “Ricostruiamo il ponte sul Savuto” svoltosi a Nocera Terinese venerdì 10 maggio ed al quale hanno preso parte autorevoli esponenti della politica calabrese. Il titolo, tanto eloquente, ben sintetizza l’intenzione del Comitato nel voler fare chiarezza sullo stato delle cose dopo gli innumerevoli annunci dei giorni scorsi e qualche velata polemica.

La convinzione del Comitato, promotore dell’iniziativa, è focalizzata l’attenzione sull’importanza dell’opera e l’urgenza della ricostruzione della stessa. Il ponte, già chiuso al traffico dal 2006 e crollato definitivamente nel 2008, ha carattere di strategicità per il comprensorio di appartenenza non solo in relazione al sistema viario e dei trasporti, ma soprattutto per la fragile economia della zona che già soffre per le ragioni a tutti note a cui, il ponte, potrebbe ridare una boccata di ossigeno sotto diversi profili. E’ evidente che la mancanza del ponte rende non fruibile la SP che attraversa un’ampia area a cavallo delle due province ( CZ-CS) su cui gravitano gli interessi di aziende agricole impegnate su produzioni di pregio (olio, vino, cipolla di tropea), ma anche di allevatori, artigiani e piccoli imprenditori. Non bisogna dimentica che la stessa area è pregna di storia e i continui ritrovamenti archeologici lo testimoniano l’alto valore. Restituire il ponte alla collettività vuol dire ridare identità a questo territorio oggi abbandonato, ma significa anche attuare un’azione politica volta a soddisfare l’esigenza della collettività, non solo quella più prossima ai luoghi detti, ma più in generale, a quella di un ambito territoriale più vasto che solo il ponte consentirebbe di mettere a sistema.

Il profilo politico del dibattito è stato esemplare, sia per i temi trattati che per i contenuti espressi. Non si può non osservare come l’obiettivo principale sia stato raggiunto. La presenza della Ferro, che ha accolto l’invito del Comitato, ha certamente contribuito a fare chiarezza. Si è assistito ad un dibattito dai toni armoniosi, a cui non sono mancate le critiche e i colpi di fioretto, ma sempre contenuti nel normale esercizio della buona dialettica, propria ai partecipanti. Per un giorno il protagonista è stato il PONTE, sono state evidenziate diverse questioni, tutte direttamente connesse ad esso.

Tutti gli intervenuti hanno ribadito la necessità di realizzare l’importante struttura in tempi brevi senza tuttavia sbilanciarsi in previsioni, anzi, in ciò il tono è stato molto realistico, le difficoltà non mancano e sono certamente legate al particolare momento che la regione attraversa.

Il dibattito entra subito nel vivo con l’intervento introduttivo di Saverio Rocchino (Comitato “Ricostruiamo il ponte sul Savuto”) che si focalizza su alcuni punti essenziali e in particolare il fiume di parole sul ponte spesso accompagnato da altrettanti plausi a cui non è conseguita concretezza. Con riferimento ad un recente articolo apparso sulla stampa titolato “l’iter è troppo lungo, bisogna saper attendere” osserva come la lungaggine è temuta dallo stesso comitato che non si è risparmiato nel farlo emergere al tempo degli ultimi annunciati interventi presso il CIPE. I cittadini attendono dal 2006, e sapranno attendere oltre, ma sarebbe opportuna una strategia del doppio binario cercando di reperire le risorse su piattaforme alternative al CIPE come gli enti territoriali. In questi mesi i cittadini chiedendo, educatamente e garbatamente, il ripristino della normalità, legittime istanze. L’intervento, mette a fuoco il carattere di urgenza della rimozione delle macerie del ponte, la messa in sicurezza della zona più prossima al vuoto venutosi a creare per il crollo della struttura, la bonifica dell’area al contorno della stessa, che per effetto delle condizioni di isolamento assume sempre più l’aspetto di una libera discarica ove abbandonare di tutto e di più.

In sintesi, la Presidente della Provincia di Catanzaro, ora Commissario dello stesso ente, illustrando l’attività della provincia rispetto a questo problema ha riferito che è stata inoltrata una richiesta di rimodulazione fondi FAS , fondi già assegnati alla Provincia per un importo di 100milioni €, di cui 70milioni impegnati per la strada del Medio-Savuto e 10 per lo svincolo di Catanzaro e i restanti 20 per la progettazione del completamento della strada Medio-Savuto. E’ dagli ultimi 20 che bisognerebbe fare economia per ottenere i 5 necessari alla ricostruzione del ponte del Savuto. Ed è qui che la Ferro mostra un volto nuovo e si lascia andare una considerazione “è un po’ come spogliare un santo e vestire quello vicino”. I segnali di apertura non sono mancati, soprattutto nell’affermare che sarebbero ben accetti i contributi di quanti vorranno sostenere e rendere più forte l’istanza di rimodulazione presso il CIPE. I dubbi e le perplessità restano: il CIPE autorizzerà la rimodulazione? E quanto tempo trascorrerà? Questo l’enigma al quale in questo momento nessuno può dare risposta.

In riferimento alla messa in sicurezza e alla bonifica dell’area prossima al ponte, fortemente richiesta dal Comitato nell’introduzione ai lavori, ma già espressa a mezzo stampa, sempre il Commissario riferisce, e assicura, che sono in fase di appalto i relativi lavori per una somma di circa 4.5milioni di euro e che nella prossima settimana saranno avviati i primi passi dell’iter burocratico. Infine, con determinazione, ha sostenuto la necessità di una politica di prevenzione nella manutenzione della cosa comune per evitare che ci si trovi, troppo spesso, a ricostruire situazioni che con un minimo di attenzione e attivismo si potrebbero evitare, per questo invita, anche i cittadini, a rendersi parte attiva in un ruolo di vigilanti sul territorio, segnalando manchevolezze e azioni volte a deturpare il patrimonio comune.

L’on. Luigi Incarnato dopo avere illustrato come la Calabria si stia sempre più distaccando dall’Europa e sia sempre più incompresa dal Governo centrale a causa di una mancata capacità di programmazione e di progettazione di un proprio autonomo futuro che perpetra da anni e fa acuire le diffidenze verso la nostra regione. Ha poi, sgomberato, con il tatto che gli si confà, e con un lessico di chi pratica l’arte del fare per il bene della comunità, ogni possibile dubbio si ciò che fu il suo operato alla guida dell’assessorato regionale circostanziando le scelte e il contesto di azione che lo portarono ad individuare il ponte come elemento cerniera in un sistema integrato della viabilità tra i diversi livelli: autostrada, strada statale litoranea, strada provinciale. I diversi livelli erano stati immaginati tra loro integrati in unico sistema mediante la realizzazione della strada Galasso che si inserisce tra il bivio autostradale di San Mango e il Ponte stesso.

L’intervento era stato immaginato ed effettivamente inserito all’interno di un finanziamento disponibile su base europea (Fondi FAS). Cosa avvenne nel 2010, però, è storia e le responsabilità non certamente regionali.

Incarnato ha evidenziato di avere accettato l’invito proprio perché l’incontro è all’interno di una attività lontana dai partiti, che nasce dal popolo, e che come tale va valorizzata e sostenuta in quanto testimonianza di una battaglio dettata del buon senso civico.

 

Il consigliere regionale Carlo Guccione dopo aver riconosciuto il ruolo fondamentale del comitato in questa legittima battaglia, osserva come la politica in questo territorio abbia fallito e la presenza del comitato ne è la testimonianza diretta ed esplicita. Sgomberato il campo da ogni possibile legame politico-partitico col Comitato di cui ha accettato l’invito condividendone la battaglia. Per Guccione il ponte è elemento essenziale di un sistema viario che comprende la SS18 e che proprio la crisi della SS18 ne ha esaltato l’importanza. L’assenza del ponte ha messo in luce come non esiste una viabilità alternativa alla SS18 e che quindi in caso blocco della stessa sarebbe inevitabile il totale collasso delle fascia tirrenica e non solo. Si avrebbe, infatti, un colpo mortale non solo sul sistema trasporti ma evidente negativa ricaduta sull’economia di un’area ben più vasta cha Amantea-Nocera. Guccione non le manda a dire e non usa il politichese, anticipa le proprie mosse affermando che su questa vicende occorre fare chiarezza e pertanto intende avviare un’azione forte nelle sedi istituzionali non solo in ambito regionale.

Il Prof. Daniele Minniti Pur complimentandosi con il Commissario Ferro per la sua capacità di oculata amministratrice dimostrata sul campo, non può non osservare come nel caso specifico del ponte sul Savuto la Provincia non abbia saputo, dal 2008 ad oggi, attuare politiche risolutive volte alla ricostruzione dell’importante struttura. Dal canto suo individua, le responsabilità nelle scarse competenze amministrative e nella complessità della burocrazia che troppe volte rallentano la realizzazione di opere anche importanti. Ma fa osservare, citando esperienze amministrative personali, come per il ponte si poteva e si potrebbe osare di più. Riconosce, inoltre, alle Provincie un ruolo fondamentale e ritiene che è sbagliato pensare alla loro abolizione, forse meglio abolire la regione.

L’on. Leopoldo Chieffallo profondo conoscitore del territorio di cui il ponte è parte integrante e forte della sua ampia esperienza di amministratore ai diversi libelli, nonché ex ass. regionale ai LLPP, ha subito dato slancio alla sua esposizione entrando nel vivo della questione: le risorse economiche. Ha chiesto di osare di più e di attivarsi presso gli enti sovraordinati ove probabilmente esistono risorse facilmente fruibili ed ha indicato quella che ritiene la strada più celere per la realizzazione dell’opera. Opera che deve inquadrarsi, così come sostenuto da Incarnato, in un’ottica di più ampio respiro e senza trascurare l’utilità di una viabilità a servizio della A3, soprattutto in caso di situazioni di estrema emergenza, cui l’A3 non è attrezzata. Tutto ciò potrebbe concretizzarsi con la realizzazione della Galasso che collegherebbe il bivio San Mango, e non solo, al ponte e di conseguenza alla SS18.

Il M5S - Catanzaro, assente per la coincidenza con altri impegni, ha fatto pervenire una lettera di cui si è data lettura. Nella missiva si evidenzia l’indispensabile necessità dell’opera e una maggiore attenzione alla stessa che ad oggi sembra quasi trascurata soprattutto se si pensa al lungo tempo trascorso dal primo crollo ad oggi. Non sono trascurabili i danni, indirettamente, ricadenti sulla collettività e sull’economia dell’area. Inoltre, si mettono in luce alcuni aspetti salienti come la necessità e l’urgenza della rimozione delle macerie, la bonifica dai rifiuti e la messa in sicurezza dell’area, e soprattutto il ripristino dell’officiosità idraulica del corso d’acqua. Il M5S plaudendo alle iniziativa del comitato, con cui già da tempo ha avviato un confronto sul tema, dichiara di voler continuare a seguire le vicende dicendosi disponibile nel rendersi parte co-attiva per il futuro per la risoluzione del problema.

L’ass. Muraca, che interviene per conto del prof Speranza (sindaco di Lamezia Terme), sposa i temi trattati dal M5S e fa notare come importante sia il tema ambientale connesso con la salvaguardia del territorio e la realizzazione del ponte.

Prof. Filippo Motta (Comitato “Ricostruiamo il ponte sul Savuto”) dopo aver ringraziato i convenuti ed in particolare la Ferro, entra nella questione spesso esposta e sempre senza risposta. Perché non intervenire In considerazione di quanto apparso sulla stampa tempo. A noi sembra di aver capito che il CIPE abbia concesso 13,3 milioni per interventi strategici in riprogrammazione diretta, cioè senza ulteriore delibera del comitato, e 40 milioni per interventi ambientali, anche questi, in riprogrammazione diretta. Di quest’ultimi 7 milioni sono destinati nel crotonese per il dissesto idrogeologico e 3,7milioni di euro per le bonifiche.

Quindi se da 40 togli 10,7milioni di euro ne restano 29,300 di euro disponibili in programmazione diretta per finanziare fin da subito la parte necessaria alla realizzazione di un progetto integrato nel territorio contemplando la struttura del Ponte sul Savuto. A tale esposizione la Ferro non mostra stupore, ma pur commentando non nasconde un certo stato d’animo.

Il Comitato “Ricostruiamo il ponte sul fiume Savuto”

A margine del convegno, per voce dei suoi rappresentanti, che manifestano la piena soddisfazione per i contenuti del dibattito che finalmente assume il tono che la questione ponte merita. Ma non si nasconde la soddisfazione per la presenza della Ferro che ha inteso accogliere il nostro invito trasformando il convegno in una tavola rotonda estesa. Ciò ha consentito un dialogo diretto che, se pur assaporato nelle prime fasi di questa battaglia, si era purtroppo perso per cause che non vogliamo investigare. Il nostro ringraziamento agli autorevoli intervenuti è d’obbligo e sincero, alla Ferro va poi riconosciuto un certo tono di apertura. Abbiamo colto, da parte sua, un certa determinazione a voler perseguire verso la realizzazione dell’opera e pertanto, le auguriamo di riuscirci, il suo successo sarà il successo della cittadinanza. Ma ciò che abbiamo apprezzato di più è stato il suo messaggio proteso a ricevere il sostegno di chi può essere utile alla causa comune ponendosi alla pari, testimonianza di un clima di serenità raggiunto nelle fasi di dibattito.

In definitiva sembra che con la celebrazione di codesto convegno si sia chiusa almeno dal punto di vista delle discussioni una questione che ha tenuto banco per un lungo lasso di tempo su un tema che forse è stato sottovalutato dagli addetti ai lavori.

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Sempre più difficile per un cittadino “qualsiasi” capire la “Giustizia” italiana. Si, è vero, può sembrare un luogo comune. Ma se ne cercate davvero la conferma leggete la seguente sentenza.

La vicenda:

  1. 1)Il Presidente della Giunta Regionale nella qualità di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro, con decreto n. 106 del 20.10.2011 avente ad oggetto “Riordino rete ospedaliera ex dPGR n. 18/2010. Determinazione dei posti letto per acuzie e post acuzie pubblici e privati. Obiettivi: G.01 S.01 – G.01 S.02”, dispone la riconversione dell’Ospedale di San Giovanni in Fiore, privandolo di tutti i posti letto per i reparti della Chirurgia generale, dell’Ostetricia e Ginecologia e della Pediatria;
  2. 2)Un gruppo di cittadini ne chiede l’annullamento previa sospensione e si rivolge al Tar calabria;
  3. 3)Si è costituita in giudizio la Regione Calabria, la quale ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso, atteso che i provvedimenti impugnati –trattandosi di atti generali di organizzazione - non ledono, in maniera diretta, attuate e concreta la posizione soggettiva dei ricorrenti, alcuni dei quali nemmeno risultano residenti nel Comune di San Giovanni in Fiore; sempre in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione di provvedimenti presupposti; nel merito ha rilevato l’infondatezza del ricorso;
  4. 4)Si sono costituiti in giudizio anche il Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro, il Ministero della Salute e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la quale ha eccepito, preliminarmente, l’irricevibilità per tardività del ricorso con riferimento al DPGR n. 18/2010, al DGR n. 908/2009, al Piano di rientro approvato con DGR n. 845/2009, ai DD GR n. 490/2010 e n. 492/2010, alla deliberazione di nomina del Commissario ad acta del 30.7.2010; ha, altresì, eccepito l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del DPGR n. 26/2010, con riferimento al quale gli atti impugnati sono meramente esecutivi; sempre in via preliminare, la difesa erariale ha eccepito il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Salute e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
  5. 5)Ha anche eccepito il difetto di legittimazione attiva e la carenza di interesse a ricorrere in capo ai ricorrenti, considerato che i provvedimenti impugnati non ledono direttamente e concretamente alcuna posizione soggettiva degli stessi

Ed infatti il TAR ha dichiarato che “Nel caso in esame, pertanto, alla generica qualificazione dei ricorrenti quali “cittadini”, non si accompagna alcun elemento diretto a far supporre che in capo ad essi posso sussistere un interesse dotato dei necessari requisiti di attualità e di concretezza, che soli possono legittimare l’azione in giudizio”.

Cittadini senza diritti, cittadini senza difesa dinanzi allo strapotere dello Stato e dei suoi Commissari.

Per chi vuole ecco la sentenza integrale

N. 00565/2013 REG.PROV.COLL. N. 00566/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria(Sezione Prima) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 566 del 2012, proposto da:
Giovambattista Nicoletti, Giovanni Bitonti, Giovanni Alessio, Francesco Scarcelli, Pietro Mazza, Alfonso Lorenzano, Francesco Antonio Loria, Francesco Antonio Talerico, Giuseppe Oliverio, Giuseppe Mancina, Giusi Gallo, Caterina Basile, Giuseppe Oliverio, Biagio Biafora, rappresentati e difesi dagli avv. Luisa Lopez, Franca Migliarese Caputi e Oreste Morcavallo, con domicilio eletto presso lo studio di quets’ultimo in Cosenza, corso Luigi Fera, 23;

contro

Regione Calabria, rappresentata e difesa dall'avv. Franceschina Talarico, dell’Avvocatura Regionale, con domicilio eletto in Catanzaro, Viale Cassiodoro 50 (Palazzo Europa);
Presidente Giunta Regionale - in Qualita' di Commissario Ad Acta per l'attuazione del Piano di Rientro, Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministero della Salute, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Catanzaro, via G.Da Fiore, 34;

per l'annullamento, previa sospensione cautelare,

-del decreto n. 106 del 20.10.2011 del Presidente della Giunta Regionale nella qualità di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro, avente ad oggetto “Riordino rete ospedaliera ex dPGR n. 18/2010. Determinazione dei posti letto per acuzie e post acuzie pubblici e privati. Obiettivi: G.01 S.01 – G.01 S.02”, nella parte in cui dispone la riconversione dell’Ospedale di San Giovanni in Fiore, privandolo di tutti i posti letto per i reparti della Chirurgia generale, dell’Ostetricia e Ginecologia e della Pediatria;

di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente e, specificamente, del citato decreto n. 18/2010 del Presidente della Giunta Regionale nella qualità di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro, della deliberazione n. 908/2009 avente ad oggetto “accordo per piano di rientro del servizio sanitario regionale della Calabria ex art. 1 comma 180 L. 311/2004, sottoscritto tra il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro della salute ed il Presidente della Regione Calabria il 17 dicembre 2009 – Approvazione”, successivamente integrata dalla DGR n. 97/2010, per quanto di interesse del Piano di rientro, approvato con deliberazione n., 845/2009, delle deliberazioni della Giunta Regionale nn. 490 e 492 del 2.7.2010, della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 30.7.2010, con la quale il Presidente della Giunta Regionale è stato nominato Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Calabria e di Presidente Giunta Regionale - in Qualita' di Commissario Ad Acta Per L'Attuazione del Piano di Rientro;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2013 il dott. Alessio Falferi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso straordinario ex art. 8 d.P.R. n. 1199/1971 e ss.mm., gli odierni ricorrenti impugnavano, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare, il decreto n. 106 del 20.10.2011 adottato dal Presidente della Giunta Regionale nella qualità di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro ed avente ad oggetto “Riordino rete ospedaliera ex DPGR n. 18/2010 - Determinazione dei posti letto per acuzie e post acuzie pubblici e privati. Obiettivi: G.01 S.01 – G.01 S.02”, nella parte relativa alla riconversione dell’Ospedale di San Giovanni in Fiore, unitamente agli ulteriori atti in epigrafe meglio indicati.

A seguito dell’opposizione della Regione Calabria, con atto di costituzione in giudizio ex art. 10, comma 2, d.P.R. n. 1199/1971, i ricorrenti hanno riproposto, avanti a questo Tribunale, le proprie ragioni di ricorso ed hanno rinnovato la richiesta di annullamento degli atti impugnati, sempre previa sospensione cautelare.

Premesse le vicende che hanno condotto all’adozione del Piano di rientro dal disavanzo nel settore sanitario ed al commissariamento della Regione Calabria, i ricorrenti hanno evidenziato che, con il decreto n. 106/2011, l’Ospedale di San Giovanni in Fiore è stato riconvertito da ospedale generale ad ospedale di montagna, con conseguente riduzione dei posti letto in medicina generale, chiusura dei reparti di Chirurgia generale, di Ostetricia, di Ginecologia e di Pediatria, riconversione di detti due ultimi reparti in Day-surgery e trasformazione delle strutture complesse in strutture semplici.

In punto di legittimazione, i ricorrenti hanno precisato di essere cittadini, direttamente destinatari delle misure restrittive adottate, aderenti ad un Comitato pro ospedale “Pubblicamente”, alcuni di essi dipendenti dell’Ospedale stesso, che direttamente avvertono le conseguenze delle disposte chiusure dei reparti; pertanto, hanno interesse ad agire al fine di tutelare il mantenimento di un’assistenza ospedaliera congrua rispetto alle proporzioni ed esigenze del territorio in cui vivono, interesse direttamente riconducibile all’art. 32 della Costituzione.

Quanto ai motivi di ricorso, in sintesi, i ricorrenti hanno denunciato l’incompetenza del Commissario ad acta ad assumere gli atti impugnati per violazione della legge n. 191/2009, l’illegittimità, con riferimento al D.L. n. 78/2009, convertito con legge n. 102/2009, della nomina del Commissario ad acta e l’illegittimità della mancata cessazione dall’incarico una volta approvato il Piano di rientro, nonché la violazione, a seguito dell’adozione del provvedimento contestato, delle indicazioni generali contenute nel Piano stesso e conseguente mancato rispetto dei livelli essenziali di assistenza; sotto altro profilo, è stato denunciato il mancato coinvolgimento dei Comuni, quali soggetti interessati, che direttamente beneficiavano delle prestazioni dell’Ospedale; ancora, è stato evidenziato che la riorganizzazione della rete ospedaliera di cui al decreto 106 ha determinato una evidente riduzione dell’offerta sanitaria su una vastissima area della provincia di Cosenza, disagiata dalla collocazione geografica e che, al fine di evitare una evidente disparità di trattamento, si doveva procedere alla riorganizzazione anche delle strutture ospedaliere private; si è, altresì, denunciato che la riorganizzazione è avvenuta senza una adeguata istruttoria, con evidenti distorsione nei “tagli” operati tra le tre aree (Nord, Centro e Sud) della Regione, senza adeguatamente valutare l’inappropriatezza delle prestazioni e la mobilità attiva e passiva; infine, è stato rilevato che a fronte della soppressione dei reparti e della riduzione dei posti letto, è mancata ogni misura di compensazione idonea a permettere alle popolazioni residenti di esercitare il diritto fondamentale alla salute, né è stata verificata la possibilità di utilizzare strutture limitrofe, con conseguente compromissione dei livelli minimi di assistenza.

Si è costituita in giudizio la Regione Calabria, la quale ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso, atteso che i provvedimenti impugnati –trattandosi di atti generali di organizzazione - non ledono, in maniera diretta, attuate e concreta la posizione soggettiva dei ricorrenti, alcuni dei quali nemmeno risultano residenti nel Comune di San Giovanni in Fiore; sempre in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione di provvedimenti presupposti; nel merito ha rilevato l’infondatezza del ricorso.

Si sono costituiti in giudizio anche il Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro, il Ministero della Salute e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la quale ha eccepito, preliminarmente, l’irricevibilità per tardività del ricorso con riferimento al DPGR n. 18/2010, al DGR n. 908/2009, al Piano di rientro approvato con DGR n. 845/2009, ai DD GR n. 490/2010 e n. 492/2010, alla deliberazione di nomina del Commissario ad acta del 30.7.2010; ha, altresì, eccepito l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del DPGR n. 26/2010, con riferimento al quale gli atti impugnati sono meramente esecutivi; sempre in via preliminare, la difesa erariale ha eccepito il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Salute e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché il difetto di legittimazione attiva e la carenza di interesse a ricorrere in capo ai ricorrenti, considerato che i provvedimenti impugnati non ledono direttamente e concretamente alcuna posizione soggettiva degli stessi. Nel merito, si è evidenziata l’infondatezza del ricorso.

Alla Camera di Consiglio del 5 luglio 2012, è stata chiesta la riunione dell’istanza cautelare al merito.

Alla Pubblica Udienza del 22 marzo 2013, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Preliminarmente, è necessario scrutinare l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e difetto di legittimazione, formulata sia dalla Regione Calabria che dalla difesa erariale.

L’eccezione è fondata.

E’ opportuno ricordare che, in punto di legittimazione, i ricorrente hanno precisato di agire quali cittadini “direttamente destinatari delle misure restrittive adottate”, tutti aderenti “ad un Comitato pro ospedale “pubblicamente”; hanno, altresì, aggiunto, che alcuni di essi sono dipendenti dell’Ospedale e, quindi, “direttamente avvertono le conseguenze delle disposte chiusure dei reparti indicati ad ogni livello”.

Ebbene, il Collegio rileva che la mera qualità di “cittadino” non è sufficiente a legittimare il ricorso avverso specifici atti di portata generale assunti dalla Pubblica Amministrazione.

Invero, è stato autorevolmente osservato che “la legittimazione ad impugnare un provvedimento amministrativo deve essere direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume lesa dal provvedimento e postula l'esistenza di un interesse attuale e concreto all'annullamento dell'atto; altrimenti l'impugnativa verrebbe degradata al rango di azione popolare a tutela dell'oggettiva legittimità dell'azione amministrativa, con conseguente ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in insanabile contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa e quella costituzionale hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa" (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 agosto 2001, n. 4544; in tal senso anche Consiglio di Stato, sez. IV, 13 dicembre 2012, n. 6411).

Nel caso in esame, pertanto, alla generica qualificazione dei ricorrenti quali “cittadini”, non si accompagna alcun elemento diretto a far supporre che in capo ad essi posso sussistere un interesse dotato dei necessari requisiti di attualità e di concretezza, che soli possono legittimare l’azione in giudizio.

In tale prospettiva, i ricorrenti sono portatori di un mero interesse diffuso, non assumendo la titolarità di alcuna posizione giuridica differenziata rispetto alla collettività, con riferimento all’impugnazione di atti di portata generale, concernenti la gestione di servizi; è’ appena il caso di aggiungere, infatti, che la mera sussistenza della residenza o domicilio nell’ambito del Comune nel quale insiste il presidio ospedaliero di cui si tratta, non è circostanza tale da integrare la dimostrazione di una lesione attuale e concreta della posizione giuridica dai medesimi vantata (TAR Liguria, sez. II, 15 febbraio 2012, n. 290).

Quanto al riferimento, operato in ricorso, al Comitato pro ospedale “Pubblicamente”, si osserva che, per giurisprudenza consolidata, ai fini del riconoscimento giurisdizionale della legittimazione ad impugnare atti amministrativi, occorre che il comitato spontaneo di cittadini sia munito di un adeguato grado di rappresentatività, di un collegamento stabile con il territorio di riferimento, e di un’azione dotata di apprezzabile consistenza, anche tenuto conto del numero e della qualità degli associati. Inoltre, occorre che l’attività del comitato si sia protratta nel tempo e che, quindi, il comitato non nasca in funzione dell’impugnativa di singoli atti e provvedimenti (in tal seno, T.A.R. Toscana,  sez. II, 25 agosto 2010, n. 4892). Del resto, anche con riferimento alle associazioni che si fanno portatrici di interessi diffusi, la giurisprudenza ne ammette la legittimazione ad agire dinanzi al giudice amministrativo per l’impugnazione di atti ritenuti lesivi dei predetti interessi a condizione che esse posseggano i seguenti requisiti: a) perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di protezione degli interessi dedotti nel giudizio; b) abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità; c) abbiano un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso. Ciò in quanto lo scopo associativo non è di per sé sufficiente a rendere differenziato un interesse diffuso o adespota facente capo ad un parte più o meno ampia della popolazione. (in tal senso, Consiglio di Stato sez. V, 14 giugno 2007 n. 3192; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 9 luglio 2012, n. 1914).

Nel caso in esame, i ricorrenti si sono limitati ad affermare, in modo del tutto generico, di aderire “ad un Comitato pro ospedale “Pubblicamente” , senza allegare alcun altro elemento utile a dimostrare la sussistenza dei requisiti necessari per fondare la legittimazione ad agire.

Quanto, infine, alla circostanza che alcuni dei ricorrenti –peraltro nemmeno nominativamente indicati - affermano di essere dipendenti dell’ospedale oggetto dell’intervento di riconversione, si rileva, a prescindere da ogni altra considerazione, che i medesimi si limitano a sostenere che a seguito dell’atto impugnato avvertirebbero direttamente “le conseguenze delle disposte chiusure dei reparti indicati ad ogni livello”, senza minimamente dedurre quale lesione effettiva, concreta, attuale e diretta subirebbero della contestata riconversione, senza minimamente addurre, pertanto, una specifica doglianza in relazione alla compromissione del proprio interesse, nemmeno rappresentato, con conseguente inammissibilità dell’azione.

In conclusione, per tutte le ragioni sopra esposte, il ricorso è inammissibile, restando assorbita ogni altra questione sollevata dalle parti.

In considerazione della particolarità della questione affrontata, sussistono giustificate ragioni per compensare tra tutte le parti le spese di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giovanni Iannini, Presidente FF

Anna Corrado, Primo Referendario

Alessio Falferi, Primo Referendario, Estensore

 

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Riceviamo e pubblichiamo la seguente Lettera Aperta/Appello.

“Tra qualche giorno, il 15/5/2013, ci sarà il voto alla camera sulla nuova legge n° 24, la famigerata legge sul trapianto di cellule staminali adulte mesenchimali da donatore, tramite l'uso compassionevole somministrate dalla Stamina Foundation, che include anche la distrofia muscolare Duchenne. In tal senso, è assolutamente importantissimo e necessario che i politici s'impegnino seriamente e senza veti, affinché non venga accolto alcun emendamento che riporterebbe la legge n° 24 al senato facendola drammaticamente decadere (Dio non voglia)!!!

Per me e per coloro che in piena libertà vogliono e vorranno sottoporsi al trapianto di cellule staminali adulte mesenchimali tramite l'uso compassionevole somministrate dalla Stamina Foundation, sarà la fine di ogni speranza! Se decadrà la legge n° 24, la politica e lo stato italiano si assumerà la gravissima responsabilità di ciò che non temo di definire eutanasia di stato indotta per negligente indifferenza dei politici assoggettati all'AIFA e alle lobby farmaceutiche!!!

Per chi non lo sapesse anch'io ho la distrofia muscolare Duchenne. Tale patologia distrugge irrimediabilmente tutti i muscoli, compresi quelli del diaframma (che permettono di respirare) costringendo a usare un respiratore 24 su 24. Distrugge purtroppo il muscolo cardiaco, il cuore, causando negli ultimi stadi, la morte!!!

Quindi, sono consapevole che forse, con molta probabilità, tra qualche mese o un paio di anni (1, 2, 5 chissà...) Anche il mio cuore si fermerà e io morirò!

Sia chiaro, non cerco e non voglio nessuna "compassione" e/o lacrime finte, inutili... Io cerco e voglio, non solo per me ma per chiunque sia "trattabile" con il metodo stamina, che i politici e lo stato approvino, una volta per tutte, senza nessun emendamento, che riporterebbe la legge al senato facendola drammaticamente decadere, la legge n° 24 includendo anche la distrofia muscolare Duchenne.

Sono sicurissimo che non tornerò a camminare, ma ciò che importa, è arrestare il processo degenerativo in corso e riacquistare il tono muscolare distrutto, fosse pure un briciolo!!!

In ottemperanza ai dettami della legge costituzionale che stabilisce la libertà di cure, con l'assunzione di ogni personale responsabilità e in pieno possesso delle mie facoltà mentali, in piena libertà, come persona con distrofia muscolare Duchenne, voglio e desidero sottopormi al trapianto di cellule staminali adulte mesenchimali da donatore, somministrate dalla Stamina Foundation, tramite l'uso compassionevole, anche per la distrofia muscolare Duchenne.

In nome di Dio e della laicità, in nome della vostra coscienza e dei vostri figli, a voi politici, se ancora vi sentite degni di tale nome, chiedo di non uccidere la certezza di una speranza! Approvate, senza nessun emendamento e senza farla decadere, la legge n° 24, includendo anche la distrofia muscolare Duchenne.

Se verranno accolti gli emendamenti e verrà fatta decadere la legge n° 24, metto in atto una forma clamorosa di protesta: brucio la tessera elettorale, inizio lo sciopero della fame, smetto di mangiare, mi suicido.. E anticipo la distrofia muscolare Duchenne!!!

Non sono una cavia. Non sono disperato. Sono una persona. Sono Matteo Vocino!!!

Matteo Vocino San Nicandro Garganico, Foggia. Tel. 0882/472068”

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