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Con la Sentenza n. 4175/2019 il TAR del Lazio, sezione territoriale di Roma, ha annullato l’Ordinanza Sindacale n. 624/2018 del Comune di Tivoli (RM).

Nelle relative motivazioni sono state avvalorate delle tesi, secondo le quali il suddetto Decreto è carente di determinatezza, motivazione e mostra lacunosità nella connessa istruttoria.

Difatti nel testo del documento in esame, si può notare che i comportamenti vietati non sono ben descritti ed inquadrati nella tutela di gravi e non semplici, pericoli che minacciano la sicurezza urbana, come il semplice abbigliamento ed atteggiamento di chi presumibilmente si prostituisce, che possono essere riportati anche a situazioni ed intenzioni estranee al sesso a pagamento. Inoltre, si può denotare la mancanza di una giustificazione per adottare in via eccezionale e temporanea un provvedimento in contrasto a problematiche, le quali appaiono in questo caso ordinarie e permanenti e la sola e semplice data di scadenza, iscritta nel relativo testo, non può essere giustificativa per un atto obbligatoriamente contingibile ed urgente, il quale risulta oltretutto valido su tutto il territorio del rispettivo Comune.

Viene oltretutto citato, ai sensi della Sentenza della Corte Costituzionale n. 115/2011, che i provvedimenti sindacali in questione devono rispettare lo Stato di diritto, quando questi pongono dei divieti, anche se i connessi poteri vanno a tutelare beni e valori, ovverosia, le citate interdizioni devono avere dei limiti d’applicazione od addirittura non poter essere applicate per nulla, se queste violano i diritti fondamentali dei cittadini.

Si menziona di seguito il testo della suddetta Ordinanza Sindacale.

Pubblicato il 28/03/2019

N. 04175/2019 REG.PROV.COLL.

N. 15466/2018 REG.RIC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 c.p.a. ,

sul ricorso numero di registro generale 15466 del 2018, proposto dall’Associazione Radicale Certi Diritti e dal Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute – Onlus organizzazione non lucrativa di utilità sociale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati D. C., C. F., G. C., con domicilio eletto presso lo studio dei primi in (omissis) e domicilio digitale come da p.e.c. da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Tivoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati E. I., M. R., D. S., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F. F. in (omissis) e domicilio digitale come da p.e.c. da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- dell'ordinanza contingibile e urgente n. 624 del 06.11.2018, con la quale il Sindaco del Comune di Tivoli ha ordinato che, a decorrere dal 15/11/2018 e fino al 15/06/2019, su tutto il territorio comunale, sia fatto divieto (i) "a chiunque, sulla pubblica via e su tutte le aree soggette a pubblico passaggio del territorio del Comune di Tivoli di contattare soggetti dediti alla prostituzione, concordare prestazioni sessuali a pagamento, consentire la salita sui propri veicoli per le descritte finalità, eseguire manovre pericolose o di intralcio alla circolazione stradale, ivi compresa la sosta e/o fermata al fine di porre in essere i comportamenti delineati" e (ii) "a chiunque di porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco a offrire prestazioni sessuali a pagamento, assumendo atteggiamenti, modalità comportamentali ovvero indossare abbigliamenti o mostrare nudità che manifestino, inequivocabilmente, l'intenzione di adescare o di esercitare l'attività di meretricio" e con la quale è stato stabilito per la violazione della predetta ordinanza l'importo del pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria pari ad euro 500,00;

- di ogni atto presupposto, connesso ovvero consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Tivoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2019 la dott.ssa B. B. e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 c.p.a.;

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto esposto dalle parti nel ricorso introduttivo e negli scritti difensivi;

Premesso che:

- con il ricorso introduttivo del presente giudizio l’Associazione Radicale “Certi Diritti” ed il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute – Onlus organizzazione non lucrativa di utilità sociale, premesse esplicitazioni, con unite allegazioni a supporto, in merito alla propria legittimazione ed all’interesse ad agire, hanno adito questo Tribunale per l’annullamento del provvedimento in epigrafe indicato, adottato dal Sindaco del Comune di Tivoli ai sensi dell’articolo 54 del D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (di seguito TUEL), con il quale, in ragione dell’asserita sussistenza di esigenze di incolumità pubblica e sicurezza urbana, sono stati disposti specifici divieti, dettagliatamente indicati, a valere su tutto il territorio comunale per il periodo 15 novembre 2018 - 15 giugno 2019, con espressa comminatoria, per la violazione dei divieti medesimi, della sanzione pecuniaria pari ad euro 500,00 (cinquecento/00);

- la difesa di parte ricorrente ha dedotto vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, contestando la sussistenza dei presupposti alla base dell’adozione dell’ordinanza impugnata, nonché censurando l’indeterminatezza delle condotte vietate e sanzionate, la carenza e lacunosità dell’istruttoria, l’assenza di un adeguato substrato motivazionale, la violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, la lesione dei diritti e delle libertà fondamentali in violazione dell’art. 2 Cost., la violazione dei principi di legalità e tipicità degli illeciti amministrativi, con prospettazione anche di profili di illegittimità costituzionale dell’art. 54 comma 4 bis TUEL, ove interpretato nel senso di legittimare il Sindaco all’esercizio del potere extra ordinem, anche per finalità di perseguire la prostituzione in quanto tale, senza, tra l’altro, considerazione alcuna delle condizioni di sfruttamento, ordinariamente sussistenti, degli individui che esercitano tale attività;

- il Comune di Tivoli si è costituito in giudizio per resistere al gravame, sollevando eccezioni preliminari di inammissibilità sia per carenza delle fondamentali condizioni dell’azione sia in relazione alla proposizione del ricorso in forma collettiva, concludendo, nel merito, per il rigetto del ricorso in quanto infondato;

- alla camera di consiglio del 13 febbraio 2019, fissata per la conclusione della fase cautelare, il Collegio ha valutato sussistenti i presupposti per la definizione della presente controversia con sentenza in forma semplificata, provvedendo agli avvisi ed adempimenti prescritti in conformità alle previsioni dell’art. 60 c.p.a.;

Ritenuto che:

- l’eccezione di inammissibilità per carenza delle condizioni dell’azione non merita accoglimento;

- per univoca giurisprudenza (il che esime da citazioni specifiche) spetta al Giudice verificare, caso per caso, la ricorrenza di un interesse, idoneo a radicare legittimazione processuale, in capo ai soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni e comitati, i quali devono comunque risultare sufficientemente differenziati e qualificati, rispetto agli interessi dei singoli associati ovvero alla generalità dei consociati di un determinato territorio, perché ad essi, appunto, possa riconoscersi il potere di agire legittimamente in giudizio;

- dall’analisi della documentazione versata in atti dalla parte ricorrente e, segnatamente, dai rispettivi statuti, emerge che sia l’associazione che il comitato perseguono specifiche finalità di promozione dei diritti e tutela delle persone e, in specie delle donne, coinvolte nel fenomeno della prostituzione, nonché di salvaguardia della sfera di autodeterminazione sessuale, attraverso iniziative, di sovente congiunte ed estese a tutto il territorio nazionale, che includono anche “l’assistenza legale e la presentazione in giudizio”;

- i sopra indicati elementi associati alle ulteriori evidenze in atti consentono di rilevare la sussistenza di un interesse diffuso, connotato da autonomo rilievo, di cui viene dedotta e allegata la lesione attraverso l’adozione dell’ordinanza impugnata, la cui protezione rientra tra le finalità statutarie delle ricorrenti, connotate da stabilità sul piano organizzativo e operativo ed operanti su tutto il territorio nazionale;

- il contenuto prescrittivo e sanzionatorio dell’ordinanza, riguardato ai fini della verifica in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione, evidenzia, in particolare, una diretta afferenza con le finalità di protezione e tutela perseguite dall’associazione e dal comitato, come reso evidente, tra l’altro, dalla formulazione – ampia e, per le ragioni di seguito esposte, del tutto generica – della prescrizione che pone il divieto, per chiunque e su tutto il territorio comunale, di assumere “atteggiamenti” ovvero “modalità comportamentali” suscettibili non già di denotare l’esercizio bensì di manifestare “l’intenzione” di esercitare il sex work (espressamente: “comportamenti diretti in modo non equivoco a offrire prestazioni sessuali a pagamento, assumendo atteggiamenti, modalità comportamentali ovvero indossare abbigliamenti o mostrare nudità che manifestino, inequivocabilmente, l'intenzione di adescare o di esercitare l'attività di meretricio”), con comminatoria, in caso di inosservanza, della sanzione pecuniaria di euro 500,00 (cinquecento/00), con carattere di generalità e, dunque, astrattamente, anche nei confronti delle vittime dei fenomeni di tratta e di sfruttamento;

- del pari infondata si palesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso collettivo sollevata dalla difesa dell’amministrazione comunale;

- per consolidata giurisprudenza, ai fini della ammissibilità del ricorso collettivo, occorre che vi sia una identità di posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti e che non vi sia una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di alcuni ricorrenti sarebbe incompatibile con l’accoglimento delle istanze degli altri (Cons. Stato, Sez. IV, 5 ottobre 2018, n. 5719; 6 giugno 2017, n. 2700);

- nel processo amministrativo, dunque, la proposizione del ricorso collettivo è soggetta al rispetto di stringenti requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo: i primi sono rappresentati dall'assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l'accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri; i secondi consistono, invece, nell'identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell'oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 363; 29 dicembre 2011, n. 6990);

- nel caso che ne occupa deve rilevarsi la sussistenza dei sopra indicati presupposti, emergendo una piena convergenza degli interessi perseguiti dall’associazione e dal comitato ricorrenti attraverso la pretesa azionata nel presente giudizio, risultando, peraltro, generiche le deduzioni articolate sul punto dalla difesa dell’amministrazione comunale;

- il ricorso è, nel merito, manifestamente fondato;

- prioritarie ed assorbenti si palesano le deduzioni dirette a contestare l’assenza dei presupposti alla base dell’adozione del provvedimento impugnato, la lacunosità dell’istruttoria e la carenza di motivazione;

- le condotte vietate e sanzionate vengono descritte nel provvedimento impugnato con un insufficiente grado di determinatezza, come reso evidente dal rilievo riconnesso anche ad “atteggiamenti”, a “modalità comportamentali” ed all’abbigliamento e, dunque, a condotte ed a profili che ineriscono alla sfera delle stesse modalità di espressione della personalità e che possono risultare in concreto non lesive di interessi riconducibili alla sicurezza urbana in quanto non dirette in modo non equivoco all’esercizio dell’attività riguardante le prestazioni sessuali a pagamento;

- a fronte di tale ampia e generica descrizione delle condotte sanzionate l’indiscriminata estensione dei divieti su tutto il territorio comunale non trova supporto nell’accertamento di situazioni specifiche riferibili all’esigenza di tutela della sicurezza urbana, dovendosi evidenziare che l’ordinamento vigente non consente la repressione di per sé dell’esercizio dell’attività riguardante le prestazioni sessuali a pagamento e ciò a prescindere dalla rilevanza che tale attività possa assumere sotto altri profili, autonomamente sanzionabili, per le modalità con cui è svolta o per la concreta lesione di interessi riconducibili alla sicurezza urbana;

- in particolare, la sussistenza di “gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana” è solo formalmente evocata, non essendo sufficienti a sorreggere la determinazione adottata affermazioni di principio in ordine alla circostanza che il fenomeno della prostituzione su strada “sta assumendo caratteri di notevole diffusione sul territorio comunale” ovvero giudizi di valore di carattere etico e morale in assenza evidenze istruttorie fondate su elementi concreti ed attendibili atti a denotare la sussistenza del presupposto della concreta minaccia agli interessi pubblici tutelati dell’art. 54, commi 4 e 4 bis del TUEL e della eccezionalità e gravità del pericolo;

- le ordinanze contingibili e urgenti di competenza del Sindaco quale ufficiale del Governo costituiscono strumenti apprestati dall'ordinamento per fronteggiare situazioni impreviste e di carattere eccezionale, per le quali sia impossibile o inefficace l'impiego dei rimedi ordinari, e si presentano quindi quali mezzi di carattere residuale, espressione di norme di chiusura del sistema, i cui tratti distintivi sono costituiti dall'atipicità, dalla valenza derogatoria rispetto agli strumenti ordinari, dalla particolare qualificazione sia della minaccia sia del pericolo;

- la documentazione prodotta in giudizio dalla difesa dell’amministrazione denota, invero, l’esiguità della istruttoria svolta, essenzialmente incentrata su segnalazioni anonime e sulla riscontrata presenza di persone dedite alla prostituzione nello svincolo di Tivoli del Casello dell’autostrada A24 e il Mausoleo dei Plauzi, senza evidenza alcuna circa la obiettiva e concreta sussistenza di situazioni di pericolo per l’incolumità pubblica o per la sicurezza, come comprovato anche dai verbali di contestazione della violazione dell’ordinanza impugnata;

- nello specifico, una parte consistente dei verbali di contestazione inerisce a condotte sostanziatesi nell’indossare abbigliamenti succinti atti ad adescare clientela, senza esplicitazione del nesso di interrelazione tra il “mezzo” e il “fine” e, cioè, delle modalità attraverso le quali si è ritenuto di inferire dall’abbigliamento, qualificato in assenza di specificazioni descrittive, l’“intenzione” dell’adescamento di clientela;

- in ogni caso non è dato comprendere né altrimenti emerge dalla documentazione in atti la sussistenza del presupposto della concreta minaccia agli interessi pubblici tutelati dalla disposizione del TUEL sopra richiamata, non integrati dal mero riferimento al “buon costume” ed alla “pubblica decenza”, pure espressamente indicati nell’ordinanza impugnata;

- il Collegio, inoltre, pur rilevando la palese tardività delle produzioni documentali dell’ente resistente del 14 febbraio 2019, ritiene di evidenziare, a maggiore chiarimento, nonché al fine di una esaustiva disamina della vicenda contenziosa anche nella prospettiva di orientare l’operato dell’amministrazione, che alcun rilievo può essere riconnesso alla notizia stampa estrapolata da internet, sia per la provenienza della fonte, sia tenuto conto della circostanza che la notizia riportata è successiva all’adozione dell’ordinanza impugnata, sia alla luce del relativo contenuto che individua nella città di Catania quella di destinazione dell’attività illecita oggetto dell’indagine penale, mancando una specifica interrelazione con le finalità enunciate nel provvedimento gravato. Ciò senza considerare che i fenomeni criminali correlati allo sfruttamento della prostituzione ineriscono a profili di carattere strutturale da contrastare attraverso gli strumenti ordinari all’uopo previsti dall’ordinamento;

- come chiarito, infatti, anche dalla Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 115 del 2011) “deroghe alla normativa primaria, da parte delle autorità amministrative munite di potere di ordinanza, sono consentite solo se «temporalmente delimitate» (ex plurimis, sentenze n. 127 del 1995, n. 418 del 1992, n. 32 del 1991, n. 617 del 1987, n. 8 del 1956) e, comunque, nei limiti della «concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare» (sentenza n. 4 del 1977)”;

- nella fattispecie, anche ove si ritenesse di escludere una preordinazione della delimitazione dell’efficacia della misura al fine di assicurare il rispetto solo formale del sopra indicato carattere della temporaneità, non è dato rinvenire alcun giustificativo in ordine all’estensione del periodo indicato nel provvedimento (15 novembre 2018 - 15 giugno 2019) e ciò pure nella prospettiva, evidenziata dal difensore della resistente amministrazione nell’udienza camerale, di una asserita sperimentazione dell’efficacia della misura medesima, restando, comunque, indimostrate le concrete e gravi esigenze riferite all’incolumità pubblica ed alla sicurezza urbana;

- la stessa giurisprudenza costituzionale ha rimarcato “l’imprescindibile necessità che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalità sostanziale, posto a base dello Stato di diritto” (cfr. C. Cost. n. 115 del 2011, cit.), non essendo sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore e ciò, in specie, ove divieti ed obblighi imposti impongano, in maggiore o minore misura, restrizioni alla sfera dei diritti e delle libertà individuali;

- del pari fondate si palesano le deduzioni dirette a contestare la violazione del principio di proporzionalità, stante la già evidenziata ampiezza ed indeterminatezza delle condotte vietate, l’indiscriminata estensione dei divieti a tutto il territorio comunale, la diretta incidenza su diritti e libertà individuali, con previsione della irrogazione di una sanzione pecuniaria in misura fissa e generalizzata che, come correttamente rilevato da parte ricorrente e comprovato anche dai verbali di contestazione prodotti dall’amministrazione, è suscettibile di dispiegare la propria portata afflittiva essenzialmente sulle vittime della catena criminale;

- in conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso merita accoglimento, con assorbimento delle residue deduzioni, e per l’effetto l’ordinanza impugnata va annullata;

- le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Comune di Tivoli al pagamento delle spese di lite in favore di parte ricorrente, liquidate complessivamente in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2019 con l'intervento dei magistrati:

E. S., Presidente

B. B., Consigliere, Estensore

O. F., Consigliere

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prostitute-3Il Caso della settimana. Il progetto «L’Aquilone Lilla» gestito dalla coop Punto d’Approdo è sostenuto dalla Provincia. Fenomeno stabile Il direttore Andrea Gentilini: «Attenti al fenomeno internet che non è controllabile. Le case chiuse? Hanno già fallito in molti altri paesi»

Trento. Il fenomeno della prostituzione a Trento viene monitorato anche dalla Provincia, attraverso il Servizio Politiche sociali che sostiene il progetto «L’Aquilone Lilla» gestito dalla cooperativa Punto d’Approdo. L’iniziativa vede impegnata una unità mobile che si rivolge a prostitute di strada o in appartamento ed è finalizzata a stabilire un contatto con le donne offrendo loro aiuto e supporto, sia sanitario che informativo.

Il bilancio 2018

Il bilancio di un semestre del 2018 vede 23 uscite effettuate e 90 persone incontrate: 25 nigeriane, 22 sudamericane, 38 dell’Est Europa, 4 italiane e 1 cinese. In termini generali, il Servizio Politiche sociali ritiene che il fenomeno della prostituzione a Trento sia stabile o tendenzialmente in diminuzione. Per quanto riguarda le donne dell’Est si tratta di ragazze molto giovani che si trovano in condizioni di vulnerabilità per la tutela della loro salute e per le condizioni di vita. Viene confermata una certa stabilità nel numero delle nigeriane, forse le più sfruttate. Sono presenti (soprattutto nelle fasce diurne) anche donne Rom molto giovani e con minore visibilità da parte dei servizi. Secondo la Provincia esiste una «diffusa condizione di fragilità, connessa ad analfabetismo, difficoltà di comprensione della lingua italiana che determinano possibili dipendenze da altri soggetti».

Il direttore del Punto d’Approdo di Rovereto - Andrea Gentilini - spiega che sulla strada il fenomeno della prostituzione è tutto sommato sotto controllo: «Tutti i dati che ci provengono dalle uscite delle nostre unità mobili ci riportano ad una situazione stabile. Il vero problema al quale assistiamo oggi è invece la prostituzione sommersa, una punta dell’iceberg, che avviene prevalentemente in appartamenti dove è difficile arrivare anche per noi».

I rischi dentro casa

Gentilini conferma una realtà già descritta (Trentino di ieri) da Fernanda Alfieri, responsabile dell’altra associazione che si occupa del fenomeno (L’Altra Strada di Villa Sant’Ignazio) secondo la quale lo sfruttamento delle donne che si prostituiscono dentro casa può arrivare a livelli anche superiori rispetto a quanto non avvenga lungo le strade, dove comunque una qualche forma di controllo è possibile. «E oggi per gli appuntamenti in appartamenti a farla da padrone è internet, il che rende il fenomeno ancora più incontrollabile e nebuloso: chi può sapere, infatti, chi si nasconde dietro ad un numero di telefono che troviamo in rete? Quando leggiamo cinque annunci sul web possiamo sapere se sono riconducibili a 1 o 5 ragazze? È molto difficile».

Case chiuse? Non funzionano

Il dibattito di questa settimana trae origine dalla discussione andata in scena la scorsa settimana in consiglio comunale a Trento sulla riapertura delle case chiuse. Ipotesi alla quale guarda con forte perplessità il direttore Gentilini: «Io non la considero una soluzione del problema. E non lo dico solo io, ma le tante altre esperienze in giro per l’Europa dove, nonostante le case chiuse, il fenomeno non è stato nè controllato nè contrastato. L’unico modo che noi abbiamo per tentare di ridurre lo sfruttamento della donna è quello di lavorare dal punto di vista culturale rafforzando l’idea del rispetto della donna».

 fonte notizia giornaletrentino.it

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Emesse 7 ordinanze cautelari, veniva usato anche il web

Cosenza. Un giro di prostituzione di importanti proporzioni con donne provenienti da tutta Italia e pubblicizzate con annunci su siti web è stato sgominato dalla polizia in provincia di Cosenza.

 

 

Le donne venivano collocate in appartamenti a Rende dietro il corrispettivo di 50 euro al giorno per ogni donna.

Uno di loro fungeva da «tassista tuttofare» accompagnando le prostitute e fornendo l’occorrente per il loro lavoro.

Una donna, oltre a prostituirsi, si adoperava a reclutare altre donne.

All’alba di oggi la squadra mobile della Questura di Cosenza, con il supporto del Reparto Prevenzione Crimine Calabria Settentrionale, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale emessa il 28 dicembre scorso su richiesta della procura di Cosenza guidata da Mario Spagnuolo, a carico di sette persone ritenute responsabili, a vario titolo, di favoreggiamento e sfruttamento aggravato della prostituzione.

Per quattro persone, 3 italiani ed una brasiliana, il giudice per le indagini preliminari ha disposto gli arresti domiciliari, mentre per le altre ha disposto la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per una ecuadoregna e due romeni.

Dalle indagini, partite nel maggio 2017, è emerso che le prestazioni sessuali venivano pubblicizzate attraverso annunci sul web sfruttando in particolare donne straniere.

Pubblicato in Cosenza

prostituzioneAmici miei carissimi oggi sono costretto a raccontarvi una storia non brutta ma bruttissima che non avrei mai voluto raccontarvi. E’ la triste storia di una bambina di appena nove anni, quando tutte le altre bambine del mondo giocano ancora con la bambola, costretta, cosa ancora più grave e orribile, dai propri genitori a prostituirsi, a volte anche alla loro presenza. Una bambina di 9 anni venduta anche al costo di 5 euro. Lo scandalo non è grave, è gravissimo, perché a provocarlo sono stati i genitori di questa bambina innocente, fragile, inesperta e aperta al bene ,che, per natura e per funzione, erano tenuti a proteggerla. Una violenza ignobile consumata tra degrado e miseria che segnerà per sempre questa bambina nata e cresciuta in un piccolo paese del palermitano. Ma questi scandali ormai non fanno più notizia, vengono relegati nelle pagine interne dei giornali. Ogni giorno, purtroppo, siamo costretti a leggere fatti di cronaca raccapriccianti di bambine e fanciulle avviate alla prostituzione, usate per divertire gli adulti, di vite e di innocenze violentate. Dio mio come siamo caduti così in basso. Una volta non era così. C’era fame e c’era miseria,ma nelle famiglie regnava l’amore, la pace e la concordia. E questi scandali no si verificavano. Ricordo la mia infanzia e la mia adolescenza e guai se qualcuno avesse osato minimamente scandalizzarmi e approfittare della mia innocenza. Ora il padre e la madre della bambina sono stati arrestati dai Carabinieri di Partinico in Provincia di Palermo con una accusa gravissima: violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione minorile. Oltre ai genitori sono stati anche arrestati due uomini anziani, amici di famiglia, con i quali la bambina ha avuto rapporti sessuali a pagamento. E’ stato un uomo a denunciare questo scandalo dopo aver visto la piccola appartarsi in aperta campagna con uno degli uomini indagati. Ha subito denunciato il fatto ai Carabinieri e sono così partite le indagini. Dalle indagini è emersa questa brutta storiaccia. E’ emerso anche che quando la piccola si appartava con i due uomini anche il padre e la madre abbiano assistito agli incontri a pagamento che alcune volte avvenivano finanche nella loro abitazione. La bambina ha raccontato tutto agli investigatori. Non mi sento di raccontare a voi, amici miei, quello che la bambina ha raccontato. E’ una storia triste e brutta che mi ha molto scioccato e quindi non voglio minimamente rovinarvi la giornata. Ora la bimba è stata allontanata dalla casa dei genitori e affidata a una casa famiglia. I genitori e i due pedofili hanno avuto gli arresti domiciliari. Arresti domiciliari? Meritano il carcere a vita e la chiave della cella dovrà essere buttata a mare. O come disse Gesù buttarli in mare con una macina di mulino legata al collo. Chi scandalizza uno solo di questi bambini sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina di mulino da asino e fosse gettato negli abissi del mare. Gesù non usa mezze parole, ma toni molto duri per condannare chi osa scandalizzare e approfittare dell’innocenza dei bambini.

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Della serie#danon crederci#

Dalla Nigeria per fare le prostitute!

Siamo a Potenza.

Una nigeriana di 27 anni Susan Echefo è stata accusata di essere su Potenza la referente dell'organizzazione di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di giovani donne di nazionalità nigeriana, che aveva il compito di contattare le ragazze e costringerle a rispettare la promessa fatta al momento della partenza.

Le ragazze cioè partivano consapevoli che sarebbero andate a fare le prostitute sulle strade italiane!

Una di loro però aveva denunciato di aver sottoscritto un patto, prima della partenza per Lampedusa e conseguente arrivo a Potenza nel 2016, che le imponeva di dover restituire 30mila euro del viaggio attraverso l’attività di prostituta.

Le indagini successive concentrate sugli ambienti della prostituzione e portate avanti dagli agenti della Sezione Criminalità Straniera della Squadra Mobile del capoluogo.

Le risultanze delle indagini hanno evidenziato il collegamento delle ragazze nigeriane con collaboratori locali, che curano l’arrivo delle ragazze, finanziandone il loro viaggio e recuperando poi i soldi dall’esercizio della prostituzione.

I dettagli dell’operazione sono stati spiegati stamattina in Procura, dal Procuratore Francesco Basentini e dal Sostituto Procuratore Valentina Santoro.

In carcere la donna nigeriana Susan Echefo , ai domiciliari Salvatore Grippo, 61 anni. Mentre è stato sottoposto all’obbligo di presentazione Mammbye Ndong, anche lui nigeriano, di 37 anni.

Come sottolineato dal Procuratore Basentini, l’italiano arrestato intratteneva rapporti con alcune ragazze ed era anche impegnato in un’illecita attività di organizzazione delle prestazioni sessuali, organizzando, insieme a Ndong, la pianificazione degli incontri.

Anche mediante servizi d’intercettazione, gli inquirenti hanno scoperto che venivano riscossi dai 20 ai 30 euro per prestazione.

Le indagini hanno appurato che la donna arrestata si spostava sul territorio per controllare le ragazze, offriva informazioni sui luoghi dove sostare per sfuggire alla Polizia e forniva anche alle ragazze delle pillole abortive.

Una operazione che non affronta il problema della tratta delle nigeriane che resta camuffato dalla migrazione .

Un fatto questo che resta una vergogna.

Pubblicato in Italia

Lamezia Terme - Un cittadino bulgaro residente a Rosarno, Giorgiev Asen Plamenov, di 27 anni, è stato arrestato dalla Polizia locale lametina con le accuse di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

 

L'uomo, già noto alle forze dell'ordine per reati contro la persona, era controllato da circa un mese dal nucleo di polizia giudiziaria della Polizia Locale perché sospettato di far prostituire una ragazza. Plamenov è stato quindi bloccato in flagranza di reato ed arrestato.

 

Nella mattinata di ieri, l'ipotesi investigativa è stata riscontrata e Plamenov, colto in flagranza di reato, è stato bloccato dal personale della Polizia di Stato.

Dell'arresto è stato informato il Sostituto Procuratore di turno, Marta Agostini, che ha disposto l'accompagnamento di Plamenov presso la  Casa Circondariale di Catanzaro.

 

Dopo le formalità di rito l'arrestato è stato tradotto al carcere di Catanzaro a disposizione del Pm.

L’arresto è avvenuto in Piazza Locomotiva a Sant’Eufemia.

L’arresto è scaturito a seguito di un’attività info-investigativa, da parte della Polizia Locale di Lamezia guidata dal dirigente Salvatore Zucco.

Pubblicato in Lamezia Terme

E’ lo sfogo social dell’ex deputato Franco Laratta, attualmente consigliere d’amministrazione dell’Ismea, che scrive poche ore fa sulla sua pagina Facebook, queste poche righe, emblematiche di un fenomeno e di un disagio.

  

La prostituzione è evidentemente diffusa nelle zone della statale 18, che vanno da Campora San Giovanni fino a Nocera per poi proseguire a Gizzeria e in alcune zone della statale ricadenti nel comune di Lamezia e di Pizzo.

Un fenomeno che il nostro giornale, come altre testate hanno già più volte posto all’attenzione di tutti, adesso lo fa un personaggio pubblico e vogliamo riecheggiare le sue parole decise e riprendere anche le foto troppo eloquenti.

Statale 18, tra Nocera Marina e Campora San Giovanni.

Sono le 13 di oggi.

 

E siamo in un’area di grande attrattiva turistica.

Lo spettacolo – scrive franco Laratta – è a dir poco indecente e indecoroso. Decine le prostitute a bordo strada.

Tutte giovanissime.

Una di loro mima gesti ai limiti del pornografico, davanti ad una lunga fila di auto ferme ad semaforo.

Va bene tutta la tolleranza possibile, ma questo è veramente troppo.

E si ripete ogni giorno, da tanto tempo.

Nessuna autorità o istituzione ritiene di intervenire?

NdR. Ma Franco Laratta è l’unico che passa dalla SS18? Ed è l’unico che apre gli occhi per vedere quanto succede ? Od, infine, è l’unico che si interessa di quanto avviene sulla nostra strada?.

Nessun altro vede e parla.

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Dice Maria Spilabotte, senatrice del PD, :” Credo che il nostro Paese oggi debba dotarsi di una legge che regolamenti l’esercizio della prostituzione, andando oltre la legge Merlin del 1958, oramai obsoleta ed inadatta. Una regolamentazione in tal senso è necessaria perché non regolamentare o peggio, proibire, produrrebbe solo una sostanziale indifferenziazione tra libere scelte di autodeterminazione e prostituzione coatta, sfruttata e gestita dalle organizzazioni criminali di tutto il mondo che nel nostro paese gestiscono la tratta delle donne, soprattutto minori, sfruttandole, soggiogandole, sottoponendole a violenze indicibili attraverso l’impiego della minaccia. Scegliere di non affrontare questo problema significherebbe solo favorire indirettamente la malavita e sarebbe anche un indirizzo contrario rispetto alla strada indicata dall’UE, considerando che il Parlamento europeo, la scorsa settimana, riunito in seduta plenaria a Strasburgo, ha approvato una risoluzione sulla lotta al crimine organizzato. Auspico quindi – conclude la senatrice del Pd - che a partire da oggi, dopo la ratifica della convenzione quale strumento internazionale in grado di vincolare giuridicamente gli Stati alla tutela dei diritti delle donne, il parlamento si faccia carico di aprire una seria e proficua discussione sull’argomento nel rispetto delle libere scelte delle donne e nel contempo per il contrasto al fenomeno della tratta delle donne ai fini dello sfruttamento sessuale e quindi di lotta alle organizzazioni criminali e malavitose che nel nostro paese investono in questo settore approfittando di una mancata regolamentazione accumulando immani ricchezze che alimentano altri traffici illeciti”.

Coerentemente, la senatrice del PD Maria Spilabotte ha presentato un ddl per regolamentare la prostituzione. La proposta prevede: iscrizione alla Camera di Commercio, con tanto di Partita IVA, patentino, certificato di qualità e anche la possibilità di unirsi in cooperativa per esercitare insieme, nello stesso edificio, la professione più antica del mondo.

Il ddl propone che le prostitute saranno libere di esercitare la professione, ma come per ogni attività o professione si dovranno rispettare alcune regole.

Solo così si potrà esercitare una lotta spietata contro la tratta delle schiave del sesso, contro chi induce alla prostituzione contro la volontà della persona.

Venendo a mancare l'alibi che è impossibile estirpare la professione più antica del mondo, grazie al quale si è generata una sorta di lassismo, di cui ne approfittano moderni trafficanti di schiave, spesso ragazzine, mafiosi, magnacci, potrà essere esercitata una lotta senza quartiere alla prostituzione illegale, senza più bisogno di denuncia di parte, con misure di sostegno per il reinserimento di chi è caduta nella rete dei trafficanti di schiave.

Ovviamente la proposta solleva forti reazioni. Si sta generando un forte dibattito e fioriscono le controproposte o gli emendamenti.

Vi faremo sapere chi sarà contro!

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