Il Caso della settimana. Il progetto «L’Aquilone Lilla» gestito dalla coop Punto d’Approdo è sostenuto dalla Provincia. Fenomeno stabile Il direttore Andrea Gentilini: «Attenti al fenomeno internet che non è controllabile. Le case chiuse? Hanno già fallito in molti altri paesi»
Trento. Il fenomeno della prostituzione a Trento viene monitorato anche dalla Provincia, attraverso il Servizio Politiche sociali che sostiene il progetto «L’Aquilone Lilla» gestito dalla cooperativa Punto d’Approdo. L’iniziativa vede impegnata una unità mobile che si rivolge a prostitute di strada o in appartamento ed è finalizzata a stabilire un contatto con le donne offrendo loro aiuto e supporto, sia sanitario che informativo.
Il bilancio 2018
Il bilancio di un semestre del 2018 vede 23 uscite effettuate e 90 persone incontrate: 25 nigeriane, 22 sudamericane, 38 dell’Est Europa, 4 italiane e 1 cinese. In termini generali, il Servizio Politiche sociali ritiene che il fenomeno della prostituzione a Trento sia stabile o tendenzialmente in diminuzione. Per quanto riguarda le donne dell’Est si tratta di ragazze molto giovani che si trovano in condizioni di vulnerabilità per la tutela della loro salute e per le condizioni di vita. Viene confermata una certa stabilità nel numero delle nigeriane, forse le più sfruttate. Sono presenti (soprattutto nelle fasce diurne) anche donne Rom molto giovani e con minore visibilità da parte dei servizi. Secondo la Provincia esiste una «diffusa condizione di fragilità, connessa ad analfabetismo, difficoltà di comprensione della lingua italiana che determinano possibili dipendenze da altri soggetti».
Il direttore del Punto d’Approdo di Rovereto - Andrea Gentilini - spiega che sulla strada il fenomeno della prostituzione è tutto sommato sotto controllo: «Tutti i dati che ci provengono dalle uscite delle nostre unità mobili ci riportano ad una situazione stabile. Il vero problema al quale assistiamo oggi è invece la prostituzione sommersa, una punta dell’iceberg, che avviene prevalentemente in appartamenti dove è difficile arrivare anche per noi».
I rischi dentro casa
Gentilini conferma una realtà già descritta (Trentino di ieri) da Fernanda Alfieri, responsabile dell’altra associazione che si occupa del fenomeno (L’Altra Strada di Villa Sant’Ignazio) secondo la quale lo sfruttamento delle donne che si prostituiscono dentro casa può arrivare a livelli anche superiori rispetto a quanto non avvenga lungo le strade, dove comunque una qualche forma di controllo è possibile. «E oggi per gli appuntamenti in appartamenti a farla da padrone è internet, il che rende il fenomeno ancora più incontrollabile e nebuloso: chi può sapere, infatti, chi si nasconde dietro ad un numero di telefono che troviamo in rete? Quando leggiamo cinque annunci sul web possiamo sapere se sono riconducibili a 1 o 5 ragazze? È molto difficile».
Case chiuse? Non funzionano
Il dibattito di questa settimana trae origine dalla discussione andata in scena la scorsa settimana in consiglio comunale a Trento sulla riapertura delle case chiuse. Ipotesi alla quale guarda con forte perplessità il direttore Gentilini: «Io non la considero una soluzione del problema. E non lo dico solo io, ma le tante altre esperienze in giro per l’Europa dove, nonostante le case chiuse, il fenomeno non è stato nè controllato nè contrastato. L’unico modo che noi abbiamo per tentare di ridurre lo sfruttamento della donna è quello di lavorare dal punto di vista culturale rafforzando l’idea del rispetto della donna».
fonte notizia giornaletrentino.it