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Redazione TirrenoNews

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La storia dei commerci ad Amantea è antichissima, è cominciata con lo scambio di ferro con bronzo e dura da millenni. Tutto grazie ad un porto, all’artigianato locale, all’agricoltura della zona.

Oggi, invece, il commercio sta vivendo un momento difficile. E la attuale rete, sovradimensionata rispetto alla popolazione residente, trovava la sua vitalità nella presenza dei turisti, nel mercato domenicale, nell’attrazione di utenza da fuori città, grazie ad una città aperta ed ospitale e ad un servizio commerciale altamente completo e professionale. Ma non sembra sia più così!

I consumi si sono contratti. E questo significa che il volume d’affari complessivo non è in crescita come successo finora.

Il turismo è in forte calo. E questo significa che manca quella addizione economica alla quale eravamo abituati e che era indispensabile alla nostra economia ai nostri esercizi commerciali.

L’edilizia è ferma e con esso il mercato delle seconde case che da sempre hanno reso la città economicamente forte( lavoratori edili, artigiani, manutentori)

L’attrattività che storicamente la città ha esercitata non è più come prima, si è fortemente contratta, la città non esercita più il fascino degli anni sessanta-ottanta. Amantea non è più la bella cittadina per vedere il mare, trascorrere il week and, non offre quasi niente. Già, perché venire ad Amantea, perchè comprare ad Amantea?

Tanto più che la rete commerciale esterna ad Amantea è fortemente migliorata e per taluni versi è più completa di quella amanteana.

Ed altri mille fattori incidono . Per esempio il costo della benzina sempre più alto, il traffico caotico, i photored, le tasse ed i canoni che sono diventati abnormi, eccetera.

La colpa quindi di questa difficile situazione che rischia di vedere la città sterilizzarsi è certamente della difficile situazione economica generale, della mancanza di reddito da lavoro, di un futuro incerto, ma anche di una città che questa volta non sembra saper reagire come altre volte in passato.

Eppure Amantea ha ancora tesori da poter spendere per ridiventare quella cittadina da sogno che tanti vorrebbero abitare, ma ci vuole chi sappia “porli in uso” e “cederli” a chi ancora ama questa antica cittadina dalla tanta storia.

Subito, prima che sia troppo tardi!

Angelina Romano martire innocente e dimenticata.

Venerdì, 16 Agosto 2013 12:44 Pubblicato in Longobardi

Longobardi. Oggi che i TG ed i giornali sono stracolmi di quanto avviene in Egitto, con foto e filmati degli orrori di una guerra civile e religiosa , pensiamo che anche tutto quello che è successo da noi in Italia sia stato quanto meno noto, risaputo, ricordato.

Niente di meno vero. E ve lo proviamo.

Per esempio sapete chi erano Angelina Romano, di anni 9, Antonio Colucci, di anni 16 , Antonio Orsolino, di anni 12?

No, vero! Ed infatti!

Angelina Romano, di nove anni, fu fucilata a Castellammare del Golfo in provincia di Trapani, per brigantaggio.

Antonio Colucci, di anni 16, fu fucilato anche lui per brigantaggio

Antonio Orsolino, di 12 anni, fu anche lui condannato alla fucilazione per brigantaggio.

Don Paolo Capobianco, prete di Gaeta morto alla veneranda età di 99 anni, ci raccontava di un pastorello fucilato a Monte Sant'Agata, collina di Gaeta. Il ragazzo, pare avesse solo 8 anni, e fu fucilato perchè trovato con scarpe per lui grandi, ma piemontesi. Le aveva tolto dai piedi di qualche soldato morto.

Sono quattro dei tanti martiri della guerra dell’Unità d’Italia.

Ve ne raccontiamo una sola, quella di Angelina

Siamo in Sicilia. E’ Il 1961, l’Italia è unita. Viene emanata la legge sulla leva militare obbligatoria.

Ma i siciliani non volevano arruolarsi a forza e restare nell’esercito per sette anni abbandonando famiglia e campi. E così molti giovani chiamati alle armi si diedero alla macchia, trovando rifugio sulle montagne che sovrastano Castellamare del Golfo, piene di anfratti naturali e grotte.

Peraltro i ricchi pagavano e non prestavano servizio militare. Due pesi e due misure.

E così tanti siciliani si stancarono di questa situazione ed insorsero contro il potere piemontese. Era il due gennaio 1862 quando si radunarono circa 400 giovani, armati come capitava, e verso le ore 14 dello stesso giorno , entrarono senza paura in paese al grido “nuautri avemu na parola sula e un canciamu bannera”, assalendo l’abitazione del commissario di leva Bartolomeo Asaro e del comandante della Guardia Nazionale Francesco Borruso, due emblemi dell’odiato governo che furono trucidati e le loro case bruciate.

La furia vendicativa dei piemontesi non si fece attendere e l’indomani da Palermo furono inviati interi battaglioni di soldati, sia via terra quanto via mare. Nel porto di Castellamare ben due navi da guerra sbarcarono sin dall’alba centinaia di bersaglieri al comando dell’oscuro generale Quintini, già garibaldino della prima ora e che aveva fatto rapida carriera grazie alla sua crudeltà.

I bersaglieri diedero subito la caccia agli insorti, mentre la gente abbandonava in gran fretta il centro abitato e i giovani disertori si dileguavano. Le truppe regie, nei loro frenetici rastrellamenti riuscirono a trovare in contrada Villa Falconeria, un gruppetto di gente, che forse si era ritirato in quella campagna per evitare qualsiasi coinvolgimento negli scontri.

E qui il generale Quintini in persona ed una compagnia di bravi bersaglieri piemontesi, non avendo altri prigionieri e dopo un sommario interrogatorio, adempirono in nome e per conto di Sua Maestà il Re d’Italia Vittorio Emanuele II di Savoja al loro compito di giustizia, fucilando tutta quella gente, senza processo e con la scusa che erano parenti dei disertori.

Furono uccise sette persone: Don Benedetto Palermo, di anni 43, sacerdote; Mariano Crociata, di anni 30; Marco Randisi, di anni 45; Anna Catalano, di anni 50; Antonino Corona, di anni 70; Angelo Calamia, di anni 70.

E poi il loro capolavoro, davanti al plotone d’esecuzione venne portata e fucilata la bambina Angelina Romano, di appena 9 anni accusata come gli altri di brigantaggio. Erano le ore 13 di venerdì 3 gennaio 1862.

Oggi 151 anni dopo Angelina Romano viene ricordata a Longobardi grazie al Consigliere comunale di minoranza Franco Gaudio ed al sindaco Giacinto Mannarino.

Il Comune di Longobardi le ha titolato una strada!

La Calabria è famosa per avere stabilizzato sempre gli assunti precari in quella logica scientifica della quale hanno approfittato in tanti, al punto che si diceva” nessuno mai è stato licenziato”. Insomma i Santi esistono, e se sono Santi prima o dopo il miracolo lo fanno. Salvo le Procure

Sembra sia successo questo al personale facente parte della cosiddetta “task force per l’ambiente”.

Secndo la Procura,     questo personale aveva contratti a tempo determinato presso il ministero dell’Ambiente, poi è stato illegittimamente assunto dall’Arpacal e quindi assegnato all’assessorato Politiche ambientali della Regione.

Lo avrebbero fatto e per questo sono accusati di abuso d’ufficio ed iscritti nel registro degli indagati:

-Vincenzo Mollace, ex direttore generale dell’Arpacal;

-Giuseppe Graziano, ex dirigente generale del dipartimento Politiche dell’ambiente della Regione Calabria;

-Francesco Caparello, all’epoca dei fatti dirigente del settore Personale dell’Agenzia regionale;

-Luigi Luciano Rossi, ex direttore amministrativo della stessa Arpacal;

-Antonio Scalzo, ex direttore scientifico dell’Agenzia, oggi consigliere regionale;

-Sabrina Santagati, ex direttore generale dell’Arpacal;

-Rosanna Squillacioti, all’epoca dei fatti dirigente di settore del dipartimento Politiche ambientali della Regione Calabria, attuale direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria-

I fatti indagati si sarebbero verificati tra il 2008 e il 2010.

La stabilizzazione della task force per l’ambiente sarebbe illegittima. Come tante altre, forse!

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