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Le antiche tradizioni della Settimana Santa

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La nostra amata Italia è composta da oltre 8.000 comuni e in ogni comune, sia esso grande o piccolo, si svolgono regolarmente i riti della settimana Santa.

Ogni comune ha il proprio rito e non c’è paese, anche il più piccolo, che non abbia la processione del Venerdì Santo, con Cristo morto seguito dalla Madonna Addolorata.

I riti, le tradizioni, le processioni sono molto sentite in Calabria, specialmente dalle nostre parti. Quando si tratta di celebrare i riti del Venerdì Santo le Confraternite sono sempre in prima fila. In Amantea in particolare sono ancora vive e operanti.

Le cose che mi hanno sempre colpito sono i vestiti lunghi che indossano i confratelli, la mantellina, lo stemma con l’effigie del Santo, il bastone come emblema dell’autorità dei superiori della Confraternita e la corona di spine sulla testa.

Ma andiamo con ordine.

Il Giovedì Santo inizia il triduo Pasquale. In tutte le chiese parrocchiali si celebra la Messa in “Coena Domini”.

La sera prima della sua passione il Signore istituisce il sacramento dell’Eucaristia e del Sacerdozio.

Ha anche luogo la rievocazione della lavanda dei piedi.

Al termine di tale celebrazione i dodici apostoli ricevono un pane benedetto e un bicchiere di vino.

Una volta, almeno così si faceva in San Pietro in Amantea, mio paese natale, colui che aveva impersonato l’apostolo Giuda riceveva anche uno schiaffo dal sacerdote.

E Giuda, ogni anno, veniva impersonato dal mitico sacrestano del luogo il compianto Stefano Sconza.

Dopo l’Eucarestia veniva deposta dentro un’urna in un altro altare preparato con rami d’ulivo, fiori e debitamente ornato con piatti di grano, ceci, lenticchie germogliate.

Una volta la gente chiamava questo altare impropriamente sepolcro.

La tradizione popolare voleva che essi venissero visitati dai fedeli.

Il venerdì Santo le campane delle chiese sono mute.

Si ode soltanto il suono delle trocche.

E’ giorno di lutto e di silenzio.

La giornata del Venerdì Santo, però, è senza dubbio quella che coinvolge maggiormente e emotivamente gli animi dei fedeli, specialmente in Amantea, con la processione delle Varette, del Cristo Morto, del Cristo in Croce e della Madonna Addolorata.

Le Varette, tutte di cartapesta, sono nove e sono portate dai ragazzi delle scuole, mentre il Cristo e la Madonna dai confratelli e dai fedeli.

La maggior parte degli uomini segue il Cristo Morto e Gesù in croce, mentre le donne l’Addolorata.

Segue il Cristo morto una delle bande musicali della città di Amantea e tra un canto e l’altro esegue delle marce funebri.

Non sempre sono le processioni a farla da padrone tra i riti della Settimana Santa.

A volte le tradizioni antiche prevedono particolari usanze. A Firenze c’è un carro tirato da due buoi fino al Duomo.

Un filo di ferro unisce il carro all’Altare Maggiore.

Lungo il filo è legata una colomba che porta nel becco un ramoscello d’ulivo.

Al momento del Gloria, l’Arcivescovo accende i razzi e la colombina percorre tutta la navata centrale.

I mortaretti piazzati sul carro prendono fuoco e la colombina ritorna verso l’Altare Maggiore.

Se lo scoppio é perfetto e la colombina compie il percorso per intero, per la città di Firenze si preannuncia un anno positivo. Ma veniamo nella nostra Calabria.

E parliamo della famosa affruntata.

L’affruntata che nel dialetto calabrese significa incontro, è una rappresentazione religiosa che si tiene in alcuni comuni della provincia di Reggio. Famosa è l’Affruntata di Vibo Valentia, di Bagnara Calabra, di Cinquefrondi, di Rizziconi e di Cittanova.

E’ di carattere prettamente popolare con origini pagane.

La manifestazione si svolge per le strade principali dove le statue della Madonna Addolorata e quella di Gesù portate a spalla si incontrano.

Proprio questo vuole simboleggiare: l’incontro della Madonna col Figlio dopo la resurrezione. La corsa, l’incontro e poi lo “sbilanciamento”, la caduta del velo nero indossato dalla Madonna per il lutto che diventa azzurro, sono i momenti salienti della manifestazione.

A Nocera Tirinese, invece, uno dei principali avvenimenti della Settimana Santa sono i cosiddetti “Vattienti”.

Alcuni fedeli, i cosiddetti “penitenti”, durante le processioni di rito si flagellano le gambe con pezzi di vetro, fino a sanguinare.

Poi percorrono le vie del paese visitando le case di parenti e amici ricevendo del vino che viene versato sulle ferite come disinfettante.

E’ un rito che risale al 1473 e in passato finanche condannato dal Vaticano.

E’ un antichissimo e suggestivo rito, una tradizione che si tramanda da padre in figlio.

Questo rito a me non piace e non ho mai voluto assistere fino ad oggi a nessuna cerimonia.

E’ un rito, forse inspiegabile, ma ricco di fascino che rende la Calabria terra di tradizioni millenarie con radici che si perdono nella notte dei tempi.

di Francesco Gagliardi

Redazione TirrenoNews

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