Riceviamo e pubblichiamo:
Egr. Direttore,
ho sentito il bisogno, oltre che il dovere, di scriverLe per associarmi a tutti coloro che hanno condannato il vandalico, vile, gesto al monumento ai caduti della Grande Guerra di codesta città riducendolo nelle condizioni in cui lei lo ha mostrato attraverso l’articolo dal titolo: «Ma che senso ha avuto morire per la Patria, se…».
Interrogativo, questo, che andrebbe posto a chi?
La crisi di genitorialità, che da anni imperversa, oramai non insegna più valori.
Avevano più valori i ragazzi di quel tempo: i così detti “ragazzi del 99” rispetto a coloro che, salvando le dovute eccezioni, hanno commesso la scelleratezza che, a loro volta, sono figli/nipoti dei “ragazzi del 68”.
Se misero è quel popolo che non ha storia e miserrimo è quello che la sua storia la tiene obliata o negletta, che popolo sarà mai quello che la sua storia la oltraggia e la infanga?
Quei monumenti furono eretti, oltre che per onorare i caduti, a simbolo della Nazione Italia. Già, si Nazione, perché se all’epoca l’Italia era unita e sebbene mancasse il nord-est, solo con quella guerra si è fatta Nazione perché mise insieme i contadini del sud con quelli del nord; la pasta con la polenta e l’olio col burro.
In prosieguo approfitterò della sua cortese ospitalità per esporre fatti e conseguenze di quella guerra e relativi alla città, la provincia e la regione.
Cordiali saluti.
Ferruccio Policicchio