Le differenze tra Nord e Sud Italia sono le opportunità di trovare lavoro e la qualità dell’occupazione. In particolare, l’instabilità e le basse remunerazioni, indicati come aspetti problematici da oltre la metà dei giovani occupati nel Meridione.
Va sottolineata anche la sfiducia, delle nuove generazioni meridionali, verso le classi dirigenti regionali e nelle prospettive future di miglioramento. Ciò che ne deriva è che per i giovani del Sud risulta molto più perentoria la decisione tra rimanere, ma dover rivedere al ribasso le proprie aspettative lavorative e i propri obiettivi di vita, o invece andarsene altrove.
Sono giovani e meno giovani, ci sono chi studia e chi lavora, molti che si arrangiano. Sono un pezzo di questa parte dell’Italia, quelli che producono la ricchezza che altri si dividono, quelli che fanno andare avanti le cose, quelli che si mantengono onesti mentre pochi arraffano tutto. Sono quelli che non sono mai ascoltati, che non hanno amicizie importanti, che non hanno un partito politico di riferimento.
Questi giovani credono nell’impegno e nella collettività, e per questo ogni giorno militano in centri sociali, associazioni, comitati di base, collettivi, sindacati, portando avanti attività sociali, doposcuola gratuiti, ambulatori e palestre popolari, mettendo su reti contro la povertà, cercando di difendere i territori e i centri storici dalle devastazioni, attivandosi quando c’è un terremoto o un’emergenza.
Appartengono a quell’Italia che la televisione e i mass-media in genere non raccontano, perché fa più comodo rappresentare un paese di individui isolati, depressi e arrabbiati che si fanno la guerra fra di loro, piuttosto che il paese solidale, che nella crisi sta imparando l’aiuto reciproco, a rispondere insieme ai bisogni, a denunciare gli speculatori, i politici corrotti, le inefficienze, gli sprechi.
Questi giovani non sognano di partecipare al “Grande Fratello” o diventare “tronisti” alla corte di Maria De Filippi. Non fanno comodo a nessuno. Chi li governa, dall’Europa al più piccolo paese, vorrebbero farli sparire. Ma esistono, sono vivi e attivi su tanti territori, si fanno e si faranno sentire, diventeranno sempre di più il riferimento che le persone non trovano e non troveranno nelle istituzioni.
Sebbene l'emigrazione sia sempre stata una prospettiva sempre presente per gli italiani, soprattutto per coloro che hanno lasciato il paese all'inizio del Novecento. Oggi, sempre più giovani meridionali pensano che lasciare il proprio paese d'origine sia l'unico modo per sfuggire alle difficoltà economiche e sociali. Questi giovani, però, non sono contadini e braccianti poveri, ma brillanti laureati e altri giovani di talento.
Molti di loro vogliono andare in posti più ricchi, come la Scandinavia o la Germania, ma sono anche disposti ad andare altrove. La maggior parte di loro esprime un senso di infelicità e frustrazione. Non sono sicuri in quale direzione stia andando il loro paese e non si sentono più orgogliosi di essere italiani.
Se ne vanno anche perché pensano che trovare un buon lavoro sia possibile in altri paesi dove tutte le porte sono aperte se sei giovane e dinamico, mentre in Italia tutto è noioso e antiquato. Il sistema economico italiano è in gran parte basato su strutture familiari e anziani che non vogliono rinunciare al potere. La corruzione è anche uno degli incubi duro a morire. Molti esperti di economia affermano che l'Italia sta facendo molto per i suoi anziani ma molto poco per i suoi giovani.
Coraggio amico: questo non sarà un addio, sarà solo non ci rivedremo mai più!
Addio, terra sorgente dall'acque di Ulisse, monti elevati al cielo; cime inuguali, semplici e familiari a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, torrenti, dei quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci antiche delle sirene; casolari sparsi e albeggianti sul pendio, come pecore pascenti; addio!
Gigino A Pellegrini & G elTarik