Su quasi tutti i giornali italiani la scorsa settimana nelle prime pagine sono comparse le tende piantate dagli studenti universitari fuorisede che frequentano le maggiori e più prestigiose università italiane. Protestano per i cari affitti. A me che ho una certa età mi hanno risvegliato antichi ricordi: gli anni della frequenza della scuola media in un paese diverso e lontano dal mio che per raggiungerlo dovevo percorrere 7 chilometri a piedi, perché allora non c’erano mezzi di trasporto, corriere, scuolabus. Ogni tanto passava un calesse, qualche carro tirato dai buoi e i traini dei fratelli Pizzini di Amantea. Siamo nel 1946. La seconda guerra mondiale era finita da poco. Avevo completato gli studi elementari e mia madre mi fece partecipare agli esami di ammissione alla scuola media. Per accedere alla scuola media bisognava superare gli esami di ammissione. Un tema, un dettato e un problema e poi gli esami orali con recita di poesie, storia, geografia. Li ho superati brillantemente( ero stato preparato dalla maestra Lillina Luciani) e il primo ottobre del 1946 incominciai la scuola media parificata di Amantea. Indossavo ancora pantaloncini corti e scarpe che il maestro Ciccio u scarparo mi aveva confezionato con le bullette nelle suole per non consumarle. La scuola media di Amantea era l’unica scuola che esisteva allora nel circondario e raccoglieva gli alunni dei paesi viciniori: Falerna, Serrra, Cleto, Belmonte Calabro, Longobardi e San Pietro in Amantea. Anche qualche alunno di Lago e di Aiello Calabro. I miei compagni di classe erano la maggior parte di Amantea centro. I compagni di Falerna, Belmonte e Longobardi arrivavano a scuola col treno. Io, invece, durante tutto l’anno scolastico, da ottobre a giugno inoltrato, dovevo percorrere 7 chilometri all’andata e 7 chilometri al ritorno, sempre a piedi. Allora la maggioranza degli alunni che voleva frequentare la scuola media doveva fare molti chilometri a piedi attraversando boschi, campi coltivati, torrenti, fiumare e fiumi e c’erano, invece,pochi alunni, solo qualche centinaio di metri. Scendere al mattino dalla Variante e da Cannavina lungo le scorciatoie per raggiungere l’edificio scolastico Garibaldi era una bazzecola. Al ritorno, per risalire, ci voleva più tempo. Dopo 5 ore di studio eravamo stanchi, la borsa era piena di libri, pesava e pure l’ombrello e il cappotto. Ricordare quei tempi e quei lunghi viaggi per raggiungere la scuola ai ragazzi di oggi può sembrare un racconto intriso di fantasia. Ma quale fantasia! Nell’immediato dopoguerra se volevi frequentare la scuola dovevi fare enormi sacrifici. Pioggia, vento, freddo, gelo e caldo non mi hanno mai fermato.
Allora non c’erano ancora i pullman, gli scuolabus che trasportano gli studenti a scuola. C’era una corriera scalcinata della Ditta Santelli che partiva da Amantea alle 6,30 di mattino e raggiungeva Cosenza alle ore 8. Ripartiva da Cosenza alle ore 14,00. Sempre presente a scuola. Non mi sono mai lamentato. Agli esami di licenza media risultai il primo della classe. Oggi, a pensarci bene, però, debbo dire che i miei compagni di classe erano alunni privilegiati. Si alzavano la mattina due ore dopo di me, non arrivavano a scuola sudati o bagnati, non dovevano percorrere sentieri di campagna, all’uscita di scuola trovavano pronto il pranzo. Io, invece, dovevo alzarmi presto la mattina e spesso d’inverno arrivavo a scuola tutto bagnato. In classe non c’erano i termosifoniper poter asciugare i calzini e i pantaloni. Non c’era ancora il diritto allo studio ed io avevo scelto di frequentare quella scuola che al mio paese ancora non c’era. Venne istituita come sede staccata di Amantea nell’anno 1963. In quel lontano 1946 ero il solo ragazzo del mio paese che era iscritto alla scuola media. Poi si iscrissero i fratelli Lupi, Emilio e Saverio, mio cugino Palmerino Sesti, Ernesto Cadetto, Sante Lorelli e Alfonso Belsito. I fratelli Lupi, Annibale e Aurelio, figli dei maestri Giovanni e Dolores Carusi, furono iscritti alla scuola media del Convitto Nazionale a Cosenza e Michele Policicchio, figlio del farmacista Pasquale, fu iscritto alla scuola media del Collegio Arcivescovile di Cosenza. Mamma Teodora e mia sorella Anna erano fiere di me. Anche il prete Don Giovanni Posa era fiero. E pure i contadini e i braccianti agricoli che venivano a giornata nelle nostre campagne. Dicevano: finalmente abbiamo uno che studia. Non dovrà zappare la terra per campare e fare enormi sacrifici.