In virtù del modo di dire “beata ignoranza”, suppongo che la curiosità faccia parte di molti di noi ma spesso viene associata ad un piccolo o grande sacrificio, cioè l’azione necessaria a togliersi quel dubbio. È molto più facile e meno stressante essere ignoranti in determinati contesti, poi dobbiamo anche considerare il contesto familiare e sociale in cui una persona cresce, se l’ambiente che ti circonda non ti da i giusti stimoli non ti viene proprio da approfondire alcun argomento, stai bene come stai, da lì “beata ignoranza”
Etimologicamente proviene dal latino “cura”, e già questo è molto indicativo: significa la partecipazione, l’attenzione, l’interessamento, la sollecitudine, riconducibile nel senso più ampio al coltivare la vita e all’amore.
“Non essere troppo curioso!“, mia madre di solito mi diceva, o “La curiosità uccide il gatto” sono frasi molto usate nel Meridione, come una specie di ammonimento, un “consiglio d’amico” o addirittura una regola educativa, che presumono una sorta di pericolo nella curiosità.
Fin da ragazzino ho sempre voluto sapere tutto o nulla. Niente compromessi. A questa mia rigida posizione passionale, la ragione è sempre stata impotente nel cercare di rispondere. Questa mia richiesta è forse all’origine della mia meridionale “malinconia”, che cerca e non trova.
La mia, di curiosità, è sempre un desiderio urgente che sento di volerne sapere di più su qualcosa. Se trovo un diario in un bar, la curiosità mi fa venir voglia di guardarci dentro, sebbene il rispetto della privacy mi spinga a non farlo.
La curiosità è lo stato dell'essere curioso: in cerca di informazioni, interessato, pronto a tutto pur di capire e conoscere qualcosa. L'etimologia della parola ha a che fare con la parola latina "cura", sollecitudine, ad indicare proprio la voglia e l'urgenza di sapere qualcosa. Se anche tu sei un essere curioso, ti invito a metterti alla prova.
Il mondo di oggi è purtroppo lo specchio dei mediocri a capo dell’irrazionale che lo “dirigono”, probabilmente verso il nulla. Se i “creativi” che, attraverso il loro “fare” da una parte, pensano di contestare la realtà, sanno, (è auspicabile) che dall’altra, ad essa si sottopongono. Meglio abbandonarmi all’oblio come fa Robert De Niro in una scena indimenticabile di “C’era una volta l’America” di Sergio Leone.
De Niro che entra in una sala di fumatori d’oppio e si toglie con grande dignità quel suo cappotto sgualcito e quel cappello sfoderato, prima di sdraiarsi e perdersi nell’oblio. In quel momento lui è la rinuncia a scoprire, a sapere. Ciò che mi rimane addosso è l’odore di quel tessuto e del vissuto che i suoi occhi socchiusi e il suo incredibile sorriso mi hanno trasmesso. Null’altro.
Gigino A Pellegrini & G elTarik