Ieri 19 luglio Amantea ha dimostrato di essere viva.
E lo ha fatto con semplicità, ma, insieme, con forza.
Nel pomeriggio con una cerimonia di un gruppo di amici di Falcone e Borsellino che hanno assistito alla posa di un mazzo di fiori, sulla nuda terra, simbolo del luogo dove anche gli eroi giacciono, come da 25 anni i due magistrati, da parte di un giovanottino che ha voluto dedicare a Paolo Borsellino la sua tesina di licenza di scuola media.
Uno dei pochi, se non l’unico nella nostra cittadina.
Si chiama Umberto De Luca ed era insieme al fratellino più piccolo (vedi prima foto)
In serata con una cerimonia ben più importante organizzata dall’amministrazione comunale di Amantea che ha porto ai due eroi un altro mazzo di fiori.
Una cerimonia molto partecipata, presentata da Enzo Giacco e durante la quale sono stati recitati passi relativi ai due celebrati eroi.
Poi in serata su RAI 1 il pregevolissimo docufilm firmato da Attilio Bolzoni, scritto da Salvo Palazzolo, Emilio Fabio Torsello, Diana Ligorio, che ci ha tenuto incollati allo schermo per quasi un ora, ricordando quei dolorosi momenti per le famiglie e l'Italia tutta intera.
Un film che ha emozionato e che è stato il programma più visto di mercoledì 19 luglio 2017.
Un film che ci impone di chiederci il perché del sacrificio di questi due Guerrieri, ed ancora se esso sia stato vano o meno.
Guerrieri che tutti vorremmo fossero ancora qui con noi per avere oggi un Italia migliore.
Di questo straordinario documento filmico è indimenticabile la frase del fratello di Paolo il quale ha ricordato che il Giudice Paolo Borsellino aveva fretta e continuava a ripetere a colleghi e familiari “Non ho tempo, no rimane poco tempo”.
Il magistrato era perfettamente consapevole che il suo destino era segnato e diceva “La domanda è quando mi ammazzeranno, non se mi ammazzeranno”.
Eppure è andato incontro alla morte forte della fede che lo ha sempre assistito , emulo di quel Cristo che takuni dimenticano.
Non solo i colleghi di Caltanissetta, che stavano per interrogarlo, ed ai quali avrebbe fatto i nomi dello Stato colluso, ma anche gli uomini di Cosa Nostrasapevano delle confidenze del suo amico Giovanni Falcone.
Cosa Nostra era a conoscenza di quell'appuntamento, delle tante cose che Paolo Borsellino avrebbe detto ai magistrati di Caltanissetta.
Del resto era stato proprio a preannunciarlo, un mese esatto rima della sua morte, il 19 giugno 1992, nell'atrio della Biblioteca Civica di Palermo, in un convegno organizzato da Micromega per rendere onore alla memoria di Giovanni Falcone.
"Quindi- proseguì il magistrato- io questa sera debbo astenermi rigidamente - e mi dispiace, se deluderò qualcuno di voi - dal riferire circostanze che probabilmente molti di voi si aspettano che io riferisca, a cominciare da quelle che in questi giorni sono arrivate sui giornali e che riguardano i cosiddetti diari di Giovanni Falcone.
Per prima cosa ne parlerò all'autorità giudiziaria, poi - se è il caso - ne parlerò in pubblico.
Posso dire soltanto, e qui mi fermo affrontando l'argomento, e per evitare che si possano anche su questo punto innestare speculazioni fuorvianti, che questi appunti che sono stati pubblicati dalla stampa, sul "Sole 24 Ore" dalla giornalista - in questo momento non mi ricordo come si chiama... - Liliana Milella, li avevo letti in vita di Giovanni Falcone.
Sono proprio appunti di Giovanni Falcone, perché non vorrei che su questo un giorno potessero essere avanzati dei dubbi".
E Borsellino andava fermato.
Vogliamo chiudere ricordando le più belle parole che Borsellino aveva letto il giorno della celebrazione dei funerali di Falcone, parole indimenticabili: “La lotta alla mafia (primo problema morale da risolvere nella nostra terra, bellissima e disgraziata) non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale , anche religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti abituasse a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e, quindi, della complicità”.