Dobbiamo dire che ci mancava la voce libera di El Tarik. Ed ecco che, forse invocata, ci è arrivata. Proprio stamattina.
E senza piaggeria, ve la proponiamo, chiedendovi di riflettere sulla ripetitività della storia (chi oggi contesta il potere è ribelle o brigante?)
Ma passiamo la parola a “Gigiâ€:
“La sera del 27 settembre 2014, in un piccolo paese, Pianopoli, vicinissimo a Lametia Terme, ho respirato l'aria di un venticello fresco e frizzantino mentre ascoltavo il concerto del cantautore Eugenio Bennato insieme ad un gruppo dal nome inequivocabilmente calabrese: i "Mujura". Quel venticello portava con sé un qualcosa di inebriante che ha da subito infiammato le migliaia di persone, che come me e l'amico Perego, erano arrivate da tutto il Sud. Meridionali venuti ad ascoltare le storie di uomini e donne che furono:
RIBELLI O BRIGANTI ?
Sono stati definiti Guerriglieri coloro che in Spagna, nel 1808, si opposero con le armi alle truppe napoleoniche e le loro gesta sono state immortalate nelle tele di Francisco Goya. Patrioti sono stati considerati coloro che seguirono nel 1809 Andrea Hofer e il loro canto di guerra è divenuto l'inno nazionale delle popolazioni tirolesi. Nell’Italia Meridionale, invece, chi nel 1806, rispondendo all'appello degli inglesi ed a quello del proprio sovrano, si oppose all'invasore, è stato definito e continua ad essere definito “Brigante†l’equivalente del “terrorista†dei giorni nostri. Nel 1806 Napoleone Bonaparte, decise di liquidare il regno borbonico. Il corpo di spedizione francese, al comando del generale Massena, varcò i confini dello stato e occupò Napoli. I borbonici cercarono di fermarne l’avanzata, ma, nella battaglia di Campotenese, furono inesorabilmente sconfitti e gli invasori ebbero via libera anche nell’occupazione della Calabria. I sudditi fedeli al re Ferdinando IV°, terzo genito di Carlo III° re di Spagna, organizzarono una feroce reazione antifrancese affidata alla capacità di lotta ed alla ferocia di alcuni celebri briganti, molti dei quali, già al seguito del cardinale Ruffo nell’armata sanfedista, avevano consentito, nel 1799, la restaurazione borbonica. La zona di Caccuri in Calabria divenne quindi teatro delle gesta di Fra Diavolo, il famoso colonnello Michele Pezza già monaco del convento di San Giovanni in Fiore che finirà per essere sconfitto e, catturato dal generale Hugo e giustiziato nello stesso anno. La figura di Fra Diavolo venne celebrata da Auber nella omonima opera lirica e riproposta in uno spassoso film di Stan Laurer ed Oliver Hardy e, ai giorni nostri dal famoso cantautore napoletano Eugenio Bennato. Nei dintorni di Caccuri operarono anche Nicola Gualtieri, detto Panedigrano, Giacomo Pisano da Pedace, più noto col soprannome di Francatrippa, Paolo Mancuso detto Parafante, Filicione e Geniale Versace da Bagnara, detto Gernialtitz. Proprio quest’ultimo, nell’agosto del 1806, mentre col grado di colonnello scorrazzava nella Sila con i suoi uomini, fu sorpreso ed ucciso dall’esercito francese. Della sua fine si vantò il capitano della Prima compagnia scelta della Calabria Michele Vigna che, per ricompensa, ottenne due fondi nel territorio di Caccuri e che poi gli vennero tolti da Francesco IV° con un decreto del 14 agosto 1815, in piena Restaurazione. Intanto nello stesso mese di agosto, il giorno 30, i Francesi entrarono in San Giovanni in Fiore, mentre Caccuri era da tempo teatro di rivolte fomentate da Francatrippa e dai Pedacesi. Qualche tempo prima, infatti, nella cittadina, venne innalzato lo stemma della rivolta e proclamato un governo provvisorio. La notizia viene riportata in un rapporto dell’intendente della Calabria Citra Vincenzo Palombo al generale Miot. La resistenza di Francatrippa e delle sue bande si protrasse per quasi un anno, ma non sortì grossi risultati. Nel gennaio del 1807 si attestò sulle alture di Gimmella, un monte tra Caccuri e San Giovanni in Fiore, alla testa di 2000 uomini, nel tentativo di espugnare la cittadina florense presidiata dall’esercito francese al comando del colonnello Lambert. L’8 marzo del 1809 venne catturato in località Bardaro dell’agro di Cerenzia il brigante Domenico Fabiano che, condotto a Caccuri, fu immediatamente fucilato in località Petraro. “I nostri avversari che osano chiamarsi patrioti†- lamentarono sin dal 1806 i ribelli meridionali - abusando le parole e a piaggiare l'oppressore...â€ci gridano brigantiâ€. Erano stati infatti i francesi, scesi in Italia Meridionale nel 1799, ad adottare per primi questo termine per indicare coloro che ad essi si opponevano. Era un termine questo nuovo nella lingua napoletana. A Napoli erano sempre stati indicati come banditi i fuorilegge che si erano dati alla campagna e come proditores, distinti dai primi, i ribelli scesi in armi contro il potere costituito. E continuarono ad adottare il termine usato dai francesi nel 1799 per indicare il ribelle anche i soldati di Napoleone venuti alla conquista del Regno di Napoli nel 1806. Pur autodefinendosi apportatori di libertà e di giustizia, costoro non concepivano che un popolo potesse battersi contro di loro in difesa del proprio paese. Chi ad essi si opponeva non poteva essere che un volgare brigante. Questo termine, con cui i francesi indicavano gli eroi e delinquenti comuni, ebbe fortuna. E quando il ribelle, per non essere passato per le armi o consegnato al boia o al plotone di esecuzione, fu costretto ad adottare gli stessi metodi e gli stessi sistemi che venivano usati contro di lui, fu facile confonderlo con il più volgare dei delinquenti comuni. Il primo episodio di reazione al nuovo ordine costituito e al nuovo re d’Italia si verificò nei primi giorni di luglio del 1861 quando orde di briganti percorsero "impunemente, a mano armata, gridando “Viva Francesco IIâ€, con la bandiera bianca alzataâ€, come scrive in una lettera l’Intendente di Crotone al Governatore della Provincia di Calabria.
Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik