Molti anni orsono, durante una delle prime estati passate lontane dal Mare di Ulisse, mi trovavo a Edmonton, nel nord ovest canadese, alla guida di una Galaxy 500 Ford del 1964 comprata usata per circa 600$.
Era molto bella e grande come erano allora le macchine americane. Nera all’esterno e rossa internamente. Andavo alla ricerca di solitudine. Le immense foreste dei pini canadesi sembravano proseguire all’infinito. Un’attrazione irresistibile.
Lasciavo Edmonton percorrendo l’autostrada 43 nord che portava in Alaska, ma non era quella la mia destinazione.
Il luogo che attirava i miei interessi si chiamava Grand Prairie. Una cittadina distante da Edmonton circa 450 km. Uno dei passaggi del cigno trombettiere che è la più grande specie vivente degli uccelli acquatici del mondo, quindi anche il più grande cigno del mondo. Si pensa inoltre che esso sia il più grande uccello originario del Nord America. È chiamato cigno trombettiere perché il suo verso ricorda il suono di una tromba.
La loro apertura alare media è di 2 m. Il nome Grand Prairie deriva dalla sua vicinanza alle grandi praterie del nord e dell’ovest e ricoprono buona parte della Provincia dell’Alberta.
Il giorno dopo ripresi la strada. Direzione nord ovest e mi ritrovai a Peace River. In quello che allora era un piccolissimo paese venni a contatto per la prima volta con alcuni indiani del nord, le loro usanze e riti. La danza del sole, una delle più sacre cerimonie delle popolazioni pellerossa delle Grandi praterie, si svolgeva da quelle parti in località riservata e segreta.
Questo giustificava la numerosa presenza di indiani nel piccolo paese. Così mi spiegava un “Cree” nel suo inglese molto particolare, mentre consumavamo un bibitone di caffè seduti nell’unico coffee shop di Peace River. Gordon Redbird, così si chiamava l’indiano cacciatori di pelli, mi spiegava che la cerimonia non era per tutti e si trattava di un’esperienza di grande impatto emotivo. Finito il litrozzo di caffè mi ritrovai in strada, invitato dal trapper a seguirlo fino a raggiungere una piccola radura in mezzo a betulle, abeti rossi, pioppi e libellule. Uno strano cerchio fatto di arbusti occupava gran parte dello spazio. Nel centro un bel po’ di pietre levigate di fiume. Si trattava di uno spazio dove gli indiano costruivano la loro “Sweat lodge”, una capanna sudatoria.
Un luogo dove mettersi alla prova nel sopportare il calore resistendo al gran desiderio di voler uscire al più presto all’aria aperta. Nella capanna del sudore, si impara a controllare le proprie paure restando dentro fino alla fine della cerimonia. Secondo Gordon, in quel sudario l’uomo affronterebbe il suo grande nemico: se stesso.
Tutto questo è riaffiorato nella mia mente in una giornata bellissima passata, insieme a due vecchi e carissimi amici Enrico e Mario Potestio, a Fort Edmonton sulla riva sud del mitico “Saskathewan river” delle Giubbe Rosse e del Grande Blake, l’eroe dei fumetti a strisce di un tempo andato, del fraterno amico Orly.