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Gigino Pellegrini: Random alla cieca

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gigino nuova“Quel che succede ogni giorno non trovatelo naturale. Di nulla sia detto: ‘è naturale’ in questi tempi di sanguinoso smarrimento, ordinato disordine, pianificato arbitrio, disumana umanita’, cosi che nulla valga come cosa immutabile”. Bertolt brecht.

Nell’attuale regime capitalistico e militaristico non esiste ancora l’uomo libero ma lo schiavo salariato. Non si può pretendere che lo schiavo divenga uomo per virtù di mistiche elucubrazioni. In questo periodo convulso e di nuove tecnologie l’uomo dovrà fare un solo passo - un passo grandioso e fecondo: trasformarsi in ribelle. In parecchie epoche storiche, l'uomo si è dibattuto contro le catene che lo imprigionavano. E spesso si è avviato fiducioso verso le promesse di nuove e grandi ideali. Ma il lavoratore, l'ultimo e più grande dei ribelli, avrà il compito di riscattare tutte le delusioni del passato, perché non dipenderà più da un altro Messia ma dalla propria forza e la propria coscienza. La libertà presente è concessa, dunque negata e questo ne preclude una sua realizzazione futura. Infatti, una libertà non conquistata è in realtà una ulteriore espressione repressiva del regime liberal democratico. È spaventoso il modo in cui si permette al sistema di potere di distruggere la pace ovunque vi sia ancora pace e silenzio, di essere immondo e rendere laide le cose, di lordare l’intimità, di offendere l’umanità. È spaventoso perché rivela lo sforzo legittimo e persino organizzato di conculcare l’Altro nel suo proprio diritto, di prevenire l’autonomia anche in una piccola, riservata sfera dell’esistenza. Nei paesi altamente sviluppati, una parte sempre più ampia della popolazione è diventata una immensa platea di prigionieri, catturati non da un regime totalitario ma dalle “libertà” dei concittadini i cui media di divertimento e di elevazione costringono l’Altro a condividere ciò che essi sentono, vedono e odorano. Il vecchio detto americano "sediamoci a ragionare" è irrimediabilmente diventato una battuta. Ma è possibile ragionare con il Pentagono di qualcosa che non sia l’efficienza relativa delle macchine per uccidere e il loro prezzo? Il ministro degli Interni può ragionare con i suoi consiglieri, e tutti insieme con i membri del consiglio delle grandi industrie. Ma è un ragionare incestuoso, perché sono tutti d’accordo sul punto fondamentale: il rafforzamento della struttura del potere costituito. Pensare di modificare questa Struttura dal di dentro è ingenuo. Oggi sembra un crimine il solo parlare di cambiamenti, mentre la società si sta trasformando in un’istituzione di violenza. Il semplice potere di questa brutalità non è forse invulnerabile alle parole, pronunciate o scritte, che lo mettono sotto accusa? Il sistema ha in sé il meccanismo dell’escalation e non si intravvede ancora come renderlo innocuo. Il 1968 fu l'anno della contestazione in tutto il mondo occidentale e al riguardo un importante ruolo fu svolto dagli studenti. La ribellione giovanile che ebbe origine negli USA per poi dilagare nell'Europa occidentale e in alcuni paesi dell'est europeo fu l'effetto di una crisi che si era andata preparando negli anni precedenti. L'intervento dell'URSS in Cecoslovacchia con il crollo del mito dell'Unione Sovietica, guida del socialismo reale, l'aspro conflitto tra l'URSS e Cina, la guerra USA nel Vietnam, le dubbie prospettive di uno sviluppo indefinito anche delle economie più ricche, i movimenti di liberazione dell'Africa nera, le lotte contro i regimi dittatoriali dell'America latina furono altrettanti detonatori della protesta, e nella particolare situazione italiana, la disoccupazione giovanile, la burocratizzazione del sistema universitario, l'affermazione di un potere studentesco. In Italia e all'estero l'irrequietezza degli studenti, il rigetto dell'ordine costituito, lo smarrimento intellettuale assunsero una carica che può essere definita di carattere rivoluzionario e la loro contestazione, attraverso vari stadi, diventò globale. Dalla scuola la contestazione si era estesa all'intera società, una società da cui tutto discendeva, non solo la scuola stessa, vecchia, corrotta, inutile, ma tutto quanto di male esisteva nel mondo, secondo la mentalità di ogni rivoluzionario che attribuisce all'ordinamento vigente ogni ingiustizia dell'Universo. Si voleva, quindi, trasformare il mondo del futuro, cambiare il sistema nel suo insieme. Comprendere a fondo la portata di una rivoluzione, in qualunque sfera essa occorra, proprio mentre essa è in pieno svolgimento, è impresa ardua, se non impossibile. E quante volte ciò che sembrava una rivoluzione al momento, si è poi rivelata una semplice correzione di rotta, o una superficiale agitazione? E tuttavia in nessun momento previsioni, attese, speranze, certezze si manifestano come nel corso di una rivoluzione. La globalizzazione delle economie pone oggi, come in passato, una serie di quesiti. Polarizza ancor più il pianeta tra Paesi ricchi e Paesi poveri o ne favorisce invece il ravvicinamento? Siamo di fronte a fenomeni nuovi o a forme nuove di problemi antichi e reversibili nel tempo, come avvenne dopo la grande crisi del 1929? La distinzione, la netta separazione tra chi domina e usa internet, i computer e i media digitali, tra chi è inserito nella nuova economia della rete e chi non può per ragioni di reddito, di infrastrutture, di livello di sviluppo o di limiti fisici costituisce il cosiddetto “ digital divide ”, la frattura tra chi è agganciato al futuro e alle sue opportunità e chi ne è, o rischia di esserne, escluso per sempre. È questa la situazione in cui l’umanità si trova oggi: la rivoluzione digitale promette, attraverso i suoi sostenitori e i suoi protagonisti, di cambiare radicalmente e in meglio sia il funzionamento globale della società sia la vita degli individui. E naturalmente genera simmetriche paure tra quanti temono invece che tali cambiamenti si possano rivelare involuzioni e regressioni. Le tensioni ideologiche sono tanto più acute in quanto alla base del cambiamento si pone una pervasiva diffusione della tecnologia nella vita sociale. Le conquiste della tecnica hanno in questi anni rivoluzionato il modo di pensare e la convivenza umana. E' in atto una rivoluzione epocale, se è vero che le grandi tappe della storia sono segnate dal passaggio dal nomadismo alla stanzialità, quando le tribù nomadi di pastori si sono convertiti all'agricoltura; dall'affermarsi della macchina a vapore che ha sostituito la fatica muscolare umana; dalla comunicazione di massa e ora dall'informatizzazione interattiva, resa possibile dalla combinazione informativa elettronica e telematica, la quale ha aumentato a dismisura l'informazione, modificata la stessa logica razionale e resa possibile la fruizione di mondi virtuali. L’emergere delle nanotecnologie è stata accompagnata fin dai suoi esordi da discorsi divulgativi e promozionali improntati a evidenziare il carattere “rivoluzionario” di questo nuovo campo di ricerca scientifica, tecnologica, produttiva e industriale. Il suo arrivo, i possibili impatti o problemi derivanti dalle applicazioni prospettate sono stati anticipati molto prima delle realizzazioni come “minaccia”, di un cambiamento radicale delle condizioni e degli stili di vita è un motivo ricorrente delle visioni che si proiettano in un mondo che procede alla cieca. Alcuni entusiasti della rivoluzione digitale sostengono che l’umanità è in procinto di sviluppare un nuovo modello di rapporto tra cittadini e istituzioni, un nuovo modello di “democrazia”. In realtà si stanno preparando a gestirla. Ma non sono in pochi a far notare i rischi impliciti in diversi aspetti di questo cambiamento, soprattutto se esso è governato in modo autoritario. Le premesse ci sono tutte. E tali rischi si concentrano soprattutto sul timore di una società iper-controllata, in cui un prevedibile potere centrale, grazie alle possibilità delle nuove tecnologie, potrebbe divenire assai simile a quel Grande Fratello immaginato da George Orwell. Non certo quello di Canile 5.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Ultima modifica il Giovedì, 03 Dicembre 2015 10:00

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