Nella sostanza è stato confermato l'impianto accusatorio nei confronti degli imputati nel secondo processo d’appello ai presunti esponenti della cosca Gentile-Besaldo che ha la sua influenza nei territori di Amantea e del medio Tirreno cosentino.
Nell'inchiesta contro i clan del Tirreno cosentino era coinvolto anche Francesco Muto, il "re del pesce", boss e capo storico dell'omonima cosca.
Come si ricorderà la sentenza di primo grado era stata emessa nel maggio del 2009 al termine del processo con rito abbreviato svoltosi dinanzi al giudice per le udienze preliminari di Catanzaro. In primo grado erano state emesse condanne a pene da un anno a venti anni di reclusione.
Poi il 24 novembre del 2010 era stata emessa la sentenza del primo processo d'appello, con 12 condanne e cinque assoluzioni.
Infine la prima sentenza era stata annullata in Cassazione con rinvio a nuovi giudici.
Ora si è svolto l’appello davanti ai giudici della Corte d'appello di Catanzaro.
Nove condanne di primo grado sono state confermate nei confronti degli imputati nel secondo processo d'appello ai presunti esponenti della cosca Gentile-Besaldo che ha la sua influenza nei territori di Amantea e del medio Tirreno cosentino.
Nel secondo processo d'appello è stata confermata la condanna di primo grado a 4 anni di reclusione per Francesco Muto, detto il 're del pesce', boss e capo storico dell'omonima cosca, accusato di concorso esterno all'attività della cosca Gentile di Amantea.
Una sola pena è stata ridotta.
I giudici hanno anche assolto il sottufficiale della Guardia di finanza Domenico De Luca dai reati di rivelazione del segreto istruttorio con l'aggravante delle modalità mafiose per i quali era stato condannato in primo grado alla pena di due anni di reclusione.
De Luca, difeso dall'avvocato Francesco Gambardella, é stato ritenuto responsabile del reato di accesso abusivo ad un sistema informatico ed è stato condannato a 8 mesi di reclusione, con la sospensione della pena.