Vi è mai successo di voler utilizzare il vostro telefono e udire uno sgradevole fruscio che vorreste eliminare completamente? Le cornacchie… all’apparenza tutte uguali, stessi atteggiamenti, stesse vocalizzazioni, stessi colori, ma provate a metterle a tacere e vi renderete conto dell’enorme difficoltà. Quando si pensa di aver capito tutto di loro, se ne trova una che tira fuori una magia dal cilindro e rimette tutto in discussione; cambia comportamento con le stagioni e con l’età ma soprattutto, impara dai suoi successi e dai fatali errori dei suoi compagni di viaggio. Nel corso della vita ognuno può avvertire in maniera transitoria e del tutto innocente i “fischi nelle orecchie”, infatti nella cultura popolare ci sono vari detti a riguardo che mettono in relazione il fischiare delle orecchie con varie credenze. Il gracchiare delle cornacchie in questi giorni di campagna elettorale ne è un esempio straripante. La situazione diventa drammatica quando il disturbo persiste e diventa molto insistente, tanto da condizionare la vita del semplice e sprovveduto cittadino. La prima definizione di gracchiare nel dizionario è dei corvi, delle gazze e di altri uccelli, emettere un verso aspro, rauco. Altra definizione di gracchiare è di persona, parlare in modo molesto e importuno o ciarlare vanamente: lascialo gracchiare.!. Queste cornacchie locali ne passano di tempo per nascondere la vera natura di loro stessi, degli altri, delle cose attorno. Desideri imposti, voglie condizionate, caratteri stabiliti, azioni registrate, saperi catalogati. Nelle strade cittadine dissestate non riescono a liberarsi dalla loro misera natura fuorviata, della loro asettica simulata decisionalità. Queste cornacchie quotidianamente assumono l’aspetto che debbono avere, non ci si nasconde ora che sono vicini alla meta, mentre nessuno è in grado di mettere alla prova quel loro cervelletto scontato. Con i loro sparaballe disseminati per il paese che altro non sono che creature partorite dalla loro stessa miserabile razza, vivono sotto forme molteplici e ti circondano, fino a trasformare anche te in mostro. Un mostro di giudizi registrati, di comportamenti simulati. E’ vero, questo scirocco porta quell’amalgama di puzzo stordente di carne bruciata e antisettico e naftalina vecchia e un po’ di feci antropiche seccate negli angoli di vecchi edifici abbandonati nel centro storico. Questo puzzo è la fragranza del declino dell’uomo e il richiamo della sua disonestà.
Vento caldo, lo scirocco, ma che porta malattie. Siamo l’alba di una nuova generazione di uomini-cornacchia che son pronti ad infilare il loro fosforescente pene al tungsteno tra le chiappe fragili degli Amanteani. Per questi ultimi, la loro droga è la dipendenza, il loro vanto di essere assoggettati. Al giorno d’oggi non essere servo di qualcuno o di qualcosa è sinonimo di degenerazione.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik