Non restate sorpresi, per favore.
Queste cose avvengono ogni giorno ma noi o non sappiamo o facciamo finta di non sapere.
Per questo vi mostriamo alcuni articoli e poi vi poniamo la domanda!!!.
Da Sibarinet-it
Delitto Avato | «L’ho ammazzato per soli 500 euro»
Rinchiuso nel carcere di Rossano il reo confesso assassino di Carmine Avato (foto a destra) ha confermato al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari, Anna Maria Grimaldi, ognuna delle accuse rese domenica scorsa ai carabinieri nei confronti del presunto mandante dell’omicidio del 52enne muratore di San Cosmo Albanese, freddato a colpi di pistola la notte tra il 14 e il 15 novembre scorsi proprio davanti alla sua abitazione. Il 30enne rumeno Cristian Dulan (foto a sinistra) ha rivelato al giudice d’avere accettato di compiere la missione di morte accordandone il “prezzo” col 31enne Salvatore Buffone, cognato dell’ucciso.
Un “affare” di soli cinquecento euro, tanto sarebbe valsa la vita della vittima per i due “contraenti”, secondo il suo più puntuale racconto di ieri al cospetto del magistrato e del proprio difensore, l’avvocato Gisella Santelli del foro di Castrovillari.
Salvatore Buffone, invece, nella stessa giornata di ieri, s’è avvalso della facoltà di non rispondere allo stesso magistrato che l’ha interrogato nel Tribunale castrovillarese dove l’hanno tradotto dal carcere di Cosenza dov’è rinchiuso da domenica per la convalida del suo fermo d’indiziato per lo stesso crimine. Già, perchè i legali che assistono il cognato dell’ucciso, gli avvocati Chiara Penna e Massimiliano Coppa, fino a quel momento non avevano avuto ancora modo di leggere nè le dichiarazioni accusatorie rese dal rumeno nè eventuali altri elementi indiziari o probatori a suo carico in mano al sostituto procuratore Maria Grazia Anastasia, titolare del caso.
Sulle posizioni del reo confesso killer e del presunto mandante il primo giudice s’è riservato di decidere entro quarantott’ore, dovendo valutare e soppesare ognuno degli elementi emersi soprattutto a carico del secondo oltre alle dichiarazioni accusatorie del rumeno. Gli avvocati Penna e Coppa sono molto prudenti ed affermano di nutrire «molti dubbi sull’ipotesi accusatoria offerta dalle ricostruzioni mediatiche di questi giorni».
Il rumeno, da quanto trapela, nella propria confessione avrebbe dichiarato che il cognato della vittima predestinata, all’atto di commissionargli il delitto, avrebbe avanzato la pretesa che Carmine Avato venisse rispedito al Creatore prima del 17 novembre. Un termine di scadenza pienamente rispettato, dunque. Proprio il 17 novembre la vittima, già da tempo e di fatto separato dalla moglie 41enne, insieme a quest’ultima sarebbe dovuto comparire per la prima udienza della loro separazione legale, proprio in quel Tribunale dove ieri è invece dovuto comparire il cognato per il suo omicidio. Già. Ma cosa avrebbe dovuto celare la sua eliminazione? Mistero.
- Da La Gazzetta del mezzogiorno.it
Un omicidio orribile per 500 euro chiesti
«Le ho sfondato il cranio perché mi ha chiesto 500 euro per il mantenimento». L’avvocato Nassisi riferisce le testimonianze del cognato di Claudio Bertazzoli e del collega che accompagnò il militare in caserma per costituirsi qualche ora dopo avere commesso l’atroce delitto e allarga le braccia. «Non capisco ancora - dice il legale - come è stato possibile che la procura di Bologna non abbia contestato aggravanti che avrebbero portato il giudice ad ad emettere una sentenza più severa».
Secondo l’avvocato Nassisi «non sono stati contestati la premeditazione, la crudeltà, i futili motivi. Ho assistito al riconoscimento e all’autopsia. Camilla è stata uccisa in modo orribile, a colpi di martello e forbici. L’imputato ha persino preso un calzino e lo ha infilato in una bocca ormai senza denti. Alcuni sono stati trovati nel pigiama e persino nell’armadio».
Un provvedimento che davvero non riesce a mandare giù. «La Procura ha chiesto le attenuanti generiche ma non sono state fatte indagini sui tabulati telefonici, sul computer che non è stato neanche sequestrato. Magari si sarebbero potuti trovare indizi utili a dimostrare la premeditazione».
Per l’avvocato Nassisi, «La vita di una ragazza di 34 anni massacrata con 46 colpi di martello e forbici penso che valga qualcosa di più di una condanna a 16 anni di reclusione. Purtroppo sono profondamente sfiduciata nei confronti di questa giustizia. Questa ragazza è stata ammazzata un’altra volta. E’ stata oltraggiata la sua memoria in un’aula di giustizia che tale non è».
«Se fosse capitato ai vostri figli sareste contenti di una sentenza così?». Questo il commento della madre di Camilla che dopo la sentenza non è riuscita neanche ad accarezzare sua nipote. Lo stato d’animo è di amarezza. «Le istituzioni ci hanno preso in giro e maltrattato», conclude Titti Monteleone, «zia» di Camilla. [g. l.]
- Da Repubblica Napoli .it
Il prezzo del delitto del video shock: 500 euro
In un´intercettazione il prezzo del delitto della Sanità ripreso nel video-choc: i killer sarebbero stati ricompensati con 500 euro ciascuno. Gli atti sono stati depositati all´udienza di Riesame sulla posizione di Costanzo Apice, l´uomo in cella perché accusato di essere il sicario raffigurato nel filmato. E ieri blitz della squadra mobile contro il gruppo Sacco-Boccchetti: 12 fermi, c´è anche Apice. L´omicidio del capoclan Gennaro Sacco e del figlio Carmine sarebbe maturato, secondo gli inquirenti, all´interno dell´organizzazione. I due potrebbero aver pagato con la vita contrasti nella gestione degli affari legati alla droga.
Un´azione «che valeva un milione», chiesta «dagli afragolesi» e ricompensata solo con 70 mila euro. Somma dalla quale «Costanzo e quell´altro» avrebbero ricavato appena «500 euro per uno». L´episodio al quale due presunti affiliati al clan Sacco-Bocchetti si riferiscono in una conversazione intercettata il 19 ottobre sarebbe, nella interpretazione della Procura, l´omicidio di Mariano Bacioterracino, ucciso l´11 maggio scorso alla Sanità da un killer ripreso in diretta da una telecamera a circuito chiuso. Il colloquio è stato captato durante l´inchiesta coordinata dai pm del pool anticamorra Stefania Castaldi e Barbara Sargenti e condotta dalla squadra mobile diretta da Vittorio Pisani che ha portato ieri al fermo di dodici persone ritenute legate ai Sacco-Bocchetti. E sempre ieri il dialogo è stato depositato al Tribunale del Riesame dove si discuteva l´istanza di scarcerazione presentata dall´avvocato Claudio Davino, difensore di Costanzo Apice, il ventisette in cella con l´accusa di essere il killer di Bacioterracino raffigurato nel video diffuso il 28 ottobre scorso su disposizione della Procura e ora raggiunto anche dal nuovo fermo per associazione camorristica.
Secondo la ricostruzione del pm Sergio Amato, che indaga sul delitto della Sanità, il «Costanzo» ricompensato con 500 euro sarebbe proprio Apice. «L´azione» tanto eclatante da valere «un milione di euro» sarebbe l´agguato costato la vita a Bacioterracino. E anche il riferimento agli «afragolesi» (dai quali uno degli interlocutori intercettati si lamenta di «non aver guadagnato un euro» rispetto alla rilevanza del gesto richiesto) si incastra con uno dei possibili moventi ipotizzati per la morte violenta di Bacioterracino: la vendetta postuma per l´omicidio di Gennaro Moccia, capoclan di Afragola ucciso nel 1976. Episodio nel quale Bacioterracino era stato indagato e poi prosciolto insieme ad altre dieci persone, sei delle quali assassinate nel corso gli anni. Al Riesame, il pm Amato ha depositato anche una relazione dei carabinieri che ricostruisce proprio la catena di esecuzioni seguita all´omicidio Moccia. Ma va anche sottolineato che dopo l´arresto di Apice la famiglia di Afragola ha scritto una lettera per smentire qualsiasi collegamento con questo come con gli altri episodi successivi alla morte del capostipite. Nei giorni scorsi Apice è stato condotto sul luogo del delitto per l´esperimento giudiziale che dovrà stabilire la "compatibilità" della figura dell´indagato con quella del sicario.
Nel decreto di fermo eseguito ieri dalla squadra mobile non è contestato l´omicidio del capoclan Gennaro Sacco e del figlio Carmine, vittime di un agguato il 24 novembre. Omicidio che a giudizio degli investigatori è maturato all´interno dell´organizzazione capace negli ultimi anni di espandere notevolmente la sua influenza nella zona di Secondigliano. Gennaro e Carmine Sacco potrebbero aver pagato con la vita malumori legati alla gestione degli affari che ruotano intorno alla gestione delle "piazze" della droga.
- Da il Giorno.it
Omicidio a Broni: l'assassino ha ucciso per 500 euro
Broni (Pavia), 6 luglio 2014 - L’assassino ha un nome e cognome, Sokol Miza, 30 anni, albanese, ricercato in tutta Italia e fuggito, a bordo della sua Opel Tigra di colore grigio. Sarebbe lui, stando a quanto hanno accertato i carabinieri di Stradella agli ordini del luogotenente Antonio Trancuccio, ad aver inferto la mortale coltellata al cuore a Kacorri Novi, 23 anni, pure lui albanese, morto al pronto soccorso dell’Ospedale di Stradella dove, invano, i medici hanno cercato di salvarlo. Gli investigatori dell’Arma hanno impiegato poche ore per ricostruire la drammatica sequenza cominciata alle 19,20 dell’altra sera in un condominio nella zona centrale di Broni, in piazza Italia che, essendo abitato solo da extracomunitari, un po’ albanesi in un’ala del palazzo ed un po’ magrebini o turchi nell’altra, i bronesi hanno ribattezzato “Piazza Tirana”. Più o meno a quell’ora, Kacorri Novi che abita a pochi metri di distanza dal condominio dove, con la moglie e due figli piccoli, risiede Sokol Miza, insieme al cognato, va a casa di quello che diventerà, pochi minuti dopo, il suo omicida. In base a quanto ricostruito, attraverso decine di testimonianze ed altrettanti riscontri, dai carabinieri, Sokol Miza pretendeva una modesta somma di denaro (si dice circa 500 euro) quale concorso spese per aver ospitato, fino a pochi giorni prima, il cognato di Kacorri Novi che doveva scontare una condanna agli arresti domiciliari.
Quello che doveva essere un chiarimento, però, si trasforma, poco dopo, in tragedia. E qui la ricostruzione dei fatti è ancora, in parte, coperta dal segreto istruttorio (le indagini sono dirette dal sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale di Pavia, Paolo Mazza) e, in parte, forse ancora da accertare. Fra gli albanesi si scatena una mezza rissa. Le urla attirano l’attenzione anche di un vicino di casa, anch’egli albanese e che abita al piano di sotto dove risiede Miza. Gli animi, però, non si placano fino alla fatale coltellata in pieno petto a Kacorri Novi, dopo che la lite è proseguita lungo le scale del condominio e il dramma si è consumato nell’androne del palazzo. L’albanese 23enne è grave e in fin di vita. Attirata dalle urla, interviene anche la fidanzata del giovane, abitante poco lontano. Non si sa con chi, ma senza chiedere l’intervento del 118 e di un’ambulanza, Kacorri Novi arriva al pronto soccorso dell’Ospedale di Stradella su un’auto privata. Con lui anche la fidanzata. Le condizioni del ferito sono disperate ed i medici non riescono a salvarlo. Contemporaneamente nel palazzo dove si è consumato il dramma, qualcuno chiama i carabinieri. Una pattuglia della stazione di Broni arriva, in pochi minuti, sul posto. E scopre che lungo le scale una donna (poi identificata come la moglie di Miza), sta cercando di pulire tracce di sangue. Quando i militari le chiedono spiegazioni, risponde “per non impressionare i bambini”. Dall’ospedale di Stradella arriva la telefonata che avverte i carabinieri di un giovane ferito a morte con una coltellata. Gli esperti del nucleo investigativo di Stradella e del comando provinciale di Pavia effettuano i rilievi sul luogo del delitto mentre i loro colleghi di Broni e Stradella procedono a perquisizioni e serrati interrogatori. In poche ore, quello che poteva sembrare un puzzle complicato, si compone e svela - in tutta la sua dimensione - un dramma consumatosi per pochi e pretesi centinaia di euro. I parenti del morto si disperano, quelli del presunto omicida, pure. Per tutta la notte fra venerdì e sabato e per tutto ieri, i carabinieri fanno decine di accertamenti alla ricerca di Sokol Miza, ma senza esito. La segnalazione è stata diramata in tutta Italia ed anche all’Interpool. Sia il giovane ammazzato a coltellate sia il suo presunto omicida erano regolari in Italia, ma avevano precedenti penali. Proprio alcuni giorni fa, ad esempio, Sokol Miza figurava fra le persone denunciate un furto in un bar a Broni. Intanto nel centro oltrepadano, la gente si interroga anche se, pochi, vogliono commentare. Poche settimane fa, sempre per futili motivi, un immigrato pakistano era stato ucciso a bastonate, in pieno centro, ma in piazza Vittorio Veneto, da un giovane di origini brasiliane e che aveva alle spalle un discreto pedigree come calciatore. E nel condominio di piazza Italia dove, l’altra sera c’è stato un morto ammazzato e, ai balconi, sono più le antenne satellitari degli stendibiancheria, anche in passato si erano registrati episodi di violenza.
Potremmo continuare a lungo, ma preferiamo porvi la Domanda
Si è svalutato l’euro o la vita?