«Lasciatemi andare, mi fate male... aiuto, non voglio».
Le urla della ragazza si sentono dalla strada.
Qualcuno allerta i carabinieri, forse rammentando la storia di Sara, bruciata viva dall’ex fidanzato, aiutato in parte proprio dall’indifferenza delle persone che li avevano visti litigare poco prima.
E quando la pattuglia arriva all'interno del cortile dell'istituto tecnico statale Galileo Galilei in via Conte Verde all’Esquilino, i due militari assieme ad alcuni colleghi della polizia, faticano non poco per allontanare due uomini che grugniscono sopra la somala 33enne che urla e piange, con solo il reggiseno addosso. «Aiutatemi, sono incinta - dice la ragazza ai militari - ho paura per il mio bambino».
La giovane viene aiutata a rivestirsi.
L’ambulanza l’accompagna in ospedale.
I due stupratori, romeni ventinovenni, vengono portati in caserma. Gli investigatori raccolgono le testimonianze, arricchite da ciò che i loro occhi hanno visto.
La ricostruzione è agghiacciante, aggravata dal fatto che la giovane vittima della violenza è anche incinta di sette mesi.
La donna, residente nel reatino, ha raccontato di aver conosciuto i due uomini nel pomeriggio. Qualche drink e poi la proposta di uno di loro: «Vieni con me, andiamo in un posto più tranquillo».
Una volta arrivati nella scuola, però, al primo uomo si sarebbe aggiunto l’amico.
Ed è allora che i due avrebbero spogliato la ragazza, lasciandole addosso solo il reggiseno, abusando di lei per qualche minuto.
Sono stati proprio i carabinieri e i poliziotti, infatti, a bloccarli, allertati dalla telefonata di un residente e guidati attraverso i corridoi della scuola dalle grida della vittima, fino a quel buio sottoscala, alcova improvvisata dell’ennesima violenza.
«Era consenziente, noi non abbiamo violentato nessuno», si sono giustificati i due romeni.
Ma non è ciò che hanno visto e sentito militari e poliziotti che sono intervenuti nel palazzo e che hanno contestato ai due indagati la violenza sessuale.
La ragazza invece è stata ricoverata al pronto soccorso.
Durante le cure, però, non si è voluta sottoporre a ulteriori esami medici per stabilire l’avvenuta violenza, che solitamente avviene attraverso il confronto del Dna.
Ha chiesto invece aiuto per il bambino che ha in grembo, chiedendo ai medici di visitarla per vedere se stava bene.
E dopo un esame approfondito i dottori hanno sciolto i suoi dubbi: tutto nella norma, battito normale; nascita prevista a settembre.
Restano, quindi, sul tavolo dei magistrati la denuncia della ragazza e la testimonianza di militari e agenti.(da il Messaggero)