Fino ad ieri sapevo che si potesse morire per vecchiaia, per malattia, per incidente, ma non per fatica nei campi.
Fino ad ieri, invece oggi so anche che gli uomini e le donne possono anche essere ammazzati per il lavoro eccessivo.
Quello che sto per raccontarvi, amici lettori di Tirreno News, non è una storia inventata
o una fake news come si dice oggi, è purtroppo una storia vera.
E’ la storia di una donna di 49 anni, Paola Clemente, (nella foto con il marito) morta di fatica il 13 luglio del 2015 mentre lavorava nei campi di Andria, nella azienda agricola “Perrone”.
Era addetta alle operazioni di acinellatura dell’uva per avere certamente inalato quantità massicce di fitofarmaci.
Toglieva gli acini dell’uva più piccoli.
Lavoro molto faticoso, doveva stare sempre in piedi e con le mani alzate.
Lavorava più di 12 ore al giorno, senza calcolare le due ore per il viaggio di andata e ritorno da casa al posto di lavoro, per 27 euro complessivi.
Salario troppo basso, due euro ad ora.
E’ una vergogna.
Dopo la morte della donna e dopo due anni di indagini finalmente è stata fatta giustizia.
La Procura della Repubblica di Trani aveva aperto una inchiesta e l’altro giorno, finalmente, sei persone sono state arrestate per intimidazione illecita e sfruttamento del lavoro.
E’ stato arrestato il responsabile dell’agenzia interinale per la quale la donna lavorava e i suoi dipendenti, il titolare dell’agenzia di trasporto.
E’ finita agli arresti domiciliari anche una donna di 47 anni che secondo i magistrati reclutava le lavoratrici da spedire nei campi in condizioni disumane.
Venivano sfruttate e pagate come abbiamo visto una miseria.
Erano costrette ad accettare qualsiasi forma di ricatto pur di non perdere il posto di lavoro, perché c’erano il mutuo e le bollette da pagare e i figli da sfamare.
Dice il marito:-
Erano soldi sicuri.
Erano indispensabili.
Ci permettevano di campare-.
Ma c’è di più.
Non solo venivano truffate le donne, ma anche l’INPS, perché nella busta paga c’erano differenze enormi tra i soldi dichiarati e quanto effettivamente percepiti dalle lavoratrici.
Molte giornate lavorative non venivano contabilizzate.
Il compenso pattuito era di 86 euro al giorno, invece ne percepivano solo un terzo.
La storia di Paola apre una finestra sugli schiavi invisibili presenti nel nostro paese.
L’ex datore di lavoro è finito pure lui in manette per sfruttamento, primo caso in Italia, per il reato di caporalato.
Speriamo che da oggi in poi le cose in Italia possano davvero cambiare e restituire dignità a tutti i lavoratori e alle lavoratrici che lavorano nei campi addetti alla raccolta dell’uva, dei pomodori, degli agrumi e degli ortaggi in Puglia come anche nella nostra Calabria specialmente nella Piana di Sibari e di Gioia Tauro.
By Francesco Gagliardi