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L'ex gip del Tribunale di Palmi, Giancarlo Giusti, si è tolto la vita.

Il giudice si è impiccato nella sua abitazione di Montepaone, il centro del Catanzarese dove viveva da alcuni mesi.

Il giudice era ai domiciliari dopo essere stato coinvolto in due inchieste delle Dda di Milano e Catanzaro su suoi presunti rapporti con esponenti della 'ndrangheta.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri per ricostruire l'esatta dinamica dell'accaduto.

Giusti, dal 2001 giudice delle esecuzioni immobiliari a Reggio Calabria e poi dal 2010 gip a Palmi, era stato arrestato per corruzione aggravata dalle finalità mafiose il 28 marzo 2012 nell'ambito di una inchiesta della Dda di Milano sulla presunta cosca dei Valle-Lampada e, in particolare, in un filone relativo alla cosiddetta «zona grigia».

La Dda di Milano gli ha contestato di essere sostanzialmente a «libro paga» della 'ndrangheta.

In particolare, i Lampada, sempre secondo l'accusa, non solo gli avrebbero offerto «affari», ma avrebbero anche appagato quella che il gip di Milano, nell'ordinanza di custodia cautelare, aveva definito una vera e propria «ossessione per il sesso», facendogli trovare prostitute in alberghi di lusso milanesi.

Il giudice, era stato condannato dal gup di Milano il 27 settembre 2012 e il giorno successivo aveva tentato il suicidio nel carcere milanese di Opera in cui era detenuto.

Soccorso dalla polizia penitenziaria, era stato poi ricoverato in ospedale in prognosi riservata. Successivamente aveva ottenuto gli arresti domiciliari.

Giusti era stato sospeso dal Csm.

Nel novembre 2011 era stato arrestato con l'accusa di corruzione, rivelazione del segreto d'ufficio e favoreggiamento aggravato per aver agevolato le attività del clan Valle-Lampada, e poi condannato in primo grado. Sempre secondo l’accusa, da presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, Giglio avrebbe “incontrato più volte Giulio Lampada” al quale, attraverso l’ex consigliere regionale Morelli, avrebbe fornito “notizie riservate su indagini in corso”

Nel febbraio 2014, invece Giusti fu coinvolto nell’operazione “Abbraccio” e finì ai domiciliari.

Dalle indagini dirette dal procuratore distrettuale della Procura di Catanzaro, da Vincenzo Luberto, sarebbe emerso il magistrato aveva disposto, in cambio di denaro, la scarcerazione di alcuni esponenti di spicco della potente cosca di 'ndrangheta dei Bellocco.

L'accusa si riferiva alla sua qualità di componente del collegio del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria in occasione di un'udienza del 27 agosto 2009.

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Parliamo del colonnello della Guardia di Finanza Fabio Massimo Mendella, l'ufficiale che secondo l'accusa, avrebbe ottenuto tangenti per oltre un milione di euro in cambio di verifiche fiscali compiacenti nei confronti di imprenditori.

I magistrati lo accusano di aver agito «In violazione dei doveri di imparzialità e trasparenza imposti a tutti i funzionari pubblici».

Il colonnello della Guardia di Finanza Fabio Massimo Mendella ,era stato comandante del gruppo Tutela entrate di Napoli e successivamente del gruppo di Roma

E’ accusato, nell'ambito di una inchiesta della procura partenopea, di vari episodi di corruzione e concussione.

Per questo è stato disposto dalla Corte dei Conti, sezione per la Campania il sequestro conservativo di una somma fino a un milione e 619mila euro.

Il sequestro è stato disposto per il danno arrecato al ministero dell'Economia e delle Finanze. L'udienza davanti alla Corte dei Conti è stata fissata per il 9 aprile prossimo.

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Insomma è un po’ come scegliere tra l’uovo oggi e la gallina domani.

La riflessione è imposta dalla lettura che la bella figura di Stefano Rodotà presiede il comitato nazionale “Col pareggio ci perdi” al quale fa riferimento il Comitato delle Associazioni Cosentine Antipareggio che starebbe raccogliendo le firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare volta all’eliminazione dell’obbligo di pareggio in bilancio dall’articolo 81 della Costituzione.

 

Secondo chi sopra il pareggio obbligatorio è in contrasto con l’ispirazione sociale della Carta del ’48 e impedisce allo Stato di fronteggiare le crisi economiche privandolo degli strumenti per garantire occupazione e diritti sociali.

Insomma la scelta è seria

Ogni italiano , di oggi e di domani, è pieno di debiti.

Debiti fatti dai politici e dai manager in nome dello Stato, debiti fatti dai politici e dai manager in nome delle regioni e delle province, debiti fatti dai politici e dai dirigenti in nome dei comuni, debiti fatti dai potenti per i propri privilegi.

Insomma finora l’Italia ha vissuto ( e vive) al di sopra delle proprie possibilità e si è piena di debiti che , ovviamente, ha trasferito al popolo ed a chi altri, se no?

Questi debiti hanno creato le difficoltà attuali riducendo e dequalificando tutti i servizi.

Una situazione che impedisce di garantire occupazione e diritti sociali

Cosa fare, allora?

Rodotà dice che occorre fare nuovi debiti da trasferire, ovviamente, ai nostri figli, ai nostri nipoti, ai nostri pronipoti, insomma alle future generazioni che si troveranno con il culo ancora più per terra ed ancora con meno occupazione e diritti sociali

Ci prendono in giro, politicamente e scientificamente.

L’unica soluzione è quella di togliere agli iper ricchi, e tra questi ai politici, ai burocrati , ai grand commis di Stato, fare un fortissima battaglia contro i ladri, soprattutto quelli di Stato, lottare contro la corruzione, lottare contro gli evasori di ogni specie.

Distribuire, in sostanza, le difficoltà tra tutti, livellando stipendi ed indennità, riducendo le differenze, non creando altri debiti che uccideranno i nostri figli ancora prima di nascere!

Diversamente è follia!

E’ tempo anche di doveri e non soltanto di diritti!

Grecia docet!

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