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La Xylella fastidiosa è un batterio fitopatogeno capace di attaccare oltre all’olivo, diversi tipi di piante fra le quali la vite, il pesco, il mandorlo, diverse specie di agrumi, l’oleandro e diverse altre. In totale le specie di piante ospiti di Xylella fastidiosa sono oltre 150, fra le quali molte infestanti.

Occorre ricordare che la Xylella fastidiosa è stata a lungo conosciuta esclusivamente come agente della ben nota e devastante malattia di Pierce (PD) della vite (le prime viti ammalate sono state osservate negli anni ’80 del 1800, nella zona di Anaheim, Contea di Orange, in California).

Solo di recente si sono aggiunte, nel continente americano (Nord e Sud America, in particolare), le segnalazioni della presenza di Xylella fastidio su altre piante oltre che sulla vite.

Ad esempio, la presenza di Xylella fastidiosa nell’olivo, con la sintomatologia tipica di una brusca parassitaria e l’aggiunta di più o meno estesi disseccamenti di rametti e branche, è stata segnalata, in California, solo nel 2007 (ma le indagini erano cominciate nel 2003, 2004 dopo le prime segnalazioni di piante ammalate).

Nel 2008 c’è stato un incremento della mortalità di piante di olivo colpite da “leaf scorch” nella contea di Los Angeles e le indagini sono state riprese.

Nell’estate del 2013 sono stati segnalati in alcuni oliveti pugliesi diversi casi di disseccamento di piante di olivo coltivate in una zona a sud di Gallipoli nella Provincia di Lecce.

Le piante colpite presentavano la seguente sintomatologia:

-disseccamenti estesi della chioma che interessavano rami isolati, intere branche e/o l’intera pianta;

-imbrunimenti interni del legno a diversi livelli dei rami più giovani, delle branche e del fusto;

-foglie parzialmente disseccate nella parte apicale e/o marginale.

In seguito alle indagini svolte dal Servizio Fitosanitario della Puglia con il supporto dell’Università degli Studi di Bari e del CNR, nell’area colpita sono stati individuati diversi agenti parassitari che associati costituiscono il cosiddetto “Complesso del disseccamento rapido dell’olivo” ;

Essi sono:

-il batterio fitopatogeno da quarantena Xylella fastidiosa;

- il lepidottero Zeuzera pyrinao Rodilegno giallo;

-alcuni miceti lignicoli vascolari ( Phaeoacre-monium parasiticum , P. rubrigenun , P. aleophilum

, P. alvesii e Phaemoniella spp.) noti per causare disseccamenti di parti legnose di piante arboree e di vite.

Sembra che il batterio della Xylella Fastidiosa sia stato individuato per la prima volta in Francia- dove si teme per i vitigni-, nel mercato all’ingrosso di Rungis, alle porte di Parigi. A sostenerlo in una nota il ministero dell’Agricoltura. Il batterio è stato individuato su una pianta di caffè arrivata dal Sudamerica attraverso l’Olanda

La diffusione nel mondo

La Xylella fastidiosa è presente in varie parti del mondo :Canada, Messico, Usa, Costarica, Brasile, Argentina, Paraguay, Venezuela, Taiwan, Italia, Iran.

La Xylella fastidiosa colonizza lo xilema delle piante ospiti e il suo sviluppo nella pianta sembra condizionato dalla temperatura: valori compresi fra 25 e 32°, le temperature più idonee per la moltiplicazione del batterio, sarebbero favorevoli ad uno sviluppo epidemico della malattia; al contrario, temperature al disotto di 12-17°C e superiori a 34°C potrebbero influire negativamente sulla sopravvivenza del batterio nelle piante ospiti. La sensibilità di Xylella fastidiosa alle basse temperature invernali spiega in parte la sua distribuzione geografica che appare limitata alle aree tropicali e subtropicali. Tuttavia la Xylella fastidiosa è stata segnalata anche in Canada (Ontario),

dove le temperature possono essere piuttosto rigide. Xylella fastidiosa si moltiplica nei vasi xilematici della pianta ospite provocandone l’ostruzione.

L’Europa ha deciso che per fermare l’epidemia dovranno essere abbattute anche le piante sane

Nella zona del focolaio del batterio killer, infatti, sarà creata una zona "cuscinetto" di 100 metri dove saranno abbattute tutte le specie vegetali presenti.

Attualmente non vi sono focolai di Xylella in Calabria.

Nel frattempo il Ministero delle Politiche agricole ha approvato un Decreto che da' la possibilità di richiedere lo stato di calamità per gli ulivi colpiti dal batterio con una dotazione iniziale pari a 4 milioni di euro per l'anno 2015 e a 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017.

Dopo una lunga e difficile discussione-maratona durata due giorni, il Comitato Ue per la salute delle piante ha deciso che "le nuove misure Ue richiedono agli stati membri di notificare nuovi focolai, di condurre test ufficiali e di demarcare le aree infette in cui rigide misure di eradicazione sono state messe in piedi ed includono la rimozione e la distruzione delle piante infette e di tutte le piante ospiti in un raggio di 100 metri, a prescindere dal loro stato di salute".

La Coldiretti reagisce e Roberto Moncalvo presidente della Coldiretti dice che “Non è possibile accettare passivamente la strage degli ulivi sani proposta dalla Commissione Europea dalla quale si attendono peraltro ancora misure concrete di sostegno agli agricoltori colpiti da una calamità di cui i veri responsabili sono i mancati controlli alle frontiere dell’Unione. Questa soluzione avrebbe costi improponibili e causerebbe danni economici e ambientali inaccettabili, oltre a rischiare di spazzare via centinaia di anni di storia delle aree del Salento. Bisogna ricordare a tutti i cittadini che la xylella non mette minimamente in dubbio la qualità e la sicurezza alimentare dell’olio extravergine”.

Pietro Molinari, presidente della Coldiretti calabrese, invece, invita a potenziare le funzioni dell'ufficio fitopatologico della Regione Calabria per rendere più efficaci i controlli soprattutto nel Porto di Gioia Tauro dove arrivano centinaia di container da tutto il mondo e quindi bloccare oltre alla droga anche le piante infestate.

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Italia: che strana questa nazione ( se nazione è).

Italiani: che strano questo popolo( se popolo è).

Domani festeggeremo il settantesimo anniversario della Liberazione dell'Italia.

Ma l'Italia ha ancora due prigionieri: Salvatore Girone e Massimiliano Latorre .......

Che profonda amarezza!

Chi non li ha dimenticati( e come sarebbe possibile, soprattutto domani) ricorda ancora le parole e la promessa del neo presidente Mattarella che sarebbe stato fatto di tutto per “portare a casa i nostri Marò".

Loro sono vittime della bislacca giustizia indiana  e di questa incresciosa , impotente e parolaia Italia.

Non basta  come dice sempre Mattarella che, in questo momento di celebrazione della Festa della Liberazione, il suo pensiero vada " anche ai due fanti di Marina, Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, che da oltre tre anni attendono giustizia. A loro è rivolto il mio incoraggiamento con l'associazione che l'impegno dell'Italia nei loro confronti non si è attenuato».

Sembra l'unico a ricordarsi di due italiani che hanno la sola colpa di avere obbedito agli ordini e forse di essere italiani.

Chissà viene da chiedersi se fossero stati americani od inglesi o francesi se sarebbero prigionieri?

E bastano 4 pur nobili parole dette ogni tanto per lavarsi la coscienza?

Tre anni e tre governi : Monti, Letta e Renzi!

Quanti altri governi prima che siano liberati?

Quante parole prima di quelle giuste?

Ma davvero l'Italia vuole liberi Massimiliano La Torre e Salvatore Girone?

Non so rispondere a nessuna delle tre domande ed ho molti, molti dubbi sull'ultima.

Ma sento il bisogno di parlare di due italiani prigionieri del loro senso del dovere.

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Trecento chili tra hashish e cocaina sono stati sequestrati ieri sera in un box nella zona di Pietralata e due persone sono state arrestate dalla polizia.

La "scoperta" è stata fatta dagli agenti della VI sezione criminalità diffusa della squadra mobile, nell'ambito dell'attività volta al contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti in zona Tiburtina. Volume d'affari stimato - per lo spaccio al dettaglio - ammonta complessivamente a circa 1 milione di euro.

In manette sono finiti Vincenzo Barca, 33enne calabrese ed Eugenio Picariello, romano di 42 anni, in quanto colti nella flagranza di detenzione ai fini di spaccio.

I due uomini, a seguito di un pedinamento in strada scaturito dall'atteggiamento sospetto destato negli operatori della sezione "Falchi", sono stati sorpresi a entrare in un box in via Cave di Pietralata al cui interno, al termine della perquisizione, sono stati sequestrati una decina di borsoni contenenti centinaia di panetti di hashish pronti per essere immessi sul mercato della Capitale.

Le relative perquisizioni domiciliari, effettuate nelle abitazioni degli arrestati, hanno poi consentito di rinvenire 85mila euro, oltre ad alcune grosse confezioni di cocaina grezza allo stato puro ancora in pietra e tutto il materiale necessario al confezionamento dello stupefacente.

Gli arrestati sono stati associati nel carcere di Regina Coeli a disposizione dell'autorità giudiziaria.

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