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Il Ministro dell'Istruzione, che una volta era giustamente ed opportunamente Ministro della Pubblica Istruzione, non conosce la scuola e non conosce la storia.

Non sa, per esempio, che quando una volta alla fine dell'anno scolastico c'era la "qualifica degli insegnanti", cioè la valutazione che il Direttore Didattico, nella scuola elementare, oggi "primaria”, attribuiva ai suoi insegnanti, davanti casa sua c'era una lunga fila di insegnanti con in mano "costosi" regali in attesa di entrare per ricevere la sospirata "qualifica"di “ottimo”.

Certamente la Legge non prevedeva né permetteva simile pratica, ma era così.

Ed era così, perché siamo uomini ed, in quanto uomini, sbagliamo e siamo "peccatori".

E quei direttori didattici, nonostante le loro debolezze, ambizioni eccetera, anche per l'indirizzo degli studi specifici seguito, erano intellettualmente, a parte le dovute eccezioni, fior di professionisti, conoscevano la pedagogia e la psicologia, le dinamiche del processo di crescita degli alunni, entravano nelle aule scolastiche e sapevano perfettamente quanto una classe lavorasse e quale livello d'istruzione avesse raggiunto almeno complessivamente.

Il fatto che riferisco è il racconto di uno dei tanti maestri elementari che non si piegavano a questa logica “clientelare”, ed erano tanti e lodevoli, ma che magari “pagavano a caro prezzo” questo loro atteggiamento dignitoso.

Gli altri erano costretti a piegarsi per i più disparati motivi, tra cui certamente lo stato di bisogno.

Il Dirigente Scolastico di oggi è il dirigente di un istituto che tende ad avere, almeno nelle intenzioni dei ministri del nuovo millennio, le caratteristiche dell'azienda e che dall'alto si pretende che sia sempre di più un'azienda.

In quest'azienda si fanno degli investimenti e, come in ogni azienda che si rispetti, bisogna "far quadrare i conti" e poi "vendere il prodotto" attraverso una buona pubblicità: fissare vari appuntamenti nell'arco dell'anno scolastico, in cui, in pubbliche manifestazioni, vengono fatti esibire gli alunni, davanti a genitori compiaciuti, ad Autorità di rito e a cittadini curiosi, in performance finalizzate all'esposizione del "prodotto" umano, per dimostrare che quella scuola funziona.

Anche così quella scuola fa concorrenza all'altra scuola e cerca di avere più iscritti dell'altra per l'anno successivo, anche perché così si hanno più finanziamenti, più progetti e più soldi.

Ma il Dirigente di questo tipo di scuola dedica quasi tutto il suo tempo ai conti, ai finanziamenti, alle operazioni di facciata, che sono quelle che procurano il "buon nome" alla sua scuola.

Poco però sa, tranne le dovute eccezioni di fronte alle quali bisogna togliersi il cappello, degli alunni, delle problematiche presenti nelle classi e di tutto quello che significa crescita cognitiva e formativa degli studenti.

Se poi il docente ha dei problemi con alunni e famiglie, è un fatto che deve sbrigarsi il docente stesso; ove vi sia coinvolto il Dirigente (badate, non il Preside; il preside era un'altra cosa), questo cura le public relations e si guarda bene dal "guastarsela con i genitori" e con gli alunni-clienti.

A tali dirigenti la Legge sulla Buona Scuola (la chiamano "beffardamente" Riforma, e non solo oggi) affida il compito di scegliere i docenti per i figli di quei genitori.

Ma questi dirigenti non hanno il tempo né le competenze, a parte il rispetto che si deve sempre a qualcuno, per interessarsi delle classi e dei processi evolutivi.

Questi "padroncini", pur con le migliori intenzioni di questo mondo, faranno in gran parte un disastro, perché non sono direttori didattici né presidi, non ne hanno le funzioni e non possono dedicarvisi, in quanto costretti a fare altre cose.

Guideranno con logica aziendalistica la scuola-azienda, che poi non è un’azienda vera, abbassando pericolosamente la qualità della scuola pubblica, e la faranno deragliare come un treno in folle corsa.

Metteranno i docenti l’uno contro l’altro in una competizione sleale che non punterà alla qualità della loro lezione ed all’impegno degli studenti, ma al “farsi volere bene” da tal dirigente e da tali genitori, con il risultato negativo di avere docenti scarsamente motivati verso il loro delicato lavoro, oserei dire verso la loro delicata ed insostituibile missione.

Ovviamente la colpa di tutto questo disastro non è da imputare soltanto a tali dirigenti, ma all’impianto complessivo della scuola che viene dettato dall’alto, dove si è voluto e si vuole imporre, non soltanto oggi, la logica dell’azienda in un organismo in cui la logica dell’azienda non si può applicare.

Questa si può applicare soltanto dove si può misurare il numero dei bulloni che si avvitano in un giorno, il numero dei pezzi di ferro che si tagliano, con la dovuta cautela il numero delle pratiche d’ufficio che si sbrigano in un giorno; mai nella scuola, dove le operazioni non sono manuali e si lavora sull’animo e sul cervello di giovani da informare, ma soprattutto da formare, in tempi e modi che dipendono da una miriade di condizioni oggettive e soggettive di ogni singolo alunno e del mondo, anche psichico, che gli gira intorno, oltre che dal docente, condizioni che sono fattori non misurabili del processo cognitivo e formativo.

Allora, di fronte all’insuccesso di questo tipo di scuola-azienda, i cittadini più facoltosi busseranno ad una di quelle poche scuole private di eccellenza; non a tutte le scuole private, badate!, che sono sempre state e continuano ad essere diplomifici.

Già lo erano negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, quando i “figli di papà” che avevano l’insuccesso nella scuola pubblica, che era sempre di qualità, si iscrivevano a queste scuole che assicuravano la promozione facile.

In questo modo, snaturando la scuola pubblica, si torna alla “scuola di classe”, quella a cui i “figli del popolo” non potevano accedere ieri e non potranno accedere domani.

Per loro ieri c’era l’analfabetismo, oggi si prospetta una falsa istruzione, che non li qualifica per gli obiettivi elevati, per le alte sfere dell’intellettualità e dei corrispondenti impieghi remunerativi sia in termini economici che in termini di soddisfazione morale, ma li spinge e costringe verso il basso in mansioni di basso livello, poco soddisfacenti moralmente ed economicamente.

Questo accade sotto i nostri occhi increduli ed impreparati agli eventi, dopo le tante battaglie politiche, sociali ed ideali del secolo scorso per una scuola libera, di qualità, aperta a tutti ed eguale per tutti, dove l’impegno ed il merito erano occasione di progresso e di riscatto ed in cui anche le “condizioni di partenza” e le “difficoltà ambientali”, correlate al tipo ed al grado di scuola frequentata, facevano parte della “valutazione” degli alunni in termini di maggiore o minore merito.

Ora, chi avrebbe immaginato che in Italia saremmo arrivati a questo punto di disfacimento della funzione educativa e cognitiva della scuola? A questo ci hanno portato gli anni di rivoluzione, pardon!, d’involuzione della politica scolastica dagli ultimi anni del Novecento ad oggi.

E allora, se si vuole evitare di tornare alla pratica di certi sistemi di asservimento dei docenti che qualche “cattivo dirigente” potrebbe instaurare, con le conseguenze che abbiamo cercato di delineare, lo sciopero di oggi non è solo lo sciopero degli insegnanti, ma deve essere lo sciopero di tutti coloro che hanno a cuore il futuro delle giovani generazioni ed i destini della Nazione.

Ovviamente queste sono alcune delle considerazioni che si possono fare brevemente sulla tanto conclamata e declamata “Riforma della scuola” e non hanno la pretesa di essere esaurienti rispetto all’argomento in discussione.

Cleto, 5 maggio 2015                                                                         Franco Pedatella

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La Xylella fastidiosa è un batterio fitopatogeno capace di attaccare oltre all’olivo, diversi tipi di piante fra le quali la vite, il pesco, il mandorlo, diverse specie di agrumi, l’oleandro e diverse altre. In totale le specie di piante ospiti di Xylella fastidiosa sono oltre 150, fra le quali molte infestanti.

Occorre ricordare che la Xylella fastidiosa è stata a lungo conosciuta esclusivamente come agente della ben nota e devastante malattia di Pierce (PD) della vite (le prime viti ammalate sono state osservate negli anni ’80 del 1800, nella zona di Anaheim, Contea di Orange, in California).

Solo di recente si sono aggiunte, nel continente americano (Nord e Sud America, in particolare), le segnalazioni della presenza di Xylella fastidio su altre piante oltre che sulla vite.

Ad esempio, la presenza di Xylella fastidiosa nell’olivo, con la sintomatologia tipica di una brusca parassitaria e l’aggiunta di più o meno estesi disseccamenti di rametti e branche, è stata segnalata, in California, solo nel 2007 (ma le indagini erano cominciate nel 2003, 2004 dopo le prime segnalazioni di piante ammalate).

Nel 2008 c’è stato un incremento della mortalità di piante di olivo colpite da “leaf scorch” nella contea di Los Angeles e le indagini sono state riprese.

Nell’estate del 2013 sono stati segnalati in alcuni oliveti pugliesi diversi casi di disseccamento di piante di olivo coltivate in una zona a sud di Gallipoli nella Provincia di Lecce.

Le piante colpite presentavano la seguente sintomatologia:

-disseccamenti estesi della chioma che interessavano rami isolati, intere branche e/o l’intera pianta;

-imbrunimenti interni del legno a diversi livelli dei rami più giovani, delle branche e del fusto;

-foglie parzialmente disseccate nella parte apicale e/o marginale.

In seguito alle indagini svolte dal Servizio Fitosanitario della Puglia con il supporto dell’Università degli Studi di Bari e del CNR, nell’area colpita sono stati individuati diversi agenti parassitari che associati costituiscono il cosiddetto “Complesso del disseccamento rapido dell’olivo” ;

Essi sono:

-il batterio fitopatogeno da quarantena Xylella fastidiosa;

- il lepidottero Zeuzera pyrinao Rodilegno giallo;

-alcuni miceti lignicoli vascolari ( Phaeoacre-monium parasiticum , P. rubrigenun , P. aleophilum

, P. alvesii e Phaemoniella spp.) noti per causare disseccamenti di parti legnose di piante arboree e di vite.

Sembra che il batterio della Xylella Fastidiosa sia stato individuato per la prima volta in Francia- dove si teme per i vitigni-, nel mercato all’ingrosso di Rungis, alle porte di Parigi. A sostenerlo in una nota il ministero dell’Agricoltura. Il batterio è stato individuato su una pianta di caffè arrivata dal Sudamerica attraverso l’Olanda

La diffusione nel mondo

La Xylella fastidiosa è presente in varie parti del mondo :Canada, Messico, Usa, Costarica, Brasile, Argentina, Paraguay, Venezuela, Taiwan, Italia, Iran.

La Xylella fastidiosa colonizza lo xilema delle piante ospiti e il suo sviluppo nella pianta sembra condizionato dalla temperatura: valori compresi fra 25 e 32°, le temperature più idonee per la moltiplicazione del batterio, sarebbero favorevoli ad uno sviluppo epidemico della malattia; al contrario, temperature al disotto di 12-17°C e superiori a 34°C potrebbero influire negativamente sulla sopravvivenza del batterio nelle piante ospiti. La sensibilità di Xylella fastidiosa alle basse temperature invernali spiega in parte la sua distribuzione geografica che appare limitata alle aree tropicali e subtropicali. Tuttavia la Xylella fastidiosa è stata segnalata anche in Canada (Ontario),

dove le temperature possono essere piuttosto rigide. Xylella fastidiosa si moltiplica nei vasi xilematici della pianta ospite provocandone l’ostruzione.

L’Europa ha deciso che per fermare l’epidemia dovranno essere abbattute anche le piante sane

Nella zona del focolaio del batterio killer, infatti, sarà creata una zona "cuscinetto" di 100 metri dove saranno abbattute tutte le specie vegetali presenti.

Attualmente non vi sono focolai di Xylella in Calabria.

Nel frattempo il Ministero delle Politiche agricole ha approvato un Decreto che da' la possibilità di richiedere lo stato di calamità per gli ulivi colpiti dal batterio con una dotazione iniziale pari a 4 milioni di euro per l'anno 2015 e a 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017.

Dopo una lunga e difficile discussione-maratona durata due giorni, il Comitato Ue per la salute delle piante ha deciso che "le nuove misure Ue richiedono agli stati membri di notificare nuovi focolai, di condurre test ufficiali e di demarcare le aree infette in cui rigide misure di eradicazione sono state messe in piedi ed includono la rimozione e la distruzione delle piante infette e di tutte le piante ospiti in un raggio di 100 metri, a prescindere dal loro stato di salute".

La Coldiretti reagisce e Roberto Moncalvo presidente della Coldiretti dice che “Non è possibile accettare passivamente la strage degli ulivi sani proposta dalla Commissione Europea dalla quale si attendono peraltro ancora misure concrete di sostegno agli agricoltori colpiti da una calamità di cui i veri responsabili sono i mancati controlli alle frontiere dell’Unione. Questa soluzione avrebbe costi improponibili e causerebbe danni economici e ambientali inaccettabili, oltre a rischiare di spazzare via centinaia di anni di storia delle aree del Salento. Bisogna ricordare a tutti i cittadini che la xylella non mette minimamente in dubbio la qualità e la sicurezza alimentare dell’olio extravergine”.

Pietro Molinari, presidente della Coldiretti calabrese, invece, invita a potenziare le funzioni dell'ufficio fitopatologico della Regione Calabria per rendere più efficaci i controlli soprattutto nel Porto di Gioia Tauro dove arrivano centinaia di container da tutto il mondo e quindi bloccare oltre alla droga anche le piante infestate.

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Italia: che strana questa nazione ( se nazione è).

Italiani: che strano questo popolo( se popolo è).

Domani festeggeremo il settantesimo anniversario della Liberazione dell'Italia.

Ma l'Italia ha ancora due prigionieri: Salvatore Girone e Massimiliano Latorre .......

Che profonda amarezza!

Chi non li ha dimenticati( e come sarebbe possibile, soprattutto domani) ricorda ancora le parole e la promessa del neo presidente Mattarella che sarebbe stato fatto di tutto per “portare a casa i nostri Marò".

Loro sono vittime della bislacca giustizia indiana  e di questa incresciosa , impotente e parolaia Italia.

Non basta  come dice sempre Mattarella che, in questo momento di celebrazione della Festa della Liberazione, il suo pensiero vada " anche ai due fanti di Marina, Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, che da oltre tre anni attendono giustizia. A loro è rivolto il mio incoraggiamento con l'associazione che l'impegno dell'Italia nei loro confronti non si è attenuato».

Sembra l'unico a ricordarsi di due italiani che hanno la sola colpa di avere obbedito agli ordini e forse di essere italiani.

Chissà viene da chiedersi se fossero stati americani od inglesi o francesi se sarebbero prigionieri?

E bastano 4 pur nobili parole dette ogni tanto per lavarsi la coscienza?

Tre anni e tre governi : Monti, Letta e Renzi!

Quanti altri governi prima che siano liberati?

Quante parole prima di quelle giuste?

Ma davvero l'Italia vuole liberi Massimiliano La Torre e Salvatore Girone?

Non so rispondere a nessuna delle tre domande ed ho molti, molti dubbi sull'ultima.

Ma sento il bisogno di parlare di due italiani prigionieri del loro senso del dovere.

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