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E dopo, quali altre mafie avremo?

“Mafia nigeriana, Fratelli d’Italia: «Ormai controlla tutto, dobbiamo reagire»

«È fondamentale rompere il muro di omertà, che si è creato intorno al fenomeno della mafia nigeriana per paura di essere tacciati di razzismo.

 

Questo ha portato sia media e sia istituzioni ad ignorarla.

Invece, FdI intende accendere i riflettori, anche perchè sono i dati a parlare molto chiaro ed è questa la ragione di questo convegno, per spiegare la pericolosità della mafia nigeriana». Così il senatore di Fratelli d’Italia Giovanbattista Fazzolari, nel corso del convegno

“La minaccia della mafia nigeriana”, organizzato oggi in Senato da Fratelli d’Italia e a cui hanno partecipato tra gli altri il professor Alessandro Meluzzi, la deputata di Fratelli d’Italia, Wanda Ferro. «Bisogna istituire nei Tribunali sezioni specializzate per affrontare in modo adeguato i casi legati alla mafia nigeriana e svolgere un’indagine più approfondita sulla pericolosità delle mafie straniere con particolare attenzione proprio a quella nigeriana – avverte Fazzolari.

In particolare, avremmo auspicato che la Commissione Antimafia avesse avuto nei suoi compiti anche quello di indagare sulla mafia nigeriana, ma la nostra proposta è stata bocciata.

Mi auguro che in futuro ci possa essere una sensibilità diversa e soprattutto un’attenzione maggiore verso questa organizzazione criminale, perchè in Italia ci sono delle zone franche, come Castel Volturno, dove lo Stato è totalmente assente ed è sostituito dalla mafia nigeriana».

«La mafia nigeriana ha ormai un controllo capillare del territorio italiano. Ha iniziato muovendo i primi passi con la prostituzione, per poi passare al piccolo spaccio di droga e finendo per allearsi con la criminalità italiana.

Agendo in seguito per proprio conto», precisa il professor Alessandro Meluzzi soffermandosi, inoltre, anche sulla difficoltà che le forze dell’ordine italiane incontrano per contrastare questa criminalità.

«Siamo di fronte ad una criminalità pericolosissima – continua Meluzzi – e con l’immigrazione incontrollata si sta importando in Italia questo fenomeno come se fosse inoffensivo.

Tra 10 anni, se non si trova il modo di bloccare questo fenomeno, la mafia nigeriana diventerà la più pericolosa al mondo, più di quella cinese».

Amarezza, invece, da parte della deputata di FdI, Wanda Ferro, segretario della Commissione antimafia, per la bocciatura di alcuni emendamenti al decreto sicurezza finalizzati ad equiparare tutte le organizzazioni mafiose nazionali con quelle internazionali. “È fondamentale – precisa la Ferro – che in Commissione antimafia ci si adoperi al più presto per mettere in campo subito misure in grado di fronteggiare questo fenomeno. Spero, inoltre, che il global compact non venga firmato perché genererebbe il caos con l’arrivo indiscriminato di tanti immigrati irregolari. Le mafie internazionali devono essere fermate la più presto».(Lucio Meo)”

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san-nicola-eventiA Santu Nicola ogne vallune sona e ogni mandria fa la pruovula. A San Nicola la portata d’acqua lungo i corsi dei fiumi, dei torrenti, dei valloni è abbondante e quindi sono rumorosi e ogni mandria produce più del solito prima che arrivi il crudo inverno. Questo era un antico proverbio e un modo di dire per oggi 6 Dicembre . La Chiesa cattolica oggi festeggia il grande Santo, San Nicola da Bari. Mi ricordo che una volta veniva festeggiato anche a Lago (‘U Vacu), un paese confinante al mio, molto carino e ricco di tradizioni culturali e popolari. Il Santo Patrono del simpatico paese è infatti San Nicola (Santu Nicova in dialetto laghitano) e la chiesa parrocchiale è intitolata proprio a San Nicola. E qui voglio ricordare la famosa “Strina”, una antica tradizione folcloristica tipica dei territori della nostra terra e chi la cantava erano gli strinari, molto bravi ed intonati. Andavano in giro per le case a cantare la strina per portare gli auguri e per raccogliere regali. Se le porte delle case rimanevano chiuse erano canti ingiuriosi. Si vendicavano con stornelli sdegnati e pieni di profezie di disgrazie. E poi i famosi biscotti di San Nicola che venivano preparati dalle massaie il giorno della festa, benedetti dal sacerdote e poi distribuiti ai fedeli che erano in chiesa. Quelli rimasti venivano gelosamente conservati come oggetti sacri, e quando si sentiva nell’aria minaccioso il brontolio dei tuoni, precursori delle tempeste, si esponevano fuori sulle finestre o sui balconi, credendo vi fossero in essi la virtù di scagionarle. Tutto questo me lo raccontava la signora Giuseppina, originaria di Lago, e che aveva sposato l’ufficiale postale del mio paese. Ho voluto accennare a questa credenza per cogliere l’essenza dell’animo popolare che è andata lentamente sgretolandosi sotto i colpi potenti del civile progresso, ma che offre ancora oggi la possibilità di scoprire le tracce di un mondo rurale, semplice, dove la gente si accontentava del solo pane quotidiano, dove la chiave di casa era nascosta nella buca della gatta, dove gioia e dolore venivano divisi con gli altri, dove tutti si aiutavano a vicenda. Ma ritorniamo al proverbio. Questo proverbio è noto in tutta la Calabria, è frutto di esperienza di vita quotidiana e costituisce un estimabile bene culturale nella storia delle tradizioni popolari calabresi. Esso fa parte dei cosiddetti proverbi meteorologici. Ci venivano detti dalle nostre mamme, dai nostri padri, perché gente contadina. Eccone alcuni: Se è malu tiempu da muntagna piglia la zappa e vatinde in campagna. Se è malu tiempu da marina piglia a pignata e vatinde in cucina. Alla Candelora de l’inverno siamo fora, ma se piove e tira vento dell’inverno siamo dentro. Se il ragno fa il filato il bel tempo è assicurato. Quandu se sente la littorina cambia lu tiempu. Quandu jazze de mullure ‘nde fa senza misura.

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Giorgia Rombolà è una giornalista calabrese che da tempo vive e lavora a Roma, alla Rai.

Ha lavorato al TgR e adesso fa parte del gruppo di RaiNews24.

In particolare, è una cronista politico-parlamentare.

 

Oggi sul suo profilo Fb ha raccontato una storia incredibile.

Questo è successo a me, e non a qualcun altro.

È successo alle 14.30 su un treno della linea A della metro di Roma. Fermi a una fermata, trambusto, urla e il pianto disperato di una bimba.

Una giovane, credo rom, tenta di rubare il portafoglio a qualcuno.

La acciuffano e ne nasce un parapiglia, la strattonano, la bimba che tiene per mano (3/4 anni) cade sulla banchina, sbatte sul vagone.

Ci sono già i vigilantes a immobilizzare la giovane (e non in modo tenero), ma a quest’uomo alto mezzo metro più di lei, robusto (la vittima del tentato furto?) non basta.

Vuole punirla.

La picchia violentemente, anche in testa.

Cerca di strapparla ai vigilantes tirandola per i capelli.

Ha la meglio.

La strattona fina a sbatterla contro il muro, due, tre, quattro volte.

La bimba piange, lui la scaraventa a terra.

Io urlo dal vagone: “Non puoi picchiarla, non puoi picchiarla”.

Ma non si ferma.

Io urlo ancora più forte, sembro una pazza.

Esco dal vagone, mi avvicino e cerco di fermarlo.

Solo ora penso che con quella rabbia mi avrebbe potuto ammazzare, colpendomi con un pugno. “Basta, basta”, urlo.

I vigilantes riescono a portare via la ragazza.

Lui se ne va urlando, io risalgo sul treno.

E lì vengo circondata.

Un tizio che mi insulta dandomi anche della puttana dice che l’uomo ha fatto bene, che così quella stronza impara.

Due donne (tra cui una straniera) dicono che così bisogna fare, che evidentemente a me non hanno mai rubato nulla.

Argomento che c’erano già i vigilantes, che non sono per l’impunità, ma per il rispetto, soprattutto davanti a una bambina.

Dicono che chissenefrega della bambina, tanto rubano anche loro, anzi ai piccoli menargli e ai grandi bruciarli.

Un ragazzetto dice se c’ero io quante mazzate.

Dicono così.

Io litigo, ma sono circondata.

Mi urlano anche dai vagoni vicini.

E mi chiamano comunista di merda, radical chic, perché non vai a guadagnarti i soldi buonista del cazzo

Intorno a me, nessuno che difenda non dico me, ma i miei argomenti.

Mi guardo intorno, alla ricerca di uno sguardo che seppur in silenzio mi mostri vicinanza.

Niente. Chi non mi insulta, appare divertito dal fuori programma o ha lo sguardo a terra.

Mi hanno lasciato il posto, mi siedo impietrita.

C’è un tizio che continua a insultarmi.

Dice che è fiero di essere volgare.

E dice che forse ci rivedremo, chissà, magari scendiamo alla stessa fermata.

Cammino verso casa, mi accorgo di avere paura, mi guardo le spalle.

E scoppio a piangere.

Perché finora questa ferocia l’avevo letta, questa Italia l’avevo raccontata.

E questo, invece, è successo a me.

Da Iacchite - 5 dicembre 2018

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