E’ il drammatico appello che lanciano gli italiani emigrati in Venezuela.
"Le nostre autorità consolari non possono fare nulla, la Comunità italiana in Venezuela è allo stremo, il governo Maduro è ostile, ci stanno massacrando".
Il collegamento Skype con Caracas restituisce l'ansia e l'angoscia degli emigrati italiani - ben oltre la cifra ufficiale, 160 mila, di cui almeno 45 mila provenienti dal Nord Ovest, in particolare dal Piemonte e dalla Liguria - e anche il senso di disperazione, e di abbandono da parte della madre patria.
"Pochissimi parlano della situazione, media e tv, se non quando non si raccolgono i morti per le strade, ma qui è un'agonia lenta.
Molti di noi torneranno appena possibile in Italia, siamo una minoranza oggetto di persecuzione. Abbiamo ragazzi arrestati, minacciano le famiglie di ritorsioni, ci rimproverano di essere al fianco dell'opposizione ma tanti di noi, sino a ieri, hanno pensato solo a lavorare.
Chavez o Maduro, non importava.
Adesso è diverso.
Siamo come in Argentina ai tempi di Videla".
Si sentono esplosioni, nell'audio del pc.
"Mancano farmaci ed i negozi sono vuoti.
Ci sono scontri per le strade.
La polizia ha sbarrato le vie d'uscita di un parcheggio di un fabbricato, qui, cercano qualcuno, lanciano lacrimogeni, siamo bloccati qui dentro".
Chi parla è un quarantacinquenne che, a Caracas, dirige una catena di alberghi-ostelli, frequentati soprattutto da manager e lavoratori stranieri.
"Potrei anche chiudere - racconta -, abbiamo avuto un crollo del 70 per cento, adesso tutti hanno paura delle reazioni del presidente e delle squadre della morte, i Colectivos".
Il governo italiano tiene sotto controllo la situazione, mentre l'appello di papa Francesco di porre la chiesa come mediatore tra Maduro e le opposizioni, che reclamano nuove elezioni, è caduto nel vuoto.
Una domanda alla politica.
Perché l’Italia si preoccupa dei profughi africani ed asiatici e non degli italiani in Venezuela?