La concussione, dal latino medievaleconcussioscossa, eccitamento, ”dunque “pressione indebita,estorsione”è ilreatodel pubblico amministratore che, abusando della sua qualità e delle sue funzioni, costringe(concussione violenta) o induce (concussione implicitaofraudolenta) qualcuno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità anche di natura non patrimoniale.
Questo termine è entrato prepotentemente nel nostro linguaggio quotidiano a partire da Tangentopoli agli inizi degli anni 90.
E’ un reato tipico dell'ordinamento giuridico penale dellaRepubblica Italiana, la fattispecie concussiva non è presente nella maggior parte degli ordinamenti europei e pubblica amministrazione.
Oggi, la normativa italiana di contrasto al fenomeno concussivo è contenuta nel codice penale e precisamente nel Libro II, Titolo II "Dei delitti contro la pubblica amministrazione" (art. 314-360). Il reato “potrebbe essere punito con la detenzione da 3 a 11 anni.
Da non confondere con la truffa aggravata che è configurabile quando la qualità o funzione del pubblico amministratore concorrono in via accessoria alla determinazione della volontà del soggetto passivo, che viene convinto con artifici o raggiri ad una prestazione che egli crede dovuta.
Invece deve ravvisarsi concussione tutte le volte che l'abuso delle qualità o della funzione del pubblico amministratore si atteggia come causa esclusivamente determinante, così da indurre il soggetto passivo all'ingiusto pagamento che egli sa di non dovere.
Il fenomeno rientra pienamente nel rispetto della tradizione dell’antica Roma, quando la maggior parte dei componenti della nobiltà consideravano le province terra da bottino e il loro rappresentante il Pubblicano, cavaliere romano svolgeva determinati incarichi per conto dello Stato: costruzioni di edifici pubblici e riscossione delle tasse nelle province.
Il Pubblicano, chiaramente faceva di tutto per ottenere la costruzione al minor costo possibile con l’abbassare i salari ovvero con l’estorcere, senza alcuno scrupolo, più tasse di quelle che si era convenuto di pagare allo Stato da parte del popolo.
In aggiunta non indietreggiava di fronte a nessuna oppressione, estorsione o ad alcuna sopraffazione del diritto, pur di arricchirsi.
I Pubblicani erano, chiaramente, protetti dal ceto dominante.
Solo nel 194 a.C. veniva varata una legge (la Lex Calpurnia che prese il nome del suo ideatore Lucio Calpurnio Pisone Frugi) che rendeva possibile l’incriminazione di un Governatore o Pubblicano, che per i loro metodi oppressivi ed estorsivi si erano fatti odiare dalla popolazione.
Di conseguenza “potevano” essere accusati di “repetundis pecuniis” (concussione).
Questa legge, come è facile dedurre, non ebbe mai grande effetto.
Le denunce non venivano prese in considerazione, oppure, chi si macchiava di tale reato, veniva condannato ad una semplice e banale multa, tanto per salvare le apparenze. Nel tempo intercorso da allora ai nostri tempi, poco è cambiato e se proprio si dovesse decidere di analizzare questo fenomeno tipicamente italico, bisognerebbe tenere in seria considerazione l’importanza delle nostre tradizioni e il rispetto delle stesse nel perpetuarle il più possibile senza stravolgerle. L’ex ministro dell’industria
Franco Nicolazzi, per esempio, duranteTangentopoli è stato condannato per concussione nell'ambito del processo per le cosiddette "carceri d'oro"; ciò “causò”, “udite! udite!, il suo ritiro dalla vita politica attiva.
Altro esempio lo abbiamoavuto dal tribunale di Termini Imerese che ha condannato l'ex dirigente del settore Lavori Pubblici e del settore Finanziario del Comune di Bagheria, Giovanni Mercadante, a 2 anni e 8 mesi di reclusione per concussione.
Avrebbe costretto la cooperativa sociale Serenità, minacciandola di ritardare i pagamenti delle fatture per crediti vantati nei confronti del Comune di Bagheria, a dargli 3 mila euro.
Ovviamente, essendo la condanna a meno di 3 anni, il dirigente pubblico non fece carcere.
Tutto nel pieno rispetto di almeno 2000 anni della nostra storia passata e nel rispetto della tradizione, perché solo così si distingue dalla semplice moda.
Non è dunque un caso che una società nella quale le tradizioni sono svigorite diventa preda delle mode. Non sia mai!
Gigino A. Pellegrini & G el Tarik