La antica torre sulla piana del castello osserva le vicende della sua antica città. Non sente i colpi di mazza che battono sulle teste dei pali che vengono infissi nella sabbia per creare la base su palafitte della gran parte degli stabilimenti balneari amanteani, né i colpi di martello sui fogli di compensato marino che costituiranno l’impiantito sul quale ragazzi e ragazze mostreranno i loro corpi prima bianchi e poi sempre più scuri.
Troppo lontana per vedere le persone. Lei, la torre ormai riesce a malapena a vedere i pochi audaci che salgono fin lassù per ammirare un panorama che a dispetto dell’uomo conserva ancora un po’ di bellezza ( ehi, per favore non guardate la piana ora urbanizzata ; evitate il rischio di buttarvi giù) e poi costretti a sentire il grido straziato di dolore di una parte della nostra comune storia che cade a pezzi senza che alcuno se ne preoccupi.
Al massimo lei, la torre, sente i lamenti di un popolo pecora che è sempre stato dominato, ieri come oggi, dall’ultimo potere dominante; sia esso il greco, il romano, il cartaginese, l’arabo, l’angioino, il normanno,e via, via fino al gruppo politico di turno; tutti eguali nel pretendere rispetto, tutti simili nel rubare il futuro di questa città
Gli unici a lavorare sono i proprietari dei lidi che ancora sperano di vedere i turisti di un tempo riempire i loro stabilimenti, prendere il sole, a sciacquarsi nelle acque eccellenti del nostro azzurro mare, a bere le granite artigianali, a parlare della pasta con le alici prese proprio la sera prima dalle lampare dei pescatori locali, a telefonare ai propri amici” scendi, scendi, c’è mare che è un incanto”. Forse mi sono lasciato prendere dal sogno o dalla fantasia, forse.
Ma i lidi sono veri!