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AMANTEA – 2 dic. - La Direzione investigativa antimafia di Catanzaro ha eseguito un provvedimento di sequestro, emesso dal Tribunale su proposta del direttore della Dia, Generale Giuseppe Governale, nei confronti del 42enne Giuseppe Suriano, imprenditore, allo stato detenuto, ritenuto appartenente all’associazione di tipo mafioso riconducibile a Tommaso Gentile, avente articolazione autonoma nella provincia di Cosenza, ma in collegamento con altri gruppi ‘ndranghetistici.

Suriano, coinvolto nel 2007 nell’ambito dell’operazione “Nepetia”, viene descritto nei relativi atti “come imprenditore con rilevanti interessi economici nel territorio del basso cosentino e soggetto di notevole importanza nell’ambito della consorteria criminale” di riferimento.

Nel 2018 con l’operazione “Ares” viene, invece, colpito da misura cautelare per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, per la partecipazione ad un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, con il ruolo di preposto al finanziamento delle operazioni di approvvigionamento della droga, nonché per tentata importazione di cocaina dal Venezuela.

L’odierno provvedimento scaturisce da indagini patrimoniali condotte dalla DIA, che hanno consentito di dimostrare la netta sproporzione tra i redditi dichiarati dal Suriano e dai componenti del suo nucleo familiare, rispetto ai significativi investimenti effettuati, ritenuti il frutto dei proventi accumulati dalle attività illecite perpetrate.

Nello specifico, il sequestro ha riguardato una villetta a schiera con piscina, un garage, un fabbricato, veicoli e diversi rapporti bancari per un valore complessivo di oltre 500mila euro.

daMiocomune

Pubblicato in Primo Piano

Dia antimafia Beni per oltre 10 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia di Catanzaro a Luigi De Luca, di 47 anni, imprenditore cosentino con interessi economici, prevalentemente nel settore della Grande distribuzione alimentare, con punti vendita al dettaglio dislocati in diversi comuni della provincia cosentina.

 

 

 

Il provvedimento, emesso dalla Sezione penale presso il Tribunale di Catanzaro, è scaturito da una proposta dal Direttore della Dia, Giuseppe Governale, nella quale sono confluite le risultanze di accertamenti svolti in un arco temporale compreso tra il 1997 ed il 2016.

Il Tribunale, che ha formulato per l’uomo un giudizio di “pericolosità sociale”, sottolinea il coinvolgimento di De Luca nelle operazioni “Plinius” e “Plinius 2” (blitz antimafia scattati tra il 2013 e il 2015, nell’Alto Tirreno cosentino), in cui avrebbe riportato due condanne; nella prima indagine pena di 8 mesi di reclusione, nella seconda 8 anni e 6 mesi (sentenze emesse dal Tribunale di Paola), pena questa poi ridotta di tre mesi in Appello.

Secondo gli accertamenti, spiega la Dia, è emersa una rilevante sproporzione tra beni individuati e redditi dichiarati da Luigi De Luca, nonché sufficienti elementi per ritenere gli stessi di origine illecita.

Il sequestro riguarda l’intero compendio aziendale e capitale sociale della ditta individuale “LD Discount di De Luca Luigi”, costituita nel 2010. Il capitale sociale ed intero compendio aziendale della società “Risanamento Immobiliare Srl”, costituita nel 2010. Il capitale sociale ed intero compendio aziendale della società “Calabra Distribuzione Srl”, costituita nel 2010; l’intero complesso aziendale dell’impresa individuale denominata Rinaldi Maria Antonietta, avviata il 2011.

Inoltre sono stati sottoposti a sequestro 21 terreni e fabbricati, costituenti anche il compendio delle società sopra indicate; sequestrati infine 4 rapporti finanziari e tre autoveicoli.

Pubblicato in Paola

Dalle prime ore del mattino, la DIA di Messina, in sinergia con il centro Operativo di Catania, supportata dai Centri e Sezioni di Reggio Calabria, Palermo, Bari, Roma, Caltanissetta, Catanzaro ed Agrigento, sta dando esecuzione a numerose ordinanze cautelari, emesse dal G.I.P. presso il Tribunale di Messina, nei confronti di già esponenti di spicco della politica cittadina e della criminalità peloritana, nonché imprenditori e faccendieri di origine messinese. Contestualmente, sono in atto anche ingenti sequestri che colpiscono diverse imprese e beni immobili, per un valore di numerosi milioni di euro.

L’attività d’indagine denominata “Terzo livello” è stata coordinata dalla Procura della Repubblica-DDA di Messina, diretta dal Procuratore Capo dott. Maurizio DE LUCIA, ed ha evidenziato, in sintesi, una rete di rapporti clientelari/affaristici nella gestione della cosa pubblica.

Tra gli arrestati anche l’ex Presidente del Consiglio comunale di Messina, candidata sindaco alle recenti amministrative, Emilia Barrile.

Secondo l’accusa, Barrile, che è ai domiciliari, con l’aiuto di imprenditori, avrebbe messo su un sistema d’affari «per avere appoggio elettorale», come spiega la Dia.

Sarebbero state create cooperative fatte «ad arte» con l’assunzione di giovani per svolgere dei lavori per la Pubblica amministrazione.

«Il tutto per avere consensi»; come dicono gli investigatori.

«Attraverso i patronati si agevolavano i giovani per poi avere la disoccupazione», come dicono gli inquirenti. Emilia Barrile è accusata di associazione a delinquere, abuso d’ufficio e atti contrari a doveri d’ufficio.

Pubblicato in Italia

La Direzione investigativa antimafia di Catanzaro sta procedendo alla confisca della lavanderia industriale “Iacovo Maria”, di Diamante, intestata al coniuge, ma ritenuta nella effettiva disponibilità di Antonio Mandaliti, destinatario, nell’estate del 2016, insieme alla moglie, di misura cautelare detentiva, emessa nell’ambito dell’operazione “Frontiera”, condotta dalla Procura distrettuale di Catanzaro, con la quale sono stati duramente colpiti gli interessi, anche economici, della potente cosca Muto, egemone nel comprensorio di Cetraro.

Il decreto in corso di esecuzione è stato emesso dal Tribunale di Cosenza a seguito di accurate indagini patrimoniali svolte dalla Direzione investigativa antimafia, i cui esiti sono confluiti in una proposta di prevenzione personale e patrimoniale avanzata dal direttore della Dia alla predetta Autorità giudiziaria, che hanno già portato al sequestro del citato bene.

In particolare, il Tribunale ha ritenuto che la suddetta lavanderia industriale sia “…frutto o reimpiego di attività illecita…in periodo di pericolosità sociale del proposto: i sufficienti indizi di tale provenienza illecita, infatti, si ricavano proprio dall’ordinanza applicativa di custodia cautelare nei confronti del Mandaliti per tale reato [ndr. procedimento “Frontiera”], nell’ambito della quale le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – affermative della fittizietà dell’intestazione della lavanderia Iacovo e dell’atteggiamento del Mandaliti volto ad imporre il monopolio dei relativi servizi grazie alla propria appartenenza alla cosca Muto – sono considerate, oltre che intrinsecamente coerenti, anche estrinsecamente riscontrate dal compendio intercettivo agli atti di quel procedimento…”.

Inoltre, con il medesimo provvedimento è stata disposta nei confronti di Mandaliti l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di ps per la durata di tre anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.

Pubblicato in Alto Tirreno

Gli uomini della Dia oggi guidati dal generale dei Carabinieri Giuseppe Governale riescono anche in questo: sequestrate 1,5 milioni ad un fantasma mezzo francese e tutto calabrese!

La storia merita di essere raccontata dalla fine.

La Dia di Bologna ha appena dato esecuzione a un decreto di sequestro di beni, emesso del Tribunale di Reggio Emilia su proposta del Direttore della Dia, nei confronti di Salvatore Cappa, imprenditore edile 55enne originario di Cutro (Crotone), da anni nel nord Italia. Prima a Reggio Emilia e da ultimo ad Arcole (Verona).

Il provvedimento scaturisce da indagini che hanno consentito di acclarare una netta sproporzione, non giustificata, tra i redditi dichiarati rispetto all’ingente patrimonio riconducibile a Cappa. Il sequestro, oltre 1,5 milioni, ha interessato diversi rapporti bancari e veicoli, nonché quattro immobili, tra cui un appartamento con autorimessa.

Cappa è stato già condannato dalla Corte d’appello di Bologna il 12 settembre a 9 anni di reclusione nell’ambito del processo “Aemilia”, per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, reimpiego di beni di provenienza illecita ed estorsione.

Appare il fantasma

E veniamo ora alla “genialata” che aveva pensato Cappa con la speranza di sottrarsi ad un eventuale sequestro. Cappa aveva intestato l’appartamento con autorimessa, in maniera fittizia, attraverso l’utilizzo di documenti falsi, a tale Celestino Sassi, nato in Francia ma residente in Italia, a Campomarino (Campobasso).

Ma il tizio, dopo ulteriori accertamenti svolti anche con l’aiuto delle autorità francesi, è risultato essere inesistente. Insomma, aveva un’identità fittizia.

L’importanza di Campomarino

La residenza a Campomarino non deve essere considerata un caso.

Vediamo infatti cosa scrive la Dia nella relazione sul secondo semestre 2016: “Quelli che venivano indicati come segnali, per quanto qualificati, di una presenza delle cosche in Abruzzo e in Molise, grazie alle evidenze investigative raccolte con l’operazione Isola Felice, sono diventati importanti tessere del mosaico espansionistico della ‘ndrangheta verso regioni solo all’apparenza meno appetibili“.

Nell’inchiesta ‘Isola felice’, condotta dai Carabinieri con l’esecuzione di 25 misure cautelari, è stata fatta “piena luce sull’operatività del gruppo Ferrazzo di Mesoraca (Crotone) in Abruzzo e in Molise“. “Il capo ‘ndrina – si legge ancora nella relazione – non solo aveva scelto di stabilire ufficialmente la propria residenza in San Giacomo degli Schiavoni, ma si era di fatto reso promotore di una associazione criminale composta sia da calabresi che da siciliani (famiglia Marchese di Messina) che operava tra San Salvo, Campomarino e Termoli“.

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Pubblicato in Italia

La Dia di Catanzaro ha sequestrato a Diamante una lavanderia industriale riconducibile ad un presunto esponente della cosca Muto della 'ndrangheta, Antonio Mandaliti, di 60 anni, ma formalmente intestata alla moglie, Maria Iacovo.

 

Mandaliti é stato arrestato insieme alla moglie nell'ambito dell'operazione "Frontiera", eseguita nell'estate del 2016 , su direttive della Dda di Catanzaro, contro la cosca Muto.

Il decreto con cui é stato disposto il sequestro è stato emesso dal Tribunale di Cosenza sulla base di un'articolata proposta di prevenzione personale e patrimoniale avanzata dal direttore della Dia e basata sull'esito di indagini patrimoniali condotte dagli investigatori della Sezione operativa di Catanzaro e che hanno interessato un arco temporale compreso tra il 1997 ed il 2015.

La lavanderia industriale riconducibile a Mandaliti, secondo il decreto di sequestro "appare, per come ipotizzato nel procedimento 'Frontiera', come frutto o reimpiego di attività illecita".

Pubblicato in Cetraro

Catanzaro. Nella mattinata odierna i finanzieri del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro e il personale della direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria, coordinati e diretti dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, stanno eseguendo quattro misure cautelari nei confronti di un funzionario della Protezione civile della Regione Calabria e di tre imprenditori, indagati per truffa aggravata ai danni dello Stato.

L’ indagine ha anche portato ad un sequestro di beni per oltre 250 mila euro.

Secondo quanto si è appreso, il funzionario della Protezione civile della Regione Calabria coinvolto nell’inchiesta è stato portato in carcere, mentre i tre imprenditori sono stati posti ai domiciliari. Di nessuno degli arrestati, al momento, sono state rese note le generalità. L’inchiesta che ha portato agli arresti potrebbe essere partita, anche se al momento mancano conferme ufficiali, dalle denunce presentate nei mesi scorsi, subito dopo il suo arrivo alla guida del settore, dal responsabile della Protezione civile regionale, Carlo Tansi, che aveva riferito di avere scoperto illeciti nella gestione del comparto.

I particolari dell’operazione saranno illustrati dal procuratore della Repubblica dott. Nicola Gratteri e dal procuratore aggiunto dott. Giovanni Bombardieri alle ore 11.00 odierne presso la sede del comando provinciale della guardia di finanza di Catanzaro.

26 aprile 2017

Pubblicato in Calabria

Parliamo, ovviamente, di Carlo Samà amministratore delegato dell’Appennino paolano durante la gestione successiva a quella di Franco La Rupa.

 

Ne avevamo dato notizia sul nostro sito il 5 luglio 2013 quando la Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro dispose la confisca dei beni mobili ed immobili a lui riconducibili.

All’imprenditore amanteano, attivo nel settore della raccolta dei rifiuti, condannato in via definitiva per associazione a delinquere di stampo mafioso nell'ambito dell'operazione "Nepetia" vennero confiscati:

  • compendio aziendale della "Sama' Carlo srl", con sede in Amantea (CS);
  • compendio aziendale della "Servizi Ambientali srl", con sede in Amantea (CS);
  • Quote sociali e compendio aziendale della "Amagestioni srl", con sede in Amantea (CS);
  • Quote sociali e compendio aziendale della "Amambiente srl", con sede in Amantea (CS);
  • Quote sociali e compendio aziendale della "Tirreno Servizi srl", con sede in Amantea (CS);
  • Quote sociali della "Ecosud srl" con sede in Fuscaldo (CS);
  • nonche' decine di beni immobili (tra i quali spicca una quota di palazzo baronale amanteano del 1700), mobili registrati, mezzi industriali e svariati rapporti finanziari. (Roma, 5 lug 2013 AGI).

 

Allora i particolari delle indagini furono illustrati dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, dal capo sezione della Dia del capoluogo calabrese, Antonino Cannarella, e dal suo vice, Ten.Col. Michele Conte.

''Il tribunale di Cosenza - disse Lombardo - a tempo di record, con decreto camerale, ha emesso il provvedimento di sequestro.

Quello di Sama' e' un modello di imprenditoria del quale la Calabria non ha bisogno.

E' emerso, infatti, un circuito perverso tra criminalita' ed economia mentre la Calabria ha bisogno di ben altro''. Durante le indagini e' emerso anche che Carlo Sama', nel 2007, ha ottenuto un prestito di 900 mila euro da un istituto di credito attraverso il quale effettuava ''attivita' speculative - hanno reso noto gli investigatori - attraverso l'acquisto di titoli o di quote societarie''.

Cannarella ha evidenziato che ''ancora una volta emerge che la 'ndrangheta punta al lucro e quindi e' la ricchezza che bisogna colpire.

La Procura distrettuale di Catanzaro sta dando ormai da tempo un grosso impulso alle indagini sui patrimoni illeciti ed il Procuratore Lombardo e' impegnato in maniera incisiva su questo fronte''.

Il Ten.Col. Conte ha ricordato come ''durante le indagini siamo rimasti colpiti dal fatto che un imprenditore, ad un certo punto della sua attivita', decide di appoggiarsi ad una cosca per incrementare i suoi profitti e per eliminare i concorrenti''. L'operazione di stamane della Dia di Catanzaro rientra nell'ambito di una apposita strategia pianificata dal direttore della Dia, Alfonso D'Alfonso, contro i patrimoni illeciti della criminalita' organizzata”.

 

Ora la Direzione investigativa antimafia di Catanzaro ha avviato l’esecuzione del decreto di confisca di prevenzione emesso dalla Corte d’Appello di Catanzaro giacchè il decreto stesso è divenuto definitivo per effetto del vaglio della Suprema Corte di cassazione.

Il procedimento in parola, venne avviato nel 2012 con il deposito di un’articolata proposta approntata dal procuratore distrettuale di Catanzaro, sulla base di puntuali accertamenti patrimoniali esperiti dal personale della Dia di Catanzaro, è poi confluito in un’autonoma proposta di applicazione di misura di prevenzione a firma del direttore della Direzione investigativa antimafia, Nunzio Antonio Ferla.

Ricordiamo che Carlo Samà fu coinvolto nell’operazione “Nepetia” contro le cosche del cosentino.

Pubblicato in Primo Piano

Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.

Nel caso si impone il richiamo del noto proverbio nel suo significato che è solo questione di tempo e poi chi compie azioni proibite, alla fine rischia di subire conseguenze rischiose.

Era il novembre 2012 quando vennero arrestati, tra gli altri, l’ex sindaco di Rende Umberto Bernaudo e l’ex assessore consigliere provinciale Pietro Ruffolo, notoriamente “colonnelli” di Sandro Principe.

E stamani infatti sono stati arrestati Sandro Principe, Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo .

Insieme l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli ed un ex consigliere comunale di cui al momento non è stata resa nota l’identità.

Per tutti sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Secondo la Dda di Catanzaro avevano finanziato e poi capitalizzato con 8 milioni di euro una cooperativa di servizi per “garantire occupazione e pagamento di uno stipendio mensile a soggetti legati da vincoli di parentela o contiguità a esponenti apicali del clan Lanzino”.

In pratica la coop Rende 2000, ribattezzata Rende Servizi dopo essere divenuta a partecipazione comunale grazie ai due politici e a 8 milioni di fondi pubblici, assicurava uno stipendio al luogotenente del clan, Michele Di Puppo, allo stesso boss della ‘ndrangheta Ettore Lanzino e ad altre persone affiliate o vicine all’associazione mafiosa, in cambio dell’appoggio elettorale in occasione delle consultazioni del 2009, vinte appunto dal centrosinistra.

I reati contestati a vario titolo sono concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio, corruzione. Le indagini, condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, sono state svolte dal Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Cosenza ed hanno delineato un "intreccio" politico/mafioso che ha consentito a candidati alle varie tornate elettorali per il rinnovo del Consiglio Comunale di Rende, dal 1999 al 2011, per il rinnovo del Consiglio provinciale di Cosenza del 2009 e del Consiglio Regionale della Calabria del 2010, di ottenere l'appoggio elettorale da parte di personaggi di rilievo della cosca di 'ndrangheta "Lanzino-Rua'" di Cosenza, già tutti definitivamente condannati per "associazione mafiosa", in cambio di favori.

Ora tutti gli altri gatti, in qualunque amministrazione ospiti , sono preoccupati.

La DDA può giungere anche a loro ed in particolare a quelli sui quali da tempo sta indagando.

E poi, come oggi, la gente dirà “ chi se lo sarebbe mai creso!”

Pubblicato in Cosenza

Erano giunti ieri sera ,eleganti ed efficienti e dopo il tempo necessario erano usciti e sulla porta era apparso il cartello “ Chiuso per inventario”.

Nessuno sapeva chi fossero e cosa facessero.

C’è voluto stamattina per sapere.

Lo riporta solo la Gazzetta del Sud con il seguente comunicato web

“La Direzione investigativa antimafia di Catanzaro ha eseguito un provvedimento di confisca emesso dalla Corte di Appello del capoluogo calabrese nei confronti di Francesco Suriano , 37 anni”.

“L’intervento della Dia rientra nella operazione “Quattro terre” che ha consentito dal suo avvio di confiscare beni negli ultimi quattro anni per un valore complessivo di oltre 30 milioni di euro. Il provvedimento di confisca eseguito questa mattina ha interessato beni del valore complessivo di 1 milioni e 200 mila euro.

Secondo quanto riferito dalla Dia , Suriano sarebbe stato condannato in via definitiva per estorsione aggravata dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare la cosca mafiosa Lanzino-Di Puppo di Cosenza”.

Sorpresa la comunità!"

Pubblicato in Cronaca
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