Redazione TirrenoNews
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Sequestro Abu Omar, L'ex direttore del Sismi Nicolò Pollari condannato a 10 anni
Martedì, 12 Febbraio 2013 16:49 Pubblicato in MondoGiunge a conclusione davanti alla Quarta Sezione della Corte d'Appello di Milano il processo per il sequestro di Abu Omar, che avvenne il 17 febbraio del 2003
La sentenza è sintomatica. L'ex numero del Sismi, Nicolò Pollari, è stato condannato a dieci anni di reclusione, l'ex numero due Mancini a nove anni e altri tre '007' (Raffaele Di Troia, Luciano Gregorio e Giuseppe Ciorra) a sei anni. (Nella foto Pollari e Mancini)
Il sostituto procuratore generale di Milano, Piero De Petris, aveva chiesto dodici anni per Pollari, dieci anni per Mancini e otto anni per gli altri tre.
Come noto si tratta del processo “BIS” dopo la sentenza della Cassazione dello scorso settembre che, oltre a condannare in via definitiva 23 agenti della Cia, aveva annullato con rinvio il proscioglimento per i cinque imputati ritenendo che la copertura del segreto di Stato era troppo ampia e parzialmente illegittima.
Anche il governo Monti, come quelli Berlusconi e Prodi, aveva confermato la vigenza per il caso del segreto di Stato, e venerdì scorso la stessa presidenza del Consiglio ha anche sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Consulta contro la sentenza della Cassazione.
I giudici della Corte d'Appello però non hanno ritenuto di dover sospendere il processo in attesa della decisione della Consulta e, dopo aver acquisito nelle scorse udienze alcuni atti su cui il governo aveva posto il segreto, hanno condannato tutti gli imputati, ribaltando le sentenze dei due precedenti gradi di giudizio che li avevano invece prosciolti.
Forte lo sconcerto del generale Nicolò Pollari il quale ha dichiarato: "Sono sconcertato: è stata condannata una persona che tutti in Italia sanno essere innocente. Non voglio fare paragoni ma ricordo che anche Tortora fu condannato a 10 anni. Come si faccia con serenità a condannare un innocente, che tutti sanno essere tale, è pazzesco. Che razza di esercizio è condannare un innocente? Io non solo sono estraneo a queste cose ma le ho impedite. Quindi non solo sono innocente, ma sono di più e il segreto di Stato prova la mia innocenza, non la mia colpevolezza. Lo stesso governo ha messo per iscritto che queste attività sono istituzionali e quindi sono lecite. Infine, un'ultima notazione. La cosa che davvero mi sconcerta molto è che in questo processo, segreto di Stato a parte, non sono mai stato messo in condizione di difendermi: non mi è stato consentito neanche di sentire un testimone. Perché? E' una domanda alla quale non so rispondere e che dovreste fare ad altri".
Arrestato dalla DDA Gesualdo Costantino sindaco PD di Melito Porto Salvo
Martedì, 12 Febbraio 2013 14:28 Pubblicato in CalabriaIl sindaco di Melito Porto Salvo, Gesualdo Costantino, e’ una delle 65 persone arrestate stamattina dai carabinieri nell’operazione contro la cosca Iamonte. E’ accusato di associazione mafiosa.
La cosca, per l’accusa, condizionava lo svolgimento delle gare di appalto del comune.
Nelle indagini delle forze dell’ordine, è emerso come la cosca Iamonte abbia goduto della connivenza della locale classe politica ed in particolare proprio di quella di Gesualdo Costantino, che all’epoca dei fatti in questione (nel 2007) era consigliere comunale di maggioranza a Melito e vice Presidente della Provincia di Reggio Calabria, nella giunta di centro/sinistra guidata dal dott. Giuseppe Morabito.
Costantino fu poi eletto sindaco di Melito a inizio maggio 2012 con il 63% delle preferenze, battendo di gran lunga i suoi due sfidanti, Vincenzo Russo (30%) e Giuseppe Salvatore Minniti (6,7%). Secondo gli investigatori, quelle elezioni furono macchiate dalla ‘ndrangheta e il successo di Costantino fu determinato proprio dall’appoggio fornito dalla cosca Iamonte.
«Era espressione degli Iamonte. Il sindaco è stato eletto grazie al sostegno della cosca» ha riferito il maggiore Miulli nel corso della conferenza stampa tenuta stamattina al Comando provinciale dei carabinieri.
In un’ intercettazione di Remingo Iamonte si sente : «Noi ci dobbiamo basare su Gesualdo perché quello abbiamo. Ma lui ci deve tornare il conto. L'abbiamo messo noi lì».
Gratteri dice che : «La 'ndrangheta non è né di destra né di sinistra. Per quanto riguarda la politica, la nostra indagine si fonda sulla voce diretta di Costantino e Iamonte. Ci sono state cene e incontri in cui gli uomini della consorteria hanno discusso di voti. Prima di questa indagine non sapevo neanche chi fosse il sindaco. Oggi c'è Costantino che è del Pd, domani e dopo domani ci sarà il tizio che è del Pdl. Le cose non cambieranno se i calabresi non si arrabbiano. L'abbiamo detto più volte che i calabresi sono un popolo di coloni».
La cosca Iamonte è quella famiglia mafiosa che è d'accordo alla centrale a carbone di Saline Joniche.
Il terremoto stanotte, una lunga notte durante la quale Direzione distrettuale antimafia e carabinieri hanno stroncato la cosca Iamonte, il Comune e gli imprenditori di Melito Porto Salvo .
L'ordinanza di custodia cautelare (oltre 4mila pagine) è stata firmata dal gip Cinzia Barillà su richiesta del procuratore aggiunto Nicola Gratteri e Antonio De Bernardo.
In tutto 53 indagati sono finiti in carcere mentre a 12 è stato concesso il beneficio degli arresti domiciliari.
Oltre alla provincia di Reggio, il blitz dell'operazione “Ada” ha interessato le province di Milano, Monza e Brianza, Varese, Asti, Roma e Viterbo.
Secondo la DDA la cosca Iamonte controlla il traffico di armi e di sostanze stupefacenti nel basso Jonio reggino e ha realizzato un’infiltrazione pervasiva all’interno del palazzo Comunale. Anche il precedente sindaco Giuseppe Iaria, sempre del Pd, è indagato a piede libero.
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De Grazia, la procura di Nocera vuole archiviare il caso, ma Legambiente non ci sta
Lunedì, 11 Febbraio 2013 21:22 Pubblicato in ItaliaPronto come pochi Paolo Orofino aveva anticipato che per il PM di Nocera Inferiore Giovanni Francesco Izzo non ci sono gli elementi per la riapertura del caso Natale De Grazia.
Sempre Orofino notiziava che il procuratore Giovanni Francesco Izzo ritiene che non vi siano gli elementi che potrebbero giustificare una rivisitazione del caso, chiuso quindici anni fa e per questo ha presentato al gip una richiesta di archiviazione rispetto ai dati contenuti nella perizia medico-legale inviatagli dalla commissione parlamentare.
Il PM ha dichiarato «La conclusione a cui sono pervenuto in realtà è contenuta nella stessa consulenza, laddove si afferma esplicitamente che da un punto di vista medico-legale il caso deve essere considerato chiuso».
In sostanza secondo il procuratore la relazione del consulente medico legale della Commissione parlamentare di inchiesta sui ciclo dei rifiuti «rappresenta una situazione di fatto contrassegnata dalla più totale incertezza e, per di più, irrimediabilmente lontana da ogni possibilità attuale di concreto accertamento».
Sulla notizia ritorna Legambiente la quale dichiara che si tratta di “Una scelta affrettata e assai discutibile che lascia francamente sconcertati».
Dichiara Nuccio Barillà, della segreteria nazionale di Legambiente «L'orientamento del procuratore Izzo, che ci auguriamo non venga accolto dal gip è stato espresso senza aver ancora ricevuto la relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti dedicata al caso De Grazia, approvata lo scorso 5 febbraio. Nella relazione, oltre al contenuto della perizia medico-legale (che smonta le conclusioni di morte naturale e avanza l'ipotesi di un decesso causato da sostanze tossiche, anche se non più accertabile), viene delineato, attraverso episodi precisi e circostanze dettagliate, il clima di pressioni, minacce e di esposizione in cui operava il pool, di cui Natale De Grazia era il motore investigativo, poi smembratosi dopo la sua morte. Allegata alla relazione vi è tra l'altro una mole impressionante di documenti, finalmente desecretati, che possono essere in ausilio nuovo e importante al lavoro dei magistrati».
Insiste anche Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente «Per quanto difficile possa essere, dopo tanti anni è dovere dello Stato tornare a indagare in modo approfondito, sulla base di nuovi indizi, su quella tragica morte, sul contesto entro cui è maturata e sui motivi che l'hanno ispirata, per tentare di giungere finalmente alla verità. Ci auguriamo che il giudice per le indagini preliminari, a cui tocca pronunciarsi sul caso, rigetti la richiesta d'archiviazione e disponga l'approfondimento delle indagini, a cominciare dall'acquisizione della Relazione conclusiva sul caso De Grazie e di tutti gli allegati. In questa vicenda pesano, secondo la stessa Commissione, superficialità, inadeguatezze, errori che hanno condizionato gli esiti della stessa perizia medico-legale e che richiedono oggi il massimo del rigore».
Non resta che attendere.
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