Parigi.“Vogliamo pane,vogliamo pane” e fu la prima rivoluzione francese.
Reggio Calabria.“Vogliamo lavoro, vogliamo lavoro”e può iniziare la prima rivoluzione calabrese.
Peraltro questa volta i 5200 LPU ed LSU non sono soli. Insieme con loro i sindacati, uniti in questa lotta, e molti sindaci dei comuni calabresi.
Parliamo di quei sindaci che da oltre 15 anni utilizzano costantemente LPU ed LSU per assicurare una vasta serie di servizi essenziali alla collettività.
Una condizione inaccettabile.
Queste amministrazioni non possono sfruttare ancora questi lavoratori.
Se li utilizzano allora li assumano e li paghino!.
E lo Stato deve togliere eventuali vincoli alla loro assunzione.
Ora in particolare con il governo Letta si avverte la disponibilità di onorevoli del PD e del PDL alla stabilizzazione dei precari ed i lavoratori calabresi che, esasperati ma consci di questo momento favorevole, hanno minacciato che, in caso di risposte negative o poco soddisfacenti, «sfonderanno le porte di Palazzo Campanella».
Siamo ai prodromi della rivoluzione civile ed a nulla sembra serva la blindatura del portone da parte di carabinieri e poliziotti, assieme a personale in borghese della Digos della Questura di Reggio Calabria e ad agenti della Polizia provinciale e della Polizia municipale.
Deve essere anche superato il problema posto dal Consiglio di Stato che nelle sue sentenze ha sottolineato che: « le caratteristiche dei lavori socialmente utili non ne consentono la qualificazione come rapporto di impiego; e ciò per la considerazione che il rapporto dei lavoratori socialmente utili trae origine da motivi assistenziali (rientrando nel quadro dei c.d. ammortizzatori sociali); e riguarda un impegno lavorativo certamente precario; non comporta la cancellazione dalle liste di collocamento; presenta caratteri del tutto peculiari quali l'occupazione per non più di ottanta ore mensili, il compenso orario uguale per tutti (sostitutivo della indennità di disoccupazione) versato dallo Stato e non dal datore di lavoro, la limitazione delle assicurazioni obbligatorie solo a quelle contro gli infortuni e le malattie professionali».