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Riccardo Clemente

Collaboratore dal 2009, da tempo ormai realizza insieme alla redazione articoli su Amantea, ma di fondamentale importanza è il ruolo di "informatore".
Splendidamente, infatti, raccoglie informazioni preziose su vicende locali ed in numerose  occasioni ha permesso la realizzazione di veri e propri scoop di cronaca locale realizzati dallo Staff del portale TirrenoNews.Info

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Franco Laratta: A proposito delle liste per le regionali.

Mercoledì, 29 Ottobre 2014 14:01 Pubblicato in Calabria

franco larattariceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato.

Avrei voluto sentire anche semplicemente un cenno al fatto che parte del merito della clamorosa sconfitta di Scopelliti e c. a Reggio Calabria fosse anche merito di Demetrio Naccari Carlizzi e delle sue coraggiosissime e documentate battaglie contro il devastante 'modello Reggio'. Anche solo un cenno a lui che insieme a Seby Romeo, Giuseppe Giuseppe Falcomatà e pochi altri, hanno anche presentato denunce penali, interrogazioni, esposti e dettagliatissima documentazione, come provava del sacco di Reggio e delle pesanti infiltrazioni criminali nel comune. Invece niente. Anzi il Pd che fa? Mette, nel corso di una notte confusa e a tratti oscura, una regola nuova: non più 3 legislature, come limite massimo per essere ricandidati. Bensì una, una sola! Non condivisibile ma ci sta. Ma sapete quante legislature ha fatto Naccari in Regione (dove è stato tra i pochi a distinguersi)? Una, e ....15 mesi!! I 15 mesi glieli hanno conteggiati come fosse una seconda legislatura!Io di questa cosa mi vergogno! In quanto esponente, dirigente e semplice attivista di questo partito calabrese, provo un senso di disgusto.Completo il tutto dicendo che trovo altrettante inspiegabile la non riecandidatura di Nino De Gaetano: rottamato a 37 anni, dopo aver lasciato il partito di appartenenza per transitare nel Pd. Così come sono stati trattati malissimo, dal punto di vista umano e poi anche politico, Ciccio Sulla e il capogruppo uscente del Pd in Regione, Sandro Principe. Nessuno di loro era nelle condizioni previste dallo Statuto, cioè massimo tre legislature!Queste decisioni vanno inquadrate in un controsenso che ha dell'assurdo: il pd si priva di alcuni dei suoi uomini migliori, perché con 1 e 2 legislature alle spalle, ma poi consente che entrino nelle liste collegate, esponenti del centrodestra calabrese, alcuni consiglieri regionali in carica, che hanno le stesse, e anche di più, legislature alle spalle.Io queste cose non riesco a capirle!O meglio, le ho capite benissimo.

P.S: Un'ultima cosa sull'amico Mario Maiolo, che in quanto a competenza e qualità non è secondo a nessuno. LA sua scelta di non ricandidarsi, non ha nemmeno fatto venire un dubbio o una perplessità al pd calabrese. In molti avranno pensato: uno in meno!

Franco Laratta, Parlamemtare Pd

campustemesaamanteaRiportare Amantea al centro del villaggio, avviando una costruttiva collaborazione con gli organi di informazione e garantendo così una maggiore trasparenza nella gestione dell’ente municipale. È questo il messaggio che il delegato alla comunicazione Giusi Osso ha lanciato nel corso dell’incontro tra i referenti della stampa locale e regionale e l’esecutivo guidato dal sindaco Monica Sabatino.


Un incontro che si è svolto presso il Campus Francesco Tonnara e che ha consentito di illustrare ai presenti i tanti appuntamenti che avranno luogo nei prossimi mesi nel teatro auditorium dello stesso Campus.«L’intento dell’amministrazione comunale – ha evidenziato la Osso – è di strutturare percorsi di collaborazione con i mezzi di informazione. Amantea, così come accadeva negli anni Settanta, Ottanta e Novanta è chiamata a ritrovare una propria identità dal punto di vista mediatico. Tra qualche giorno verrà ufficialmente attivato il nuovo portale web del comune, consultabile all’indirizzo www.comuneamantea.gov.it, che faciliterà il rapporto tra l’organo di governo locale e la comunità, garantendo più contenuti e più trasparenza ed allo stesso tempo daremo maggiore visibilità alla nostra azione utilizzando in maniera più concreta i nuovi linguaggi della comunicazione».«Oltre a tutto ciò – ha poi evidenziato il vice sindaco Giovanni Battista Morelli – abbiamo amplificato l’effetto di risonanza mediatica avviando un piano di sviluppo culturale e artistico, partendo da uno dei punti di forza del territorio: il Campus dedicato alla memoria del compianto sindaco Franco Tonnara. Qui, da novembre in poi, avranno luogo le rassegne teatrali e di musica sinfonica. La prima sarà curata dalla compagnia “Le comete”, diretta da Antonio Sesti e Enzo Alfano, la seconda dal maestro Filippo Arlia, referente dell’Istituto musicale “Tchaikovsky” di Nocera Terinese. Ma non è tutto: i primi di dicembre ospiteremo le bande musicali provenienti da tutta Italia che parteciperanno al Festival delle Armonie del Tirreno organizzato dall’orchestra dei Fiati Mediterranei. Ed ancora la convegnistica di qualità con i fotografi della Fiaf e i medici dermatologi che hanno scelto Amantea per i loro incontri».Il sindaco Monica Sabatino, nel ringraziare i presenti, ha voluto evidenziare «il gioco di squadra compiuto dalla giunta in questi primi mesi di mandato». «Sono stati mesi in salita – ha spiegato il primo cittadino – considerando che abbiamo dovuto affrontare questioni di rilevante importanza per il territorio. Ma abbiamo sempre dimostrato compattezza e unità d’intenti. Ciò significa lavorare di squadra ed i risultati si vedono. Le azioni culturali dei prossimi mesi serviranno non solo a rilanciare l’immagine della città, ma anche a creare indotto per le imprese commerciali e quelle turistiche».Hanno preso parte all’incontro il presidente del consiglio comunale Linda Morelli, gli assessori Antonio Rubino e Emma Pati e i consiglieri Elena Arone e Caterina Ciccia. Quest’ultima ha ricordato gli appuntamenti della Fiera che si concluderà il prossimo 2 novembre con la rievocazione storica curata dall’associazione Klampete.

Ufficio stampa comune di Amantea

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Gigino Pellegrini: Tornando a casa

Domenica, 26 Ottobre 2014 13:35 Pubblicato in Comunicati - Sport - Giudiziaria

gigginoAppartenere alla propria terra significa avere memoria del proprio essere, della propria vita e della propria storia. La storia vissuta di ciascuno di noi si misura con il senso profondo dell'attaccamento alle proprie radici che traggono la linfa vitale dai luoghi che ci hanno visto nascere e crescere.  “Costruire” la propria esistenza serve a stendere un ponte di collegamento con il passato ed il futuro attraversando il presente ed in questo altalenante  ma affascinante viaggio, ognuno di noi ha, come compagni di viaggio, i luoghi e le persone che hanno contribuito a formare la nostra storia personale. Memoria che è fatta anche dal dialetto utilizzato fin dalla prima  infanzia.  Viviamo nell'era dell'informatica, con l'assunzione nel vocabolario italiano e sulla quotidianità dei giornali di moltissime parole straniere. E' vero che ciò è segno di progresso, di miglioramento, di universalità ma è altrettanto vero che non dobbiamo consegnare al dimenticatoio quello che è stato il nostro trascorso: sarebbe una grave offesa all'intelletto e alla memoria di quelli che ci hanno preceduto. In questo contesto, rinunciare al dialetto significherebbe  ripudiare secoli di cultura locale, di tradizioni, di sagge locuzioni trasmesse dagli antenati. Significherebbe perdere un inestimabile patrimonio di metafore, similitudini, modi di dire, frutto della fantasia popolare che quando crea le sue immagini, pittoresche e folgoranti, lo fa in dialetto. In una terra come la nostra dove l’incultura dell’illegalità ha radici ambigue e profonde è necessario inventarsi qualcosa che rappresenti, per molti giovani, una via di uscita da un futuro fatto di sopraffazione e violenza in un quadro di desolazione che rischia di chiudere le porte a quell’ultima dea a cui spesso ci si rivolge, sbagliando, in condizioni di disagio. E’ triste constatare quanto poco stia a cuore ai governanti il futuro dei nostri giovani e della nostra terra! Quanti di questi se la sentiranno di rimanere in Calabria e quanti genitori avvertiranno il bisogno di trasmettere loro il senso di attaccamento alle radici e la volontà di lottare per il proprio riscatto?  Ogni cosa nasce da una passione, nasce dove la si cerca… . L'amore per il proprio paese, per la propria terra,è lo stesso sentimento, lo stesso sapore. Questo amore è fatto dai ricordi, dalle amarezze, da sudori e fatiche, ma anche dalla gioia, dal  desiderio di dare una parte di sé, alla propria terra! Di questa Terra e del suo  ambiente ne abbiamo fatto un uso maldestro, spesso dimenticata, stuprata, avvelenata, sottomessa ai più meschini interessi. Oggi più che mai dobbiamo cercare di salvare ciò che resta di quel "buono", garantendo così un futuro alle generazioni che verranno.  Senza tutela e diffusione  tutto si perde. Bisogna dunque ricordare per rinnovare, sensibilizzare le nuove generazioni ad una maggiore consapevolezza di se, la memoria è un occasione di crescita, esperienza e conoscenza.  Il futuro riparte dal passato! Siamo quello che lasciamo, e così rammentando frammenti di vita dei nostri nonni che coltivavano,pescavano e rispettavano la natura e dalla terra attingevano forza e sicurezza ecco che riemergono forti emozioni. Bisogna amare la propria terra, anche nel sacrificio e nella fatica come hanno fatto i nostri avi, radici dell'umanità. Da tutto questo proviene quello che viene comunemente definito senso di appartenenza.  Questo è certamente  un sentimento di fondamentale importanza nella nostra vita quotidiana, un legame che si instaura tra individui coscienti di avere in comune una medesima matrice culturale, intellettuale, sociale, professionale, religiosa. Tuttavia è anche vero che un senso di appartenenza troppo marcato può comportare effetti deleteri. In questi casi l’organismo si chiude in se stesso separandosi dal suo naturale contesto; finisce col prendere piede una logica di divisione di tipo “dentro/fuori” per la quale gli estranei vengono visti come diversi. È appena il caso di rilevare che questa è la stessa logica che ispira i settarismi, i fondamentalismi, i nazionalismi; in questi casi, evidentemente patologici, la rivendicazione identitaria è talmente esasperata che gli estranei da diversi finiscono col diventare nemici. Il singolo, inoltre, rischia di vedere compromessa la propria individualità. Come dovrebbe dunque esser  vissuto un senso di appartenenza che, per quanto intenso e gratificante, sappia tenersi lontano da questi eccessi? Come si può appartenere ad una società civile senza esserne assorbiti, senza rinchiudere in essa i propri orizzonti intellettuali ed emotivi? Come soddisfare la propria curiosità in una parte della nazione ignorata dai governi centrali che in tutti questi anni ha costretto i giovani a recarsi lontano dalla propria terra per saziare la famelicità della sua curiosità? Collocarsi in una posizione di frontiera, di bordo - con i piedi dentro e con la testa fuori, se così si può dire – potrebbe costituire un sistema efficace: sufficientemente dentro, così da contribuire e attingere a un comune sentire, ma anche sufficientemente fuori, così da esercitare liberamente il proprio giudizio critico. Ci si troverebbe in una posizione un po’ decentrata, eccentrica, così da resistere ai richiami centripeti e non cedere a tentazioni centrifughe. Credo che questa sia la sola collocazione che consenta di non lasciarsi condizionare eccessivamente dal luogo di appartenenza: rimanere terzi rispetto ad esso quel tanto che basta per conservare la propria indipendenza di azione e di pensiero, per mantenere integra la propria obiettività di giudizio. Conseguentemente, il senso di appartenenza che deriva da questa collocazione marginale non è mai totalizzante, senza se e senza ma; al contrario, è sempre parziale, limitato. Si appartiene, certo, ma solo fino a un certo punto. È  vero, questo modo di appartenere potrebbe risultare intellettualmente complicato, pesante, molto impegnativo  da sostenere e da difendere: chi decide in tal senso corre il rischio di essere considerato come uno che ha l’arroganza di preferire la propria opinione a quella dei più, che col proprio comportamento mette a rischio l’unità del gruppo, che rifiuta l’ortodossia dell’appartenenza  stessa della quale fa parte; una posizione complessa, quindi, anche dal punto di vista emotivo poiché non risparmia sensi di colpa e conflitti interiori. Tuttavia, per quanto scomoda, questa collocazione sia anche l’unica che possa essere di una qualche utilità per se stessi e in fin dei conti anche per gli altri. È l’eresia, non certo l’ortodossia, il vero motore del rinnovamento; eretico è colui che ha il coraggio di scegliere e utilizza ciò che sceglie per aprire nuove strade, per esplorare nuovi territori. Per rinnovarsi e rinnovare bisogna essere eretici. Per essere eretici bisogna essere liberi. E per essere liberi bisogna restare ai margini della comunità di appartenenza.

Gigino adriano Pellegrini & G el Tarik

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