Leggiamo che la direzione generale per l'Inclusione e le Politiche sociali conferma che i contratti potevano essere prorogati solo in virtù di un piano di stabilizzazione.
Non solo, ma da Roma chiariscono che la Regione, sebbene sia stata sollecitata, non ha ancora dato nessun riscontro.
Parliamo di LSU ed LPU.
In sostanza i Comuni calabresi non potevano prorogare i contratti degli lsu-lpu senza aver prima definito un piano di stabilizzazione.
Era quello che sostenevano i cinque stell.
Era quello che sostenevano diversi sindaci e diversi segretari comunali che non si sono piegati alle pressioni della politica. Ora la conferma arriva anche dal ministero del Lavoro
Ai chiarimenti ricevuti qualche settimana fa dal dipartimento Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri si aggiungono infatti quelli, ancora più espliciti, inviati dalla direzione generale per l'Inclusione e le Politiche sociali del Ministero all'Ispettorato del lavoro di Vibo.
L'Ufficio vibonese ha interpellato Roma su impulso del Comune di Arena, che a sua volta aveva chiesto delucidazioni sul rinnovo dei contratti dei precari.
E lo scorso 6 marzo il Ministero ha risposto in maniera inequivocabile: «La definizione del piano di stabilizzazione dei lavoratori in questione, da parte di ciascuna Amministrazione, è condizione necessaria – la dicitura è sottolineata e contrassegnata in neretto, ndr – per giustificare la possibilità di proroga e presupposto indispensabile per l'attivazione della procedura in deroga».
Senza piano di stabilizzazione, dunque, non si poteva prorogare.
Eppure molti sindaci calabresi lo hanno fatto – fidandosi delle sollecitazioni arrivate in primis dal governatore Mario Oliverio – senza però avere alcuna certezza di poter stabilizzare i precari alla fine del periodo di proroga.
Il che li ha esposti ad eventuali, futuri contenziosi giudiziari.
Ma non è tutto: qualcuno ha pure tentato di strumentalizzare il dramma dei precari puntando il dito contro i sindaci “ribelli” che, stando a quanto confermano i ministeri competenti, si sono solo rifiutati di emanare atti illegittimi.
Un circolo vizioso per cui non sono esenti da responsabilità alcuni settori della politica e dei sindacati, che hanno sempre cercato di assolvere la Regione da ogni responsabilità.
Anche su questo il Ministero del Lavoro mette un punto fermo: «Considerato che ad oggi la Regione Calabria, sebbene sollecitata dalla Direzione generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con nota del 9 febbraio 2018, non ha ancora dato riscontri in merito al suddetto piano di stabilizzazione, si comunica che la procedura in oggetto – cioè la proroga, ndr – non può essere attivata».
La Regione, insomma, ha spinto i sindaci a fare delle forzature che molti di loro, per legge, non avrebbero potuto fare.
È chiaro che in tutta la vicenda gli anelli deboli della catena sono proprio i precari – sottoposti all'ormai consueto ricatto elettorale – e gli amministratori “ribelli”.
Uno di loro, il sindaco di Arena Antonino Schinella, pur essendo di area Pd ha già criticato l'atteggiamento della Regione e, con in mano le carte arrivate da Roma, rivolge i suoi strali anche al sindacato: «La Cgil vibonese ha strumentalizzato i lavoratori dicendo loro che la colpa, se sono rimasti in un limbo giuridico, è dei sindaci, che invece si sono limitati a rispettare la legge.
Hanno indirizzato la protesta contro di noi salvando la Regione, che è la vera responsabile di tutto ciò. I documenti del Ministero lo dimostrano al di là di ogni dubbio».
Ed ora?