Volevo scrivere “Grazie per far ricordare la stampa seria!” ( vista la mia età, non più giovanissima) , ma, poi, visto che da “minculpop” in avanti i dubbi si impongono, mi sono deciso ad usare il “verbo far conoscere”!
Grazie per l’articolo “ Scopelliti e i giornalisti. Adesso basta!” postato sul tuo “ Corriere della Calabria” che compro ogni settimana e che seguo( ed invito a seguire) quotidianamente , soprattutto quando, come in questi giorni , sono lontano dalla mia terra.
“ Adesso basta! Ne abbiamo tutti piene le tasche di Scopelliti che imbroglia e di tanti rappresentanti delle istituzioni che gli consentono di fare l'imbroglione.
Sappiano i vertici della Procura distrettuale di Catanzaro e di quella di Reggio Calabria e sappiano i vertici della Questura e della Squadra mobile di Reggio Calabria, che non è più consentito a nessuno di lasciare che il massimo rappresentante politico della Regione Calabria si prenda gioco di tutti dicendo e smentendo poi quel che lui stesso dice.
Analogamente sappia il presidente dell'Ordine dei Giornalisti che, anche a scanso di ogni equivoco sui rapporti professionali che lo legano alla Regione Calabria, da lui pretendiamo uno scatto di orgoglio e di dignità. Da lui pretendiamo che vada immediatamente a trovare il procuratore Antonio Lombardo, il procuratore Federico Cafiero de Raho ed il questore Guido Longo e si faccia confermare ufficialmente o altrettanto ufficialmente smentire, la notizia diffusa da Scopelliti tramite un lungo virgolettato concesso all'Agenzia Ansa.
In quella notizia non si usava il condizionale e non si parlava di letture di anonimi blog diretti da anonimi giornalisti, lì il signor Scopelliti così tuonava: «C'è una informativa della Squadra mobile di Reggio Calabria, che è stata depositata, sulla gestione dell'informazione da parte di alcuni giornalisti, credo cinque o sei, che fanno informazione in maniera poco corretta». E traeva la seguente conclusione: «Vuol dire che c'è una parte dell'informazione che riguarda un gruppo di persone impegnate a manipolarla. Io lo ritengo un fatto grave. Si spiegherebbero tante cose».
Adesso l'Ansa, senza neanche tentare un chiarimento sulla genesi della notizia, pubblica la retromarcia indecorosa di Scopelliti con queste parole: «Ho detto soltanto di avere letto sul blog di un noto giornalista della presenza di un'attività d'indagine che, peraltro, ho risaputo, senza seguito».
Non ci stiamo. Non siamo disposti a portare il cervello e la dignità professionale all'ammasso.
Divulgare notizie false, asserire che esistono informative della squadra mobile «sulla gestione dell'informazione da parte di alcuni giornalisti»; indicare persino quale autorità giudiziaria si sta occupando dell'inchiesta («la cosa strana che abbiamo appreso, è che l'indagine è a Catanzaro»), fare tutte queste cose implica la commissione di una serie di gravi reati che tali restano sia se a commetterli è un piccolo giornalista sia se a commetterli è il potente governatore della Calabria, amico di non meno potenti magistrati e di potentissimi ministri di polizia.
Il Presidente dell'Ordine dei Giornalisti, Giuseppe Soluri, deve pretendere e ottenere un'inchiesta giudiziaria che faccia piena luce. De Raho e Lombardo devono promuoverla. In mancanza di ciò ci faremo carico di iniziative legali che finalmente rompano questo odioso circuito di “relazioni pericolose”.
Qui altro che “ossigeno”, all'informazione rischia di mancare ogni residuo spazio di agibilità democratica. Qui ci si straccia le vesti per ogni pernacchia anonima rivolta al più insulso cronista mentre poi si chiudono gli occhi su delegittimazioni, calunnie e manipolazioni del segreto istruttorio capaci di mettere, quelle veramente, a serio rischio l'incolumità professionale e fisica di quei pochi cronisti che non intendono abdicare rispetto al dovere di informare i calabresi su quello che avviene nei Palazzi.
Non vorremmo che di questo passo torni ad essere attuale il monito pronunciato da Michele Musolino, antico galantuomo e compianto sindaco di Reggio che, guardando ai dirimpettai palazzi del Governo e della Giustizia, si trovò a dover chiosare: non è il mio il palazzo più sporco della città.”
G. Marchese