Non mi faccio mettere in croce, né mi lascio friggere, sembra dire Scopelliti con il suo annuncio di dimissioni in massa e con il conseguente ritorno alle urne entro giugno.
Praticamente una soluzione invocata da tutti, e soprattutto dal PD.
Qualcosa non torna.
Bisognerebbe esser dentro per meglio capire a chi sta parlando Scopelliti con questa scelta.
Una sola cosa sembra certa e cioè che il governatore non ci sta.
Non ci sta quando afferma che «Ad oggi non è emerso un solo elemento probatorio che consenta di individuare la certezza della mia responsabilità. Credo che ci siano anche delle riflessioni da fare. Ho firmato gli stessi atti che ha firmato il sindaco facente funzione che mi ha sostituito», sibillinamente chiedendo come mai solo lui sia stato giudicato.
Non ci sta quando ha commentato la decisione del collegio giudicante, parlando di una «sentenza clamorosa», che considera «un messaggio inquietante per tutti coloro che rivestono una carica istituzionale».
Non ci sta quando sussurra «Non gioisca il centrosinistra rispetto a queste scelte e a queste sentenze perché non vince la politica»
Certo resta da cambiare la legge regionale sul numero dei consiglieri regionali stabiliti in 30 dalla legge e confermati dalla Corte costituzionale . occorre approvare immediatamente la nuova legge.
E comunque Scopelliti resta incandidabile, come Berlusconi.
Anche alle europee: sarebbe ben strano una sentenza che vieta in Italia e permette in Europa.
Che significa allora quel «Torneremo, non ci arrendiamo», che Scopelliti ha dichiarata davanti a palazzo Alemanni, dove si è svolto il vertice politico che ha assunto la decisione?.
Già! A chi sta parlando l’ormai ex governatore Scopelliti?