Voglio provare a raccontare l'incredibile storia di D il maldestro.
D soffriva e soffre di una rara malattia genetica autosomica chiamata “Sindrome Amorosa”. Una delle sfortunate conseguenze di questa sindrome è stata la successiva comparsa deformata dell'individuo, che potrebbe portare il nostro ad una netta sensazione di isolamento.
Inoltre, la sindrome amorosa, quasi sempre è stata mal diagnosticata perché presenta una gamma infinita di sintomi, e a volte è stata trattata in maniera inappropriata.
D alla ricerca di una soluzione.
Il progetto è stato quello di partire per un viaggio che gli avrebbe fatto attraversare l'Atlantico e il Pacifico, al fine di costituire un gruppo di sostegno e contribuire a riunire e sensibilizzare scienziati, medici e malati d’Amore come lui.
Durante il viaggio su di una nave mercantile, D ebbe modo di riflettere sull’influenza della malattia sulla propria persona e sulle persone a lui care. "Potrei far fronte ad essa sapendo di essere solo io a soffrirne”, ma rendersi conto che senza volerlo la stessa stava avendo degli effetti negativi anche su altre persone, lo rendeva ancora più triste.
In mancanza di una cura, D decise di aver fiducia in un nuovo trattamento: 'la terapia fotodinamica', in grado, così si diceva in giro, di ostacolare l’oblio a cui questo suo sentimento sarebbe stato destinato.
Non desiderava una rosa a Natale più di quanto potesse desiderare la neve a maggio: d’ogni cosa gli piaceva che maturasse quand’era la sua stagione. D aveva una predilezione per l’uso intensivo di modelli retorici, il costante ricorso a parallelismi e comparazioni, come strumenti d’indagine e l’impiego di tali artifici stilistici e semantici quali mezzi dell’espressività.
Ciò assunse una funzione critica: “smascherare” l’utilizzo convenzionale di tali caratteristiche formali in stridente contrasto con le forme di espressione dei “veri sentimenti”. Tutto ciò si dipanò in estrema ed efficace sintesi nella forma, nella struttura di questo suo Amore, che venne scambiato per null'altro che frivolezza; ma allorquando D si rivelò definitivamente in tutta la pienezza dei suoi sentimenti, un messaggero portò improvvisa la notizia della morte di quel sentimento in lei.
Una volta compresa la sincera natura del sentimento del nobile D , lei avrebbe potuto metterlo alla prova con un decennio di eremitaggio, alla fine del quale, se il proponimento fosse rimasto immutato, lei avrebbe potuto acconsentire ad amarlo.
Se D sapesse scrivere della bellezza degli occhi di lei, e cantare in nuovi versi tutte le sue grazie, il Futuro si pronuncerebbe dicendo che D poeta mente, perché mai un volto ebbe tali sembianze sulla terra.
“L’amore fugge come un’ombra l’amore reale che l’insegue, inseguendo chi lo fugge, fuggendo chi l’insegue”.
L’Amore che porta scompiglio, sconvolgimento, mette sotto sopra la mente quanto il fisico di D, lo affatica e, in alcuni casi, lo arresta in un limbo di impotenza, di morte della ragione, di follia. Niente di surreale, niente di inventato dagli animi vaganti di poeti d’altri tempi. Amare D o odiarlo, entrambi sarebbero a suo favore.
Se lo si amerà, sarà per sempre nel cuore di lei; se lo si odierà, sarà sempre nella sua mente. D avrà sempre un cuore che si agita in petto, che sembra scalpitare ed uscire fuori dalle poche parole scritte su un papiro d’altri tempi, e a distanza di secoli batterà ancora come se un unico sentimento, una comunanza viscerale di sensazioni, tenesse legato tutto il genere umano, poeti e meno poeti.
Il sentimento amoroso e i suoi sintomi, sarà sempre lo stesso. Qualcosa di crudo, reale, che si radica nei sensi e non ha niente di trascendente: fuoco che brucia sotto la pelle, orecchie che ronzano, fronte bagnata di sudore e pallore improvviso.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik