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La Calabria: dove ammalarsi significa spesso morire

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La Calabria è quel posto dove la speranza se è l’ultima a morire è comunque la prima ad ammalarsi.

Non è un titolo Ad effetto.

E’ la profonda verità che tutti facciamo finta di non sapere.

Ormai se ne sono accorti anche i politici, quelli che, hanno ottimi stipendi ed indennità ed ottime cure, spesso, anche, gratuite ( e comunque “loro” vanno ad operarsi fuori regione!)

E qualcuno comincia anche a dirlo (Pacenza : In Calabria le categorie deboli hanno rinunciato alle cure ).

Se n’è perfino accorta la ministra Lorenzin la quale ha dichiarato all’Ansa che la Calabria è la penultima (ultima è la Campania) per qualità dei LEA.

Se ne è accorta anche la commissione della conferenza delle Regioni presieduta dalla ministra Beatrice Lorenzin, la quale ha condiviso la necessità di mettere mano ad un istituto (ticket) che negli anni si è via, via modificato ed in alcuni casi è diventato una barriera all'accesso ai servizi sanitari.

Pur riconfermando l'autonomia delle Regioni e l'invarianza di gettito, il lavoro avviato oggi mira a recuperare un minimo denominatore comune tra le diverse Regioni ed una maggiore equità.

Negli anni si è prodotta una contraddizione insostenibile, soprattutto nella diagnostica, in cui la compartecipazione dei cittadini alle prestazioni (ticket) supera il costo delle prestazioni stesse da parte di erogatori privati.

E’ il caso delle analisi di laboratorio la cui ricetta è gravata da una tassa che nei laboratori privati non si paga. Una vessazione vera e propria. E tutti fanno finta di non saperlo e ness<uno fa nulla per un minimo di giustizia.

I diversi strumenti che intervengono in materia di compartecipazione: detrazione fiscale, esenzione del reddito, esenzione per patologie, esenzioni per età, necessitano un aggiornamento.

“La Calabria - sostiene Pacenza – anche per i vincoli del piano di rientro è tra le regioni che ha pagato di più in termini di sperequazioni e di risanamento: più irpef, più ticket, meno servizi.

Lo dimostra il dato che nella nostra regione purtroppo sempre più persone meno abbienti rinuncino a curarsi.

C'è la necessità quindi di una rimodulazione degli strumenti capaci di non impedire l'accesso alla cura ma anche in grado di evitare inappropriatezze, abusi e distorsioni.

È un lavoro delicato e complesso ma bisogna avviare una nuova stagione.

Gli addetti stampa del presidente Oliverio ricordano che nel 2016 la Calabria ha avuto un disavanzo di 54 milioni di euro e poi paradossalmente afferma che “Le gestioni commissariali sono state un vero e proprio fallimento. Il parziale risanamento economico è il frutto della fuoriuscita di circa 5 mila operatori dall’interno del sistema sanitario calabrese. Ciò dimostra che non è stato messo in campo nessun processo di risanamento e di riorganizzazione strutturale”.

La sanità in Calabria era e resta una vergogna.

Dateci i barconi per poter emigrare verso il nord dove le cose vanno meglio che in Calabria, dove la salute è più garantita, dove la vita umana è più rispettata.

Redazione TirrenoNews

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