
Quale credibilità può avere un ente che prima assume gli impegni e poi non li rispetta ?
Nessuna ,vero?
Parliamo della regione Calabria che prima il 28 aprile 2017 a firma di Carmelo Salvino e Giuliana Barberi, rispettivamente presidente e vice presidente della Fin Calabra spa, e del Prof. Antonio Viscomi per la regione Calabria, assumevano impegno di corrispondere entro il 30.06.2017 ai dipendenti Fincalabra la 14esima mensilità del 2014 e il saldo relativo alla 13esima mensilità del 2014.
Oltre all’impegno sopradetto la regione assumeva l’impegno di corrispondere non oltre il 31.12.2017 tutte le retribuzioni arretrate.
Tale impegno veniva confermato nell’incontro del 28 giugno 2017
Ed invece no!
Il 15 dicembre la Fincalabra comunicava che non avrebbe rispettato l’accordo del 28 aprile 2017, e che dunque non avrebbe pagato entro il 31 dicembre 2017 le mensilità arretrate.
Si tratta dicono i sindacati di un sacrosanto diritto ai dipendenti ex Calabria IT.
Cero che hanno ragione i sindacati quando si domandano perché al momento della firma dei riferiti accordi, “sia Fincalabra che la Regione Calabria, abbiano voluto immediatamente “invadere” la stampa, dando con grande risonanza mediatica il “lieto annuncio” e rivendicato la paternità di quella intesa con le OO.SS. che doveva chiudere un’amara ed annosa vicenda lesiva dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori”.
Una domanda alla quale è facile dare una risposta semplice quale è quella che ora la gente si ricorda di un accordo che dimostrava la efficienza e la correttezza dell’ente FinCalabra e dell’ente regione.
E soprattutto il rispetto per chi lavora
Non sarebbe logico dare risonanza ad una fregatura.
Vero?
Come potrebbe l’ufficio “pubblicità ed affini” con tutta la solita fantasia usata dire positivo di un “pacco” spedito al personale della Fincalabra e di un mancato impegno?
Allora in questi casi non resta che il silenzio nella speranza che la vicenda non venga nemmeno saputa
Per questo noi postiamo la notizia sul nostro sito!
“È illegittima e scellerata la scelta della Commissione straordinaria di liquidazione del Comune di Pizzo Calabro (Vv), dopo analoga delibera del Consiglio comunale, di affidare ad Agenzia Entrate
Riscossioni, ex Equitalia, il servizio di riscossione coattiva dell’entrate tributarie e patrimoniali.
Tra le seconde rientrano i canoni per acqua e fognatura».
Lo affermano, in una nota, i deputati M5s Dalila Nesci e Paolo Parentela, insieme alla consigliera comunale 5stelle di Pizzo Calabro, Carmen Manduca, e al giurista Giuseppe D’Ippolito, referente del Punto M5s Sos Antiequitalia Calabria.
«I canoni del servizio idrico – precisa D'Ippolito – non costituiscono tributi ma corrispettivi contrattuali che non possono essere iscritti a ruolo e quindi affidati a concessionario.
Il principio, già affermato dalla Corte costituzionale con sentenza numero 335 del 2008, è stato costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità e di merito».
«È facile prevedere – prosegue il giurista e docente universitario – che si apriranno, quindi, una marea di contenziosi».
«Segnaleremo alla Prefettura – sottolineano i 5stelle – tale illegittima scelta e forniremo assistenza gratuita ai cittadini».
«Gli amministratori di Pizzo Calabro – incalzano D'Ippolito e Manduca – approvino piuttosto modalità di rottamazione dei tributi locali, secondo le possibilità offerte dalla legge di bilancio, in dirittura d’arrivo».
«Peraltro – concludono Nesci e Parentela – le tariffe del servizio idrico sono assolutamente illegittime, poiché formate sulla scorta delle tariffe altrettanto illegittime richieste da Sorical, secondo quanto più volte affermato e ribadito dalla Corte dei conti e dalla stessa Corte costituzionale.
Bene farebbe la giunta comunale di Pizzo, guidata da Gianluca Callipo, sindaco che è anche a capo dell’Anci calabrese, a contestare in giudizio le tariffe di Sorical, così rendendo giustizia alla comunità locale».
Sette le persone arrestate per sfruttamento dello prostituzione tra Lamezia e Rosarno.
Il procuratore Gratteri, ha illustrato i dettagli dell'operazione “Locomotiva”
Le ragazze arrivavano in Italia con la promessa di un lavoro onesto.
Arrivavano dopo aver contratto un debito di 30mila euro da dover riscattare.
Promettevano loro di farle lavorare onestamente in Italia, di farle diventare parrucchiere o commesse ma già nel loro viaggio verso l’Europa, già nei campi libici venivano costrette a prostituirsi.
L’organizzazione criminale che le sfruttava prendeva in fitto delle aree di stazionamento, forniva alle ragazze di tutto anche i preservativi e cominciava lo sfruttamento
A raccontare i primi dettagli dell’operazione “Locomotiva” che ha portato all’arresto di sette persone per sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù, è il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.
Grazie a questa operazione, condotta dai carabinieri del Gruppo di Lamezia Terme, coordinata dalla Dda del capoluogo, sono state liberate circa 100 giovani nigeriane costrette a prostituirsi per strada in diverse zone tra Lamezia e Rosarno, tra le quali la stazione di Sant’Eufemia Lamezia.
Qui, nei pressi del tratto ferroviario, in zone seminascoste vicine ai parcheggi, proprio dove si trova il monumento di una locomotiva, le giovani sostavano in attesa di clienti.
Nella mente la paura di non portare abbastanza denaro alle madam che le gestivano.
La paura, inoculata nella loro mente, di quello che un rito vodoo detto “juju” potesse scatenare se non avessero obbedito agli ordini.
E poi l’assenza di documenti, sequestrati dalle loro aguzzine, le punizioni (restare senza cibo, e anche qualche botta) se non avessero portato abbastanza denaro fino a “riscattare” quel debito contratto per arrivare in Italia: 30mila euro.
«Qui si tratta – ha proseguito il procuratore Gratteri – di preoccuparci della libertà delle persone».
Nella foto da sinistra: Pietro Tribuzio, Massimo Ribaudo, Nicola Gratteri, Giovanni Bombardieri.