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Impossibile non leggere il pezzo del direttore del “Corriere della Calabria” dal titolo “Nel Pd tutti sapevano tutto”, un pezzo di alto giornalismo da stampare e conservare tra i documenti importanti della più recente storia politica calabrese , una storia come si legge di “fatti politicamente censurabili, comportamenti antidemocratici, atteggiamenti di arrogante ripudio di ogni regola democratica”, quasi da reame!

Eccovelo:”

TSUNAMI RENDE | Nel Pd tutti sapevano tutto di Paolo Pollichieni

Smaltita la cronaca, un paio di cose vanno dette e qualche antica riflessione va riproposta. La prima: tutti, a Cosenza e dintorni, a Rende e dintorni, a Roma e dintorni, sapevano tutto. Non vengano adesso a fare i pesci in barile. Sapeva Magorno e sapeva Guglielmelli, così come sapeva Guerini e sapeva Oliverio. Sapevano ma hanno preferito, siamo in periodo pasquale e la citazione arriva spontanea, lavarsene le mani del "caso Rende" lasciandolo all'amministrazione della giustizia. Semmai c'è da chiedersi se adesso intendono aspettare il bis a Cosenza e il ter a Catanzaro, e poi ancora il quater a Crotone e il quinquex a Cariati. Oppure passare dalle liturgie attorno alla legalità e ai proclami sulla lotta alla 'ndrangheta e al suo potere politico, a fatti concreti. Che vuol dire, innanzitutto, basta con le ammucchiate, con i riciclaggi, con il ripescaggio di vecchi relitti politicanti.
La dichiarazione rilasciata dal segretario regionale del Pd, Ernesto Magorno, a commento degli arresti di Rende è onesta. In alcuni passaggi anche coraggiosa, posto che si pone a difesa di chi ha indagato e riconosce merito ai magistrati inquirenti. E tuttavia se non arrivano anche fatti politicamente concreti, quella dichiarazione sarà anch'essa lacunosa e ipocrita perché dalle "carte" emergono non solo reati ma anche fatti politicamente censurabili, comportamenti antidemocratici, atteggiamenti di arrogante ripudio di ogni regola democratica.

Le primarie sono state un grande e grosso imbroglio. Tutte le primarie. Occorre una sentenza della Cassazione per prenderne atto e correre ai ripari? Magorno non è complice, semmai dalle intercettazioni appare vittima: si spostano voti sulla sua candidatura semplicemente perché non ne ha bisogno e soprattutto perché occorre "impedire" che «l'uomo di Enrico Letta», quel «coglione di Mario Maiolo» possa trovare spazio.

Questo, e altro, non lo scrivono i carabinieri, non lo ipotizzano i pubblici ministeri, questo lo apprendiamo dalla viva voce di Sandro Principe e di quanti su quella sua Audi A6, microfonata peggio che la stanza del "Grande fratello", si alternavano per parlare non di politica ma di come imbrogliare le carte della politica.

E tuttavia il fatto che le "carte" girassero da tempo, che tutti sapevano tutto, non ha impedito a Sandro Principe di essere il più coccolato degli ospiti che il Pd calabrese metteva in prima fila ogni volta che in Calabria arriva Renzi, oppure Lotti, oppure Guerini. E non è un caso isolato, basta farsi un giro al decimo piano della "Cittadella regionale" in un qualsiasi giorno lavorativo per capire che i manovratori sono sempre lì e che il loro potere cresce in maniera direttamente proporzionale alle indagini che li coinvolgono.

E più questa corte dei miracoli resta attovagliata alla mensa del governatore, più crescono le gare illecite, le nomine illegali, la clientela di basso impero, la perdita di fondi comunitari, le faide tra dipartimenti. Anche su questo, fatalmente, prima o poi si inciamperà. Farete tutti finta, ancora una volta, di cadere dal pero?

Adesso si va in bestia, dalle parti del Pd, per la "speculazione" dei parlamentari pentastellati. Scrivono Morra, Parentela, Dieni e Nesci che gli arresti di Rende sono «la riprova della grande menzogna della narrazione di Renzi, che doveva rottamare il sistema di cui si è invece nutrito, circondandosi di evasori, delinquenti d'alto bordo e, a quanto pare, amici delle 'ndrine. Principe, il più celebre tra gli arrestati, si convertì in un baleno al renzismo, e non fu il solo. Il potere politico e il potere criminale vanno a braccetto in Calabria, e a volte sono un corpo solo».
Caro Magorno, pur comprendendo pienamente il tuo sentirti umiliato per via di un passato di pubblico amministratore e di professionista senza macchia alcuna, devi sapere che quel che dicono i parlamentari del Movimento Cinquestelle non solo è vero ma, quel che è peggio, è anche quello che pensano molti simpatizzanti e molti iscritti del Pd, in Calabria e altrove.
E se è possibile considerare ingiusto che adesso si indirizzino solo su Magorno gli strali, chiedendone addirittura l'audizione in commissione Antimafia (della quale lui stesso fa parte), è altrettanto possibile prendere atto che proprio in Calabria e proprio a Cosenza la commissione a presidenza Bindi ha fallito in pieno il suo compito. Ha fallito quando nelle sue missioni cosentine ha preteso che gli inquirenti parlassero delle indagini proprio davanti ai migliori sodali degli indagati; ha fallito quando ha omesso di acquisire non la sola relazione della commissione d'accesso su Rende ma anche tutti gli allegati e tutto il carteggio intercorso con prefettura e ministero; ha fallito quando non ha voluto incuriosirsi sulla strana coincidenza che ha visto trasferiti, in contemporanea, prefetto e vertici di carabinieri e polizia che quelle indagini avevano condotto e coordinato. Ha fallito, soprattutto, quando si è rifiutata di ascoltare il gran maestro della massoneria che per primo ha denunciato il perverso accordo tra grembiulini sporchi, capibastone e uomini delle istituzioni senza onore.

Anche la supponenza riservata a quelle poche inchieste giornalistiche che pure, da tempo, avevano svelato e anticipato i "fatti di Rende", così come quelli di Cosenza e di Castrolibero, si dimostra oggi fallace e controproducente.

E mentre ancora si va cincischiando, il treno degli inquirenti prosegue spedito il suo tragitto. Prossime fermate Scalea e Cariati, Corigliano e Cosenza. Potete anche continuare a far finta di non accorgervi di quello che succede a casa vostra, voi del Pd, ma ciò non impedirà il corso delle cose.
Le responsabilità penali sono personali. Verissimo. Ma quelle politiche sono responsabilità collettive e non si può pretendere che sia il cittadino, sulla scorta dei tempi e dei modi di una indagine giudiziaria, a operare il distinguo.

Altrimenti a che servirebbe mai una classe dirigente?”

PS: solo Scalea e Cariati, Corigliano e Cosenza. Peccato!

Ah , Buona Pasqua , direttore!

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(ANSA) – CATANZARO , 22 MAR – La Procura della Repubblica di Catanzaro ha avviato un’inda gine, al momento contro ignoti, dopo la presentazione di un esposto da parte di alcuni giornalisti che sono stati in servizio nell’ufficio stampa della Giunta regionale durante la scorsa legislatura.

Il reato ipotizzato nell’indagine è quello di abuso d’ufficio. Nell’esposto, i denuncianti hanno segnalato la presunta disparità di trattamento e la discrezionalità della dirigenza regionale nell’applicazione, solo parziale, del piano occupazione 2014-2016 approvato dalla Giunta, sul loro licenziamento da parte dell’ente in contraddizione con i pareri dell’Avvocatura regionale e sulla mancata applicazione di leggi regionali e nazionali.

Secondo i giornalisti, sarebbe stata disattesa la parte del piano che prevedeva regolari procedure selettive in base alle leggi ed i funzionari dell’ente avrebbero discrezionalmente dato seguito all’immissione diretta nei ruoli della Giunta di personale proveniente da altre amministrazioni, nonostante la stessa Giunta avesse ufficialmente chiesto al Dipartimento la totale attuazione del piano occupazionale.

Nell’esposto, infine, è stato evidenziato come la richiesta di restituzione degli emolumenti relativi al periodo lavorativo svolto, nonostante fosse regolata secondo il contratto nazionale collettivo di categoria, sia stata effettuata proprio dal dipartimento Personale dell’ente, ufficio che ha curato la contrattualizzazione ed il pagamento degli stipendi per tutta la durata del rapporto di lavoro, in netta contraddizione, sempre secondo l’esposto, con le controdeduzioni inviate dalla stessa Regione al Ministero dell’Economia e delle Finanze. 22 marzo 2016 (ANSA)

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Il deputato ha annunciato pochi giorni fa il passaggio tra le fila dei democratici e sui social è partita una campagna di insulti e minacce oltre ogni limite

CATANZARO - Pochi giorni fa, alla presenza del sottosegretario di Stato, Luca Lotti, a Catanzaro, aveva annunciato il suo passaggio tra le fila dei democratici. Ed in quella occasione aveva criticato il Movimento 5 Stelle, dicendosi anche certo di ricevere critiche e attacchi.

Ma, forse, il deputato Sebastiano Barbanti non immaginava che gli attacchi potessero essere così frontali.

A scatenare i fedelissimi pentastellati sono state le ultime dichiarazioni di Barbanti che, nel presentare il suo ingresso nel Pd, aveva promosso la politica di Matteo Renzi, che, a detta dell’ex grillino, «ha inciso e ha radicalmente rivoluzionato il Pd» portando «un vento di cambiamento nel Paese. Un vero rivoluzionario», a differenza di Grillo che «è solo demagogico, tutto chiacchiere e per giunta strumentali».

Parole, le sue, che sono rimbalzate sulle bacheche Facebook degli attivisti, generando insulti e minacce.

«Lei è l’ennesima prova di quanta falsità e poca coerenza ci sia nel Dna dei calabresi - scrive un attivista sulla pagina Fb di Barbanti - Mi auguro che il tempo sappia vendicarsi su di lei. Lei mi fa veramente schifo come persona!».

Rincara la dose tale Ivan: «Il mio più caro augurio a te di poterti vedere malato, di vedere i tuoi familiari in chemioterapia, di poterti incontrare per strada ed ammazzarti come un maiale, lurido infame, fai solo venire voglia di scannarti mentre sei appeso a testa in giù, ma tranquillo, se ti vedo per strada non la scampi, vado in galera ma ti strappo il cuore e te lo ficco in c...».

Attacchi anche sulla pagina privata del deputato, dove qualche giorno fa annunciava la nascita del figlio Paolo. «Non spergiurare mai su tuo figlio - scrive Carmelo - non lo merita e non merita un padre incoerente come te. Auguri alla nuova vita. Vergogna a te».

«Povero figlio - gli fa eco Gianni - certo che stai contribuendo a fargli trovare un bel paese. Vergognati».

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