Trenta giorni sono lunghi da passare in quarantena per poter sconfiggere il coronavirus che tanto male sta facendo nella nostra Italia: Ospedali al collasso, scuole chiuse, interi quartieri del Nord Italia isolati, supermercati presi d’assalto, Musei, Gallerie, Biblioteche chiuse, bar, ristoranti e pizzerie vuote, strade deserte come se ci fosse il coprifuoco al tempo di guerra, anziani e bambini intanati in casa. E purtroppo l’epidemia del coronavirus non si ferma. E ogni giorno che passa, malgrado tutti gli accorgimenti e le precauzioni prese, i contagiati aumentano ed anche i morti. E questo maledetto virus proveniente dalla lontana Cina sta facendo cambiare il nostro stile di vita. Le vie dei nostri paesi sono deserte, i negozi sono vuoti, la gente vive rintanata in casa, non apre la porta agli estranei, a stento risponde al telefono per paura che il virus possa scorrere attraverso i fili del telefono e contaminarla. Nei paesini della zona rossa del basso Lodigiano nessuno più esce di casa. Anche le porte delle chiese sono sbarrate. Qualche signora si affaccia da una finestra e non ha nessuna voglia di parlare. I bambini non giocano più nel cortile, anche loro sono costretti a stare chiusi in casa. Agli anziani vengono portate in casa le medicine e la spesa. Hanno paura, tanta paura che il virus prima o poi secondo gli esperti colpisce proprio loro, perché sono i soggetti più fragili e dunque più esposti ai rischi. Noi viviamo a Cosenza, in Amantea, in San Pietro in Amantea e, grazie a Dio, a San Rocco, alla Madonna del Pilerio e alla Madonna delle Grazie, il coronavirus non è ancora arrivato. Ma un giornale locale oggi ha pubblicato che è stato contagiato a Reggio Calabria un Professore di origine siciliana e per questo l’Università Mediterranea è stata momentaneamente chiusa. Un secondo paziente si trova ricoverato al Pugliese Ciaccio di Catanzaro. Ed ecco ora alcune misure introdotte dal Governo Conte e volute dal Comitato scientifico che hanno colpito pure noi calabresi che siamo lontani dalle zone rosse ed isolate. Per evitare il dilagare del coronavirus e di contenere il contagio, tutta l’Italia viene messa in quarantena per almeno un mese. Scuole e atenei universitari rimarranno chiusi fino al 15 marzo. Stop a convegni, congressi e manifestazioni sportive. Ci è stato consigliato di adottare alcune precauzioni importanti: Non uscire di casa, anziani in giro per le strade il meno possibile, niente strette di mano, niente abbracci, niente baci nemmeno fra innamorati, salutarsi da lontano, un semplice ciao con la mano può bastare, lavarsi spesso le mani con acqua e sapone strofinandole per bene e per più di un minuto, se costretti ad andare a fare la spesa tenersi a distanza di sicurezza di almeno un metro, evitare i luoghi affollati e gli spostamenti in bus. Se si va al teatro o al cinema, sempre se siano ancora aperti al pubblico, bisogna rispettare la regola di alternare un posto occupato con uno libero. In caso di starnuti e colpi di tosse portare sempre in bocca un fazzoletto di carta da gettare via immediatamente. Chi ne è sprovveduto utilizzi la piega del gomito. Porte sbarrate per parenti e amici nelle sale di attesa di pronto soccorso, cliniche residenze socio sanitarie. Matrimoni per pochi intimi. Raccomandazioni validissime, ma difficilmente applicabili. Le chiese sono ancora aperte, i ristoranti pure, i supermercati sono affollati e lunghe file nelle casse. E allora come è possibile stare sempre ad almeno un metro di distanza dal vicino? Detto questo, poiché mi è stato consigliato e sono stato obbligato a restare chiuso in casa perché anziano e debilitato da un lungo raffreddore, non avendo altro da fare, ho incominciato a rileggere i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Mi sono soffermato a lungo sulle famose “Grida manzoniane”. Una in particolare:- L’illustrissimo ed eccellentissimo don Carlo d’Aragona pienamente informato della intollerabile miseria in che è vivuta e vive questa città di Milano per cagione dei bravi e vagabondi, dichiara e diffinisce tutti coloro essere compresi in questo bando, ordina che nel termine di giorni sei abbiano a sgomberare il paese, intima la galera ai renitenti e dà a tutti gli ufiziali della giustizia le più stranamente ampie e indefinite facoltà per l’esecuzione dell’ordine-. Ma io voglio ricordarvi una usanza, ora del tutto perduta, fino agli anni 50 diffusissima, e già molto antica. Chi non ricorda a San Pietro in Amantea Gino Ianni e in Amantea Ventura, i famosi bandituri? Uno con la trombetta e l’altro con un grande campanaccio giravano per le vie e per i vicoli del paese ad annunziare una lieta o una triste novella. Radio e televisione non c’erano, perciò le notizie più importanti, le ordinanze del Sindaco, la morte di un confratello della congrega, gli avvisi, non erano fatti mediante manifesti, anche perché non tutti sarebbero stati capaci di leggerli e comprenderli, e quindi erano affidati ai “bandituri”. Un bando che ancora ricordo:- Nessuno vada a lavare i panni, frutta e verdura nelle pubbliche fontane. Chi non osserverà questo bando sarà severamente punito e denunziato all’autorità di pubblica sicurezza-. Sono passati tanti anni, però le storie sono sempre le stesse. Al tempo della peste di manzoniana memoria erano le grida, negli anni 50 i bandi, ora con Conte Premier suggerimenti, raccomandazioni e restrizioni.