Dopo appena due anni di travagliata segreteria del Pd Zingaretti si è dimesso dal partito. Dimissioni irrinunciabili ha fatto sapere. Niente ripensamenti. Ma nella trasmissione di Barbara D’urso di ieri sera ha detto che non ha nessuna intenzione di scomparire e combatterà le sue idee. Ma il suo Pd è morto. Già Renzi lo aveva capito quando se ne è andato. Zingaretti ci ha messo due lunghi anni per capirlo. Al suo partito non interessa più il welfare, il lavoro, la formazione, ma interessano le poltrone. Non è più un partito di sinistra ma di sistema e questo non lo dico solo io ma lo ha detto il numero uno delle Acli di Bologna. Lo dovevano capire i Dirigenti e i Capi correnti del Pd e farsi delle domande come mai il Movimento 5 Stelle tiene e la Lega avanza e il Pd prendeva delle sonore batoste elettorali le cui ferite ancora sanguinano. Ha ragione Zingaretti, il Pd vuole solo poltrone. Non cambia le cose, altrimenti non avrebbe mai fatto un’alleanza col M5Stelle. Anche per il filosofo, ex Sindaco di Venezia, il Pd è morto. Si faccia subito il funerale e poi un bel congresso in cui si decida finalmente qualcosa. Se fanno finta che nulla sia successo allora non c’è avvenire per il Pd, resterà sempre un’armata Brancaleone. Fate presto. Domani potrebbe essere troppo tardi. I dirigenti attuali saranno capaci di mettere insieme i cocci e iniziare a parlare alla gente, ai lavoratori, ai cassi integrati, a chi è alla ricerca di una prima occupazione, a chi ha perso il lavoro causa Coronavirus, a chi ha dovuto abbassare la saracinesca dei suoi negozi? Zingaretti ha lasciato il partito, deluso e amareggiato. Ha pronunciato parole pesantissime, mai prima d’ora pronunciate da un segretario di un partito politico. Zingaretti si è dimesso perché prova vergogna ( e se lo dice lui che è il segretario, immaginate la vergogna che provano gli iscritti e i simpatizzanti delle piccole città e dei paesi dove il Pd è quasi del tutto assente ). I dirigenti parlano di posti, sono concentrati nei giochi di palazzo, quando l’Italia sta andando alla deriva e sta esplodendo la terza ondata del Covid. Ma, forse, il vero motivo per cui Zingaretti si è dimesso non lo sapremo mai. Lui non l’ha detto. Il punto di dissenso interno resta oscuro. Forse il progetto di alleanza con i 5 Stelle è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ce lo vedete voi, amici carissimi, che forse in passato avete votato PCI e DC, due gloriosi partiti politici che hanno fatto grande l’Italia, il Pd in posizione subordinata al movimento di un clown? Ma perché I Guerini, gli Orfini, la Serracchiani, i Franceschini, i Del Rio non sono intervenuti prima? Nessuno fino ad ieri ha avuto niente da ridire. Nessuno ha obiettato quando Zingaretti per far fuori Salvini ed evitare il suo trionfo si è alleato con Grillo e Di Maio. Quell’alleanza a molti ha fatto comodo. Dopo un anno di astinenza e digiuno, pur essendo il Partito uscito sconfitto nelle elezioni politiche del 2018, sono ritornati ad occupare le comode poltrone ministeriali nel secondo Governo Conte senza alcun merito. Nessuno ha osato obiettare quando Zingaretti diceva: - O Conte o elezioni anticipate -. Non c’è stato un Conte ter e non ci sono state elezioni anticipate. Hanno dovuto ingoiare il rospo. Un Governo Draghi appoggiato finanche da Berlusconi e Salvini. Ora Zingaretti, stanco, deluso, amareggiato, impallinato, accerchiato non da Salvini o dalla Meloni ma dai suoi stessi compagni, ha gettato la spugna. Si è dimesso. Chi si è fatto avanti come suo successore? Indovinate un po’. Beppe Grillo. Così ha scritto sul suo blog:- Non dobbiamo farci concorrenza. Io potrei portare ciò che più serve. Non l’equilibrio tra le correnti ma la risoluzione “green”- .E’ Una provocazione, non c’è dubbio. E’ una provocazione bella e buona. Le dimissioni di Zingaretti hanno fatto finanche risuscitare “Le Sardine”. Si sono presentate davanti al Nazareno con sacchi a pelo e hanno minacciato di occupare la sede del Pd.