L’art. 5 della Costituzione, nei “Principi fondamentali” che risalgono al testo originale del 1946, stabilisce che: La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento. È su questa base che la Repubblica Italiana avrebbe dovuto promuovere autonomia e decentramento delle autonomie locali, di fatto ciò è avvenuto solo a partire dal 1990. È infatti a partire dalla riforma della legislazione locale nel e dall’elezione diretta di sindaco e presidente della Provincia da parte dei cittadini nel 1993, che è stata finalmente avviata l’attribuzione, a Comuni e Province, di un grado di autonomia adeguato al dettato costituzionale.
Il titolare del potere di nomina del responsabile della prevenzione della corruzione va individuato nel sindaco quale organo di indirizzo politico amministrativo, salvo che il singolo Comune, nell’esercizio della propria autonomia normativa e organizzativa, riconosca, alla Giunta o al Consiglio, una diversa funzione. I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno: a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico; b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi. Allo scioglimento dei consigli per infiltrazioni e condizionamenti di tipo mafioso la legge riserva autonomo rilievo. Anche questa fattispecie, analogamente a quella dei gravi motivi di ordine pubblico, è riservata alla competenza statale, rientrando nelle funzioni in materia di lotta alla criminalità organizzata. Il sindaco di Amantea non sembra ravvisare la gravità della situazione che avrebbe dovuto portarlo alle immediate dimissioni, ritenendo banali il ricatto e la minaccia durante le ultime elezioni che lo hanno visto “vincitore”! In altri paesi occidentali i motivi per dimettersi da una carica istituzionale possono essere: per lussuria, gola, superbia, ma anche per molto meno. Il ministro degli esteri finlandese, per aver spedito degli sms ad una spogliarellista utilizzando il cellulare di servizio; una partita di sigari rimborsati a pie’ di lista al ministro per lo sviluppo francese; spiritosaggini con i giornalisti (Minoru Yamagida, ministro della giustizia giapponese). Se sei un politico, altrove, basta e avanza per dimetterti. Nell’ultimo mese hanno abbandonato almeno in due. Il senatore repubblicano del Nevada John Ensign per una tresca con una sua dipendente sulla quale il comitato etico indaga da quasi due anni. E il deputato indonesiano Arifinto, il cui Partito della prosperosa giustizia islamica aveva ispirato una severa legge anti-pornografia, beccato in aula a guardare un film a luci rosse. A marzo ha lasciato Seiji Maehara, ministro degli esteri giapponese, reo di aver accettato 500 euro da una vecchietta che si è scoperto poi essere cittadina sudcoreana (la legge lo vieta per evitare interferenze straniere nella politica nazionale).
Gigino A Pellegrini & G el Tarik