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Io ho una antipatia per gli stupidi. Soprattutto se sono pseudo intellettuali di sinistra.

 

Al di là di questo , però, mi sembra effettivamente che i fenomeni di corruzione della figura del Padrone, del Sovrano, la corruzione che la figura di questo Figuro porta con sé siano terribili!

Io non sono un “ex” comunista, ho studiato un po’, a suo tempo... e c'è una pagina di Spinoza nel quarto capitolo del Trattato Politico in cui si dice che c'è diritto di insubordinazione, di disobbedienza al potere....

Io vedo, leggo e traggo delle conseguenze.

Non mi sembrano nemmeno particolarmente acute, nel caso...

Come, per inciso, anche la protesta che i padroni locali manifestano contro chi parla di regime è risibile, perché sono loro stessi che affermano il regime, che danno una definizione di loro stessi come uomini di regime, nel modo in cui affermano che non vogliono discutere con chi passa il tempo a criticarli con “fiumi di parole inutili”, ad esempio, si svelano come uomini di regime...

Si tratta di un fenomeno abbastanza comune nel Paese e nel paese che mi ha visto nascere...

Non discutono,minacciano, ridicolizzano oppure querelano! La cosa dipende fondamentalmente dall'operazione politica che è stata condotta attorno alla "caduta dello spirito pubblico"...

Il popolo italiano è stato con Mussolini per molti anni...

Penso che ci siano dei grossi difetti nel funzionamento della “politica”,intesa come amministrare la cosa pubblica in maniera privata e clientelare.

Ma penso, soprattutto, che non ci siano veri avversari vogliosi di contrastare questo tipo di gestione arrogante e addirittura famigliare del potere.

Sono convinto che oggi la tragedia dei piccoli e medi paesi del Meridione è che con l'esaurimento della grande spinta socialista e comunista, vissuta per oltre un secolo di Storia è venuto meno quel radicamento estremamente profondo e originale (perché effettivamente il socialismo si è accompagnato alla libertà, alla resistenza, all'antifascismo, a una serie di grandi valori di costruzione democratica del Paese) che dava un senso, specifico e forte, all'essere “sinistra”.

Tutto questo è finito... I veri padroni devono trovare, evidentemente, un palcoscenico sul quale fare agire la loro propaganda.

Obiettivi di potere, ovvio. Sono gruppi di potere impegnati in lotte di potere, affamati di potere. Niente di più. La sinistra che ricordo in questo Paese, non esiste più.

La sinistra è stata spazzata via da un innocuo e refrigerante venticello estivo.

Dico una cosa che nessuno osa dire: quando si parla di sinistra si parla di una cosa che non ha nulla a che fare con il Parlamento marcio di un regime liberal-democratico.

Quando si parla di sinistra, si parla della divisione della ricchezza! Della ridistribuzione della proprietà!

Si parla dei livelli delle tasse.

Penso quello che pensavo della vecchia Democrazia Cristiana calabrese.

Fatta da forze interclassiste, profondamente radicate sul territorio, profondamente reazionarie che - in quanto reazionarie - non difendono gli interessi dei lavoratori.

Vengono “votati” sulla base di una demagogia... Di una demagogia specifica contro i lavoratori di altri paesi, di un'altra demagogia contro la riforma dei costumi nelle famiglie, di un'altra contro i mutamenti nella società...

Gli atteggiamenti reazionari dei lavoratori non sono mica nuovi, i lavoratori hanno votato anche e largamente per i fascisti, hanno votato sicuramente per il nazismo. La classe operaia non è per nulla un fenomeno naturale, non è per nulla un fenomeno statistico...

La classe operaia, cari amici, è la costruzione di una coscienza, di una coscienza di libertà, di eguaglianza. Evidentemente nessuno più lavora per la costruzione di una coscienza di eguaglianza, ma lavora per una coscienza dell'identità, che è una coscienza razzista, profondamente, esclusiva, patriarcale, legata a quelli che sono dei privilegi che sono stati conquistati dal lavoro di tutti gli italiani e che si sono rovesciati solo su alcune regioni particolarmente fortunate.

E' un mondo difficile, come direbbe un mio amico Beaumontese. Non c'è un dibattito pubblico che sia un dibattito pubblico in termini di contraddittorio, non c'è una capacità di cogliere le emergenze, l'affacciarsi di nuovi temi importanti, di nuove questioni, nuovi segni rivelatori di ciò che veramente accade. Quello che interessa sono le mode, passeggere.

Manca una ispirazione machiavellica. Machiavellica in senso costruttivo, nel senso del Machiavelli gramsciano... !!! Qualcosa di nuovo che nasce….per ora proprio non la vedo...

Mi rimangono i ricordi di Peppino u Campanaru, del giovane Alfonso Politano, della squadra dei “Facchini”, di Pasquino padre, della famiglia Burdo. Ricordi che riaffiorano in questo primo giorno del 2015.

Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik

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sindaco di amantea monica sabatinoIl sindaco di Amantea Monica Sabatino risponde in maniera chiara e diretta alle accuse lanciate nei giorni scorsi all’indirizzo dell’esecutivo da Luciano Cappelli che, tra le altre cose, ha rivestito in passato l’incarico di vice sindaco.

«Leggo con grande stupore – afferma il primo cittadino – dell’indignazione dell’ex vicesindaco ed ex assessore comunale Luciano Cappelli in merito al ritardo dell’apertura della nuova struttura che a breve ospiterà la scuola dell’infanzia di Campora San Giovanni. Naturalmente è nostra intenzione aprire lo stabile nel più breve tempo possibile, dotandolo almeno dello stretto necessario per dargli la dignità che merita: il plesso è all’avanguardia ed è stato costruito con tutti i requisiti di legge. Sarà una grande opportunità per i bambini che avranno la possibilità di crescere e di diventare grandi in un luogo idoneo e sicuro ed è nostra preoccupazione che ciò avvenga presto. Ma la cosa che veramente mi stupisce è leggere l’indignazione dello stesso Cappelli che sicuramente ha perorato la costruzione di questa struttura, ma che, a quanto pare, non l’ha seguita con la dovuta attenzione visto che afferma cose inesatte, come la presenza di 80 mila euro per gli arredi che non erano stati previsti né tanto meno stanziati. Forse avrebbe dovuto saperlo da assessore e da vicesindaco che la somma prevista è bastata appena, grazie al ribasso d’asta, a completare la struttura. Ma forse la sua presenza in comune era così sporadica che non poteva essere a conoscenza di questi dettagli. Capisco l’interesse per un sito che si vorrebbe vedere funzionante e attivo, ma partire da qui per sparare a zero in modo inopportuno sull’attuale amministrazione fornendo argomentazioni non veritiere è una cosa che non si può tollerare».

«Abbiamo dimostrato nei fatti – prosegue la Sabatino – l’importanza e il peso che ha Campora nelle nostre decisioni e non abbiamo sentito la necessità di far valere gli incarichi. Lavoriamo e siamo presenti tutti, consiglieri ed assessori per migliorare le condizioni di Amantea e di Campora San Giovanni ne loro insieme. Cercando insegnamenti dal passato, proprio l’esperienza di Cappelli ci ha dimostrato che un incarico non serve a nulla se non è supportato da una presenza costante e dall’impegno quotidiano. Per quanto riguarda le strategie studiate a tavolino, anche qui Cappelli ha preso una grande cantonata perché non c’è stato nessuno studio. In democrazia contano i numeri e le competenze. Questo dovrebbe ricordarlo. Per l’ironia mostrata sulla vicenda relativa alla gratuità dell’incarico affidato a Giuseppe Sabatino, rispedisco tutto al mittente. Chi è abituato a quantizzare ogni cosa probabilmente non concepisce l’effettiva possibilità che qualcuno possa prestare gratuitamente le proprie competenze al servizio della città».

Ufficio stampa comune di Amantea

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Quasi sempre i problemi vengono sopravalutati o sottovalutati. Ci sembra il caso dei tonnetti dalla spina bifide.

 

Per capire se questo problema sia eccessivamente sottaciuto, nella speranza che non conosciuto o che sia dimenticato, o se al contrario sia stato scientemente esasperato, è necessario dare parola alla competenti autorità , autorità che a tal punto non possono restare inani e dimentiche.

Per questo con la seguente lettera aperta ci rivolgiamo alle medesime chiedendo loro formale risposta.

Parliamo dell’amministrazione comunale e per essa dell’assessore all’igiene ed alla sanità Emma Pati, parliamo del dr Perrelli dell’Asp di Cosenza al quale è impossibile inviare una email( nessuno degli indirizzi che abbiamo reperito ha accusato ricevuta delle nostre email), parliamo della locale Guardia Costiera.

“Pregiatissimi, leggiamo ripetutamente sulla stampa locale di tonnetti dalla spina bifide.

Per migliore informazione di chi ci legge li compieghiamo a piede della seguente nota.

Il primo è tratto da Marsili Notizie del 25 novembre 2014.

Il secondo da Scirocco di Francesco Cirillo del 13 dicembre 2014

Il terzo da Il Corriere di Calabria del 26 dicembre 2014

Vi sottoponiamo, inoltre, la interrogazione presentata alla Camera dai deputati Nazareno Oliverio ed Ernesto Magorno il 11 marzo 2014.

Non ci risulta che delle catture sia stata presentata denuncia alla Guardia Costiera e quindi non sappiamo il nome dei pescatori che hanno pescato tali tonnetti, né dove siano stati esattamente pescati.

Non ci risulta nemmeno che sia stata presentata denuncia al locale ufficio veterinario, né se la trasformazione in tonno sott’olio abbia dato luogo al relativo commercio.

Non ci risulta nemmeno che della cattura di tonnetti dalla spina bifide sia stata fatta denuncia all’amministrazione comunale.

Non ci risulta che le carni dei tonnetti siano state sottoposte ad esami per valutarle la commestibilità o la pericolosità per l’alimentazione umana

Per quanto si sia condotta una prima indagine non siamo riusciti ad avere notizie certe.

Talvolta ci siamo trovati anche di fronte a muri inespugnabili

Le scarne informazioni raccolte con una indagine telefonica ci hanno riferito di una pesca avvenuta davanti al fiume Savuto.

Ora tutti gli articoli insistono su una vecchia pesca al largo di Fiumefreddo Bruzio e più recentemente nei pressi del porto di Amantea.

La cosa gravissima non è soltanto la presenza nelle nostre acque di tonnetti malformati, ma anche il fatto che si tratta di due episodi.

Il primo occorso ad un Amanteano ( tale Valerio) che a settembre 2013 davanti a Fiumefreddo Bruzio ha pescato 4 tonnetti malformati su 10: una percentuale comunque altissima

Il secondo addirittura nei pressi del porto di Amantea davanti dove sono stati pescati 14 tonnetti tutti con la spina bifide( 12 un primo giorno e 2 un altro giorno)

Praticamente secondo questa notizia non esisterebbe nel mare di Amantea un tonnetto sano!

La cosa è gravissima è che il biologo marino calabrese Silvio Greco ( l’ex assessore regionale durante la giunta Loiero) spiega che «La letteratura scientifica è concorde nell'affermare che questo genere di mutazione è dovuta alla contaminazione da metalli pesanti e da idrocarburi”.

A tal punto si impone una attenta valutazione dei fatti per sapere e capire :

  1. Se anche questi ultimi14 pesci siano stati pescati sempre da Valerio.( la gran parte dei pescatori da noi sentiti ci hanno escluso fatti similari)
  2. Perché di questo fatto non sia stata presentata denuncia alla Capitaneria di porto competente od alla Guardia Costoiera di Amantea e di Cetraro ( territorialmente competenti)od alla autorità veterinaria locale od al comune.
  3. Come dice Silvio Greco :” dove sia collocata la fonte d'inquinamento e a cosa sia dovuta».
  4. Se anche gli ultimi tonnetti siano stati trovati, come quelli di Fiumefreddo Bruzio, contaminati da idrocarburi policiclici aromatici, e da policlorobifenili
  5. Quale possibile rapporto possa esistere tra il caso dei tonnetti con spina bifide di Campora San Giovanni e quelli di altri luoghi, per esempio quelli pescati nella Rada di Augusta in provincia di Siracusa, dove i rinvenimenti di pesci con la lisca deformata sono stati numerosi nel corso degli anni. La causa lì è da attribuire allo sversamento in mare di enormi quantità di mercurio da parte del polo petrolchimico siracusano, accusato di aver avvelenato i mari a partire dagli anni ’50, i cui effetti si sono visti solo a partire dagli anni ’80. Tutt’altro che rare sono state le malformazioni di neonati venuti alla luce ad Augusta che superavano di gran lunga la media nazionale, senza dimenticare l’alto tasso di mortalità per cause tumorali.
  6. Se i tonnetti pescati nel Tirreno Cosentino siano commestibili o se al contrario ne debba essere vietata la pesca e la vendita.

Ci chiediamo infine come sia stato ( e sia ) possibile sottovalutare il problema anche da parte del GAC Perti “Perla del Tirreno” ?

Come si possono spendere soldi pubblici( nel caso Europei) per promuovere la pesca locale se i pesci sono come quelli che la stampa denuncia essere?

Che cosa fa l’assessorato regionale alla pesca? Perché l’Arpacal non è ancora intervenuta o se è intervenuta che cosa ha fatto, cosa ha scoperto?

Ci sono o possono essere rapporti tra questi pesci e le malattie della nostra zona?

Ringraziando resto in attesa di vostri comunicati

Le note:

A) “Interrogazione a risposta scritta 4-03935 presentato da OLIVERIO Nicodemo Nazzareno testo di Martedì 11 marzo 2014, seduta n. 187  

OLIVERIO e MAGORNO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali . — Per sapere – premesso che:   
nel settembre 2013 al largo di Fiumefreddo Bruzio, lungo il Mar tirreno cosentino, due pescatori amatoriali durante una battuta di pesca hanno catturato alcuni esemplari di tonnetti alletterati, una specie di tonno molto diffuso nel Mediterraneo e caratterizzata dalla colorazione azzurro-bluastra del dorso screziato. È il primo caso che si registra in Calabria, dopo i tanti rinvenimenti avvenuti nel resto del Paese;   
questi esemplari, dopo un'attenta analisi condotta in un laboratorio privato, sono risultati essere contaminati da idrocarburi policiclici aromatici e policlorobifenili, componenti chimici pericolosi per la salute dell'uomo;   
tale evento ha suscitato un vivo allarme nella popolazione, soprattutto per il fatto che su dieci esemplari catturati, quattro presentavano una vera malformazione, la spina dorsale bifida;   
l'analisi dei resti degli esemplari pescati hanno evidenziato che nella lisca erano presenti dei contaminanti, ritenuti da molti ricercatori tra i responsabili di mutamenti genetici negli animali, ma anche pericolosi per la salute dell'uomo, visto che è stato accertato il suo effetto altamente cancerogeno;   
il caso in Calabria sembrerebbe isolato, ma solleva non pochi timori sulla qualità della salute dei mari italiani che ricorda quanto già verificatosi in altre parti del Mar Mediterraneo: nel corso degli anni passati in altre parti del Paese, in particolare ad Augusta e al largo della costa siracusana, sono stati catturati esemplari malformati simili a quelli catturati a Fiumefreddo;   
lungo la costa siracusana nel 1989, dopo le operazioni di pulizie del porto sono state sversate a mare sostanze, molte delle quali tossiche, presenti nell'infrastruttura, sono state segnalate molti casi di pesci con anomalie scheletriche;   
questa circostanza farebbe ritenere che i tonnetti pescati a Fiumefreddo potrebbero venire dalla costa siracusana. Infatti i tonnetti, della specie pelagica e cioè capace di percorrere centinaia di chilometri dal luogo di nascita, cibandosi di altri pesci più piccoli fungono da bioaccumalatori delle sostanze contenute degli animali di cui si ciba;   
solo con una indagine a tappeto è possibile capire se c’è una area contaminata in zona oppure se questi esemplari provengono da altri luoghi. Tanto più che potrebbe essere plausibile che questi pesci vengano da un'area portuale che è stata oggetto di lavori infrastrutturali;   
secondo la ricercatrice Mara Nicotra dell'università di Catania il fenomeno dei pesci malformati è molto diffuso e il fenomeno mette in correlazione l'inquinamento del mare e la mutazione dei pesci –:   
se il Governo sia innanzitutto a conoscenza di quanto riportato in premessa e che riguarda la Calabria e se non ritenga necessario monitorare attentamente tutto il bacino del Mar Tirreno, attraverso una campagna di pesca mirata, che potrebbe consentire di comprendere meglio quanto questo fenomeno sia esteso;   
se il Governo non ritenga urgente promuovere opportune e adeguate indagini al fine di salvaguardare la salute dell'uomo, ove fossimo in presenza di una contaminazione;    se altresì non ritenga quanto mai indispensabile attivare un'azione di costante monitoraggio almeno del tratto di mare in questione per un controllo sistematico della condizione dell'ecosistema marino anche in relazione alla salute dell'uomo. (4-03935) 

B)Campora: presi tonni con malformazione alla spina dorsale [FOTO]

813 Views novembre 25, 2014 No Comments CronacaAsmara Bassetti

Sono stati catturati ieri nel mare della costa di Campora da un pescatore del luogo solito uscire in barca, 12 esemplari di tonno, i quali presentavano tutti lo stesso tipo di malformazione: la spina dorsale bifida, ovvero una doppia spina dorsale, del tutto anormale, la stessa riscontrata anche in alcuni tonnetti alletterati trovati lo scorso anno al largo di Fiumefreddo Bruzio. Anche in questa occasione la “particolarità” dei pesci è stata notata dopo la cottura, in quanto gli stessi avrebbero dovuto essere inseriti in vasetti di vetro affinché si conservassero sott’olio.

A distanza di un anno la storia si ripete, facendo auspicare nulla di buono sulla salubrità dei nostri mari. Se n’era già parlato lo scorso anno quando un giovane di Amantea nel settembre del 2013 aveva pescato assieme a suo zio, al largo delle coste Fiumefreddo Bruzio, alcuni tonni alletterati, trovandone 4 su 10 con una malformazione alla colonna vertebrale. Valerio, questo il suo nome, si era accorto della stranezza solo una volta cucinati, e spinto da preoccupazione aveva in seguito fatto analizzare due dei tonni rimasti. I valori delle lische analizzate erano risultate contaminate da idrocarburi policiclici aromatici, e da policlorobifenili ritenuti al di sopra della norma, entrambi pericolosi per l’uomo.

Non è detto che i pesci catturati nel mare antistante la costa di Campora siano stanziali. I tonni sono infatti di natura pelagica, ovvero passano la loro vita nuotando e spostandosi di continuo. Potrebbero quindi non provenire dal “nostro” mare, anche se ciò non è comunque rassicurante, in quanto si tratta del secondo caso in Calabria.

Gli stessi ritrovamenti erano stati fatti anche nella Rada di Augusta in provincia di Siracusa, dove i rinvenimenti di pesci con la lisca deformata sono stati numerosi nel corso degli anni. La causa lì è da attribuire allo sversamento in mare di enormi quantità di mercurio da parte del polo petrolchimico siracusano, accusato di aver avvelenato i mari a partire dagli anni ’50, i cui effetti si sono visti solo a partire dagli anni ’80. Tutt’altro che rare sono state le malformazioni di neonati venuti alla luce ad Augusta che superavano di gran lunga la media nazionale, senza dimenticare l’alto tasso di mortalità per cause tumorali.

Non è detto che anche i pesci catturati al largo di Campora siano contaminati, ma la malformazione alla spina dorsale dei 12 tonni probabilmente non è dovuta a fattori naturali. La famiglia del pescatore in ogni caso farà analizzare le lische, affinché si faccia chiarezza sulla provenienza della specie e sulle varie sostanze contenute.

C)14 dicembre 1990 / 14 dicembre 2014 Ventiquattro anni di silenzi e bugie sulle navi dei veleni

13 Dicembre 2014 francesco cirillo   Nessun commento

Nessuno vuole spiegare cosa davvero succede nel nostro mare. Si trovano tonnetti con la spina bifida e tutto prosegue come se niente fosse. Tutti hanno dimenticato l’ordinanza della Capitaneria di porto di Cetraro , la n. 03/2007, del 18 aprile del 2007, che dopo aver campionato i sedimenti marini di una vasta area , vicina all’area segnalata dal pentito Fonti, emetteva un divieto di pesca per la presenza nei sedimenti marini di grossi quantitativi di arsenico (area 1 e 2), cobalto (area 2), nonché un valore molto alto per l’alluminio e valori del cromo . La stessa Capitaneria di Porto a distanza di un anno senza alcuna spiegazione annullò questa ordinanza e tutto riprese come prima. Il buon pesce è ritornato sulle nostre tavole. Certo non vogliamo fare allarmismi, ed è giusto che sia così, ma almeno essere rassicurati su quanto avviene, oggi sarebbe quantomeno il minimo. Chi dovrebbero rassicurarci d’altra parte ? . Non certo i politici , sempre pronti a questo tipo di comunicati e sempre prodighi a difendere imprenditori e categorie della macchina turistica, ma potrebbero farlo, i cosiddetti addetti ai lavori come le ASL e le Arpacal, o le stesse Capitanerie di Porto, o il Ministero della Salute con tutti i propri esperti, questi qui potrebbero dire qualcosa di scientifico e non politico. Ma oramai siamo abituati a tutto, specie ai silenzi ed alle bugie. Lo siamo abituati da almeno 24 anni e precisamente da quando la motonave Rosso, nota a tutti come “nave dei veleni” al servizio dello Stato e dei servizi segreti, non affondò al largo di Lametia Terme e spiaggiò sulle coste di Amantea davanti il fiume Olivo. Tutti a dire che non è successo niente. E’ stata solo un’ allucinazione di massa. Centinaia di articoli, inchieste, foto, video, filmati a ripetizione, morti di leucemia, morti misteriose, tutto è stato frutto di fantasia di carabinieri,indagatori vari e naturalmente dei giornalisti e scrittori vari. Come il noto Carlo Lucarelli che in un libro, intitolato navi a perdere, della casa editrice verde-nero, cerca di squarciarne il velo del mistero. Anche io in un libro della casa editrice Coessenza, La notte di Santa Lucia, uscito nel 2009 ho cercato di squarciare silenzi e cercare verità. Il libro mi costò una querela da parte della società Messina che vinsi nel Tribunale di Paola. Il mio , disse ,il giudice, era un diritto di cronaca e per nulla diffamatorio. Oggi non ne scrive più nessuno. A questo punto le prossime volte si occuperà della Jolly Rosso esclusivamente Dylan Dog “l’indagatore dell’incubo” in uno dei suoi celebri fumetti. Di certo la magistratura non se ne occuperà più, nonostante la desecretazione di tutti i documenti dimostrino in modo assoluto che il traffico delle navi dei veleni, c’è stato, che è stato gestito dalla ‘ndrangheta e che ha interessato tutto il mediterraneo ed in particolare le coste calabresi. L’ultima archiviazione dell’inchiesta sulla Motonave Rosso è arrivata proprio da Pm Francesco Greco oggi procuratore al Tribunale di Lagonegro.

Nella richiesta di archiviazione il pm Francesco Greco scrisse che “ritenuto che a seguito delle indagini di questo ufficio sono stati accertati ulteriori reati e conseguentemente sono stati messi provvedimenti di stralcio ( in atto nel fascicolo); che da tutta questa notevole attività di indagine in considerazione che non sono emersi elementi chiari di collegamento tra il rinvenimento dei materiali trovati in località Foresta ( diossina,pcb e metalli pesanti) e la motonave Rosso, ovvero altri elementi certi tesi a dimostrare l’accusa di naufragio doloso al fine di lucrare la compagnia assicurativa in considerazione anche del notevole tempo trascorso per l’acquisizione di prove certe; considerata la complessa attività d’indagine e l’acquisizione di atti in numerose regioni del territorio italiano che non ha evidenziato elementi di reità utili ed idonei per sostenere l’accusa in giudizio; rilevato inoltre che per reati accertati all’epoca dei fatti a carico di pubblici ufficiali e militari sono da considerarsi già ampiamente estinti per prescrizione; chiede che il giudice per le indagini preliminari voglia disporre l’archiviazione del procedimento e ordinare la restituzione degli atti al proprio ufficio”.

Fine della storia . Anni di inchieste, interrogatori, trasferimenti di testi da una procura all’altra, morti sospette, aperture di fascicoli presso la Commissione d’inchiesta del parlamento italiano, ecco tutto finito. Basta molto meno, per arrestare un ragazzo trovato con uno spinello in mano che un trafficante di rifiuti tossici. Ma i dubbi comunque restano lo stesso ed i dubbi sono dubbi che provengono da fatti e non da sensazioni, che sicuramente non tranquillizzano tutti i cittadini che vivono in quell’area investita dai rifiuti tossici . Gli errori, le omissioni, le stranezze sono avvenute tutte sin dall’inizio della vicenda, nel lontano 14 dicembre del 1990 e a nostro parere le responsabilità ricadono tutte in questa prima indagine. Responsabilità veramente gravi che dimostrano come attorno alla Jolly Rosso si siano mosse una serie di personaggi, che vanno da agenti dei servizi segreti a mafiosi della costa tirrenica, che hanno fatto di tutto per coprire un errore grossolano fatto da chi avrebbe voluto che la nave affondasse. La nave infatti non affondò. Fu la seconda nave a non affondare. La prima finì sulle spiagge della Tunisia. Questa, invece finì sulle spiagge di Campora S. Giovanni, in località Formiciche e si fece di tutto per archiviare subito la vicenda. Un inchiesta che durò solo pochi mesi, molto superficiale, frettolosa, che diede subito il via alla demolizione della nave, facendo così sparire tutte le tracce possibili ed immaginabili su cosa davvero fosse stato il carico , sparito comunque in una sola notte.

L’inchiesta finì nelle mani di un giovane Gip, che divenne famoso per la sua inchiesta contro il “Sud Ribelle” finita con un’assoluzione generale nei tre gradi di giudizio. A differenza della Jolly Rosso il Gip fece arrestare 13 militanti no global accusati di aver devastato Genova e Napoli nel 2001. Accuse basate su intercettazioni telefoniche che dimostravano l’esatto contrario e cioè che i 13 militanti non avevano commesso alcun reato se non la libera manifestazione del pensiero. Nel caso della Motonave Rosso, invece il giovane Fiordalisi dimostrò il massimo dell’inettitudine e superficialità. Da quella notte come scrisse il responsabile della Legambiente Nuccio Barillà iniziarono una serie di intimidazioni che fecero ritrattare diverse testimonianze che a caldo avevano confermato la pericolosità di quanto vi era all’interno di quella maledetta nave.

“Ci sono persone che coraggiosamente collaborano e altre che hanno strani ripensamenti» disse Barillà. L’esempio più evidente, fu quello di un testimone fondamentale, interrogato dai carabinieri. In quell’ occasione, il testimone, spiegò come due mesi dopo lo spiaggiamento della Rosso fossero stati portati nottetempo nella discarica pubblica di Grassullo, comune di Amantea, rifiuti della motonave «senza alcuna scorta della Guardia di Finanza o dei vigili urbani». La stessa persona, alla quale in seguito andò a fuoco un capannone agricolo, davanti alla Commissione parlamentare, negò tutto. In Calabria cose del genere sono all’ordine del giorno. Un simile comportamento venne tenuto da un altro testimone del caso “Rosso” : il marinaio Giuseppe Scardina, imbarcato sulla motonave Rosso durante l’ultimo viaggio. La sua testimonianza è fra gli atti desecretati recentemente, ma anche nei fascicoli tenuti nel tribunale di Paola. Importante anche la deposizione del cuoco di bordo, della motonave Rosso, Ciro Cinque, il quale dichiarò: «Ho il sospetto che nel carico ci fosse qualcosa che doveva affondare con tutta la nave», aggiungendo che Scardina avrebbe commentato: «Tu hai ragione, quello che hai detto è la verità, però io non mi possono mettere contro la Messina ( la compagnia proprietaria della “Rosso”, ndr) : ho bisogno di lavorare». Lo stesso Scardina, ha smentito tutto poco dopo: «Ero imbarcato sulla Rosso al tempo del naufragio», ha scritto in una lettera ai suoi superiori, «conoscevo il cuoco, ma non ho mai detto ciò che riporta il giornale». Ma basta rileggere le dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza di Scardina , rese il 7 giugno 1997, sulle condizioni della motonave e sullo scopo del viaggio, per rendersi conto delle tante contraddizioni: «Quando siamo partiti da La Spezia con la motonave Rosso la nave era sbandata di due-tre gradi sul lato sinistro, e quando prendeva mare lo sbandamento aumentava», diceva: «Tale sbandamento era causato dal fatto che le valvole delle zavorre non mantenevano, quindi perdevamo acqua e non mantenevamo la zavorra. La nave », continuava il marinaio, «era in pessime condizioni, tant’è che il marinaio Borrelli arrivati a Napoli da La Spezia volle sbarcare a ogni costo. Anzi, ricordo che mi disse: “Scardina, questa nave non mi piace, so che va ma non so se ritorna”. Ricordo pure che a Napoli diede 50 mila lire al medico affinchè gli facesse un certificato per sbarcare. Era in ottima salute, sicuramente stava meglio di me». In Calabria funziona così. Se la gente parla vuol dire che il fatto criminoso è un fatto “normale”. Una questione amorosa, una vecchia lite, e tutti allora collaborano con la giustizia. Ma se si crea il vuoto attorno ad un indagine vuol dire che c’è la ndrangheta in mezzo. La popolazione avverte il pericolo prima di ogni inchiesta giudiziaria. E quel traffico di camion durante la notte, di cui si è sempre parlato, che dalla nave trasportò materiale nelle discariche di Grassullo e Foresta,evidentemente , appartenevano ad una ditta in odore di mafia. E se c’è una ditta di mafia che fa questo trasporto vuol dire che c’è la mafia di mezzo, ed allora è meglio farsi i fatti propri. D’altra parte il famoso pentito di mafia, Francesco Fonti, che accusava il clan di Franco Muto a Cetraro, di essere responsabile di ben tre affondamenti di navi lungo la costa tirrenica la dicono lunga su chi fosse interessato al silenzio. E così fu. La prima inchiesta diede quindi il colpo finale a tutta la vicenda. La frettolosità per cui si arrivò alla sua archiviazione dopo solo tre mesi dallo spiaggiamento la dice lunga.

Ecco cosa scriveva la Gazzetta del Sud il 20 giugno 1991. QUASI COMPLETATA L’OPERAZIONE DI DEMOLIZIONE DELLA “ROSSO”.Amantea: Nessun materiale nocivo all’interno dei container trasportati dalla nave arenata .Si sta quasi completando ad Amantea,l’operazione di demolizione della grossa nave da carico “Rosso” della società Ignazio Messina SpÀ di Genova, che proveniente da Malta e diretta a La Spezia,.si arenò sulla spiaggia in località “Le Formiciche” il 14 dicembre dello scorso anno per una violenta tempesta di mare . All’atto dell’insabbiamento del cargo nella zona si era creato un falso allarme facendo supporre che trasportasse container con materiale inquinante mentre gli stessi container da quanto è risultato dall’inchiesta giudiziaria contenevano vettovaglie varie tra cui sostanze alimentari e generi di consumo. L’inchiesta è stata diretta dal sostituto procuratore della Repubblica di Paola, dott. Fiordalisi e coordinata dal comandante in seconda della capitaneria di .porto di Vibo Valentia, capitano di fregata Giuseppe Bellantoni. Il fatto, però, che per oltre sei mesi il relitto è rimasto arenato nella suggestiva spiaggia ha creato non pochi problemi sotto il profilo turistico-ambientalistico.L’assessore provinciale di Cosenza Salvatore Caruso, che è anche, capogruppo consiliare del Psi al Comune di .Amantea, per due volte si è rivolto al ministero della Marina Mercantile che è intervénuto opportunamente per sollecitare la rimozione del relitto che in ultima analisi è stato deciso di demolire. Il Consiglio Comunale di Amantea, su proposta dello stesso Caruso, si è costituito parte civile per gli eventuali danni che lo stesso relitto potrebbe causare. ”0ra – ha ribadito l’assessore provinciale Caruso- vogliamo ché sia ridata alla spiaggia piena efficienza per essere utilizzata nell’imminenza della stagione balneare»: Dopo altre e considerazioni polemiche Caruso ha rilevato «come è difficile in Calabria affrontare problemi di ordinaria amministrazione che; mentre in Liguria o, nel Nord Italia vengono risolti al massimo in qualche mese, da noi ci vogliono almeno sei mesi. E se ora ci siamo finalmente riusciti — ha concluso – debbo pubblicamente ringraziare la “Gazzetta del Sud” che- su questo problema ha dimostrato grande sensibilità». I lavori di demolizione del Cargo sono stati curati dalla società dell’armatore della stessa nave e dalla Mosmode Sas di Crotone.. La capitaneria di porto di Vibo Valentia di cui è comandante il capitano di fregata Vincenzo Milo, ha fatto obbligo all’armatore della Rosso di: depositare un miliardo con fideiussione bancaria o polizza assicurativa. E’ stata inoltre ordinata una recinzione con apposite segnalazioni nell’arco di mezzo chilometro con il divieto di navigazione, pesca e ancoraggio. Ultimati i lavori di demolizione si dovrebbe procedere alla pulizia della spiaggia e al suo livellamento per riportarla al suo stato originario. Se ciò non fosse possibile per il cattivo tempo, secondo quanto ci è stato confermato dall’autorità competente, si provvederà a chiudere il pezzo di spiaggia non recuperato. “.

E a proposito dello smantellamento della nave Carlo Lucarelli nel suo libro pone delle questioni molto importanti. E’ vero che la nave venne smantellata dalla Mosmode sas di Crotone, ma prima arrivò un’altra azienda: “ Si chiama Smit Tak – scive Lucarelli- ha sede a Rotterdam, in Olanda, ed è una delle più note società di recupero e salvataggio marino. Ha però due caratteristiche che incuriosiscono gli investigatori. E’ un impresa molto grossa, forse la più grande a livello internazionale, e ha compiuto recuperi importanti e difficili, come quello del K-141 Kursk, un sottomarino nucleare russo che nell’agosto del 2000 affonda nel mare di Barens. Anche all’inizio degli anni 90 la Smit Tak era una grossa società, forse troppo grande e troppo importante per una nave tutto sommato abbastanza piccola come la Rosso, spiaggiata a due passi dalla riva. E poi è nota soprattutto per un ramo della sua attività. La bonifica di incidenti che hanno a che fare con materiale radioattivo. La Smit Tak firma il contratto con la Ignazio Messina e co il 1 febbraio 1991. Incarico: recuperare la Rosso, metterla in grado di galleggiare e accompagnarla fino al porto più vicino. I tecnici dell’azienda lavorano sulla Rosso per diciassette giorni, poi sene vanno, dopo aver riscosso dalla messina e co una fattura di ottocento milioni di lire, quasi un miliardo, insomma, e di allora. La Rosso invece resta là, inclinata sulla spiaggia, come prima. Perché se ne va la Smit Tak ? perché ha già finito di fare quello che doveva fare ? Qualcunche cosa fosse ? No, dice la messina e Co. La Smit Tak si è resa conto che la nave non poteva essere recuperata, così ha mollato il contratto, si è fata pagare le spese e se ne è andata. Allora la messina ha chiamato la Mo.Smo.De del signor Cannavale da crotone per demolire il relitto. Ma perché tutta questa fretta ? Non me lo chiedo io, sia chiaro, se lo chiedono gli investigatori delle procure. Perché la fretta, dicono, sembra sia la cifra di tutta questa storia. E fin dall’inizio. “

Insomma “la pistola fumante”, detta alla Bush, venne immediatamente trovata e distrutta. E subito dopo l’archiviazione da parte della procura di Paola ecco che qualcuno manda i venti e più faldoni , al Tribunale di Lametia. Quasi a disfarsene. E restano lì in qualche polveroso armadio, fino a quando il procuratore Neri , della procura di Reggio Calabria titolare di tutte le inchieste riguardanti l’affondamento di una quarantina di navi nel mediterraneo, ne richiese l’acquisizione. A Paola si “accorgono” che i faldoni non ci sono più. E da qui parte la “ricerca”. Fino a scoprirli in quel di Lametia. Ma Neri dopo averli visionati ristabilisce la natura del luogo dove quei faldoni dovevano stare e cioè Paola. Ed a seguito del ritrovamento di alcune discariche “misteriose”, guarda caso a Grassullo e Foresta eccone la riapertura dell’inchiesta da parte del PM Francesco Greco. Era più che logico che una nuova apertura dell’inchiesta non avrebbe portato a nulla , ma di certo questo è servito a riaprire le inchieste sulle discariche misteriose. Inchieste ancora aperte e che certamente , queste porteranno a qualche risultato. Come porterà ad un risultato le ricerche fatte qualche mese fa, nel mare di Cetraro, su una delle navi affondate dal pentito di mafia partito proprio dal porto di Cetraro. Resta un altro grande mistero . Quello sulla morte del capitano De Grazia. Ne parla espressamente il procuratore Neri e Barillà della Legambiente alla commissione istituita sui rifiuti tossici :

“Anche per questo, racconta alla Commissione il sostituto Neri, « il Sismi ha collaborato molto con noi. Ci ha fornito una certa copertura, tutelandoci dalle minacce che abbiamo subito io, Domenico Porcelli e Nicola Maria Pace (addirittura Porcelli ha scoperto una microspia nella sua stanza, ndr)». Ma questo non ha evitato che l’indagine fosse segnata il 13 dicembre 1995 dalla misteriosa morte del capitano di corvetta Natale De Grazia, insignito nel giugno 2004 dal presidente Carlo Azeglio Ciampi della medaglia al valore civile alla memoria. «Morì», ricorda alla Commissione Angelo Barillà di Legambiente, «in un momento cruciale dell’inchiesta, mentre si spostava da Reggio Calabria a La Spezia per interrogare l’equipaggio della Rosso. Fece una sosta a Nocera Inferiore e insieme ad altre persone si recò al ristorante. Lui fu l’unico a mangiare il dolce, dopodiché si rimise in viaggio in automobile, si appisolò e morì». Ucciso da cosa? «L’autopsia è stata effettuata una settimana dopo e allo svolgimento dell’esame autoptico prese parte anche il medico dei familiari», spiega Barillà: «Il risultato dell’ autopsia fu: arresto cardiocircolatorio, ma ai partecipanti rimasero comunque dubbi. Così un anno dopo i familiari ottennero che si rifacesse l’autopsia, e a quanto mi risulta i parenti non hanno mai saputo l’ esito».

E ripercorriamo le date della vicenda per tenerne ancora viva la memoria.

1989- La motonave venne noleggiata dal governo italiano per andare a recuperare in Libano 9532 fusti di rifiuti tossici nocivi esportate in quel luogo illegalmente da aziende italiane. Completata l’operazione e riportati in Italia i fusti , la motonave resta in disarmo nel porto di La Spezia dal 18 gennaio 1989 al 7 dicembre 1990.

14 dicembre 1990 – ore 7.55 mayday dalla nave a 15 chilometri al largo della costa di Falerna. Alle 10 e un quarto il capitano e gli altri 15 membri dell’equipaggio vengono recuperati da due elicotteri e trasportati a Lametia Terme in ospedale per controlli. Il comandante della nave si chiama Luigi Giovanni Pestarino. La nave non affonda al largo ma viene trascinata dalla corrente verso riva. Alle ore 14 , spiaggiamento della nave ad Amantea località Formiciche. La nave è salpata dal porto di la Spezia il 4 dicembre, scalo a Napoli, poi a Malta.

15 Dicembre 1990 – ore 5 del mattino - Prima ispezione sulla nave di carabinieri e capitaneria di porto di Vibo valentia. Nel pomeriggio visita dei Vigili del Fuoco, della Guardia di Finanza e di rappresentanti (misteriosi) della società armatrice Messina. Da questo giorno i primi misteri. E’ vero o non è vero che il capitano di vascello Bellantone è salito su quella nave per primo ? E’ vero o non è vero che ha visto dei documenti , messi sulla plancia della nave che richiamavano la natura della radioattività ed erano introdotti dalla sigla ODM riconducibili ad una società del noto armatore Comerio ?. Prima sembra di si, poi nell’interrogatorio davanti alla commissione parlamentare di inchiesta , presidente on. Paolo Russo, avvenuto il 20 aprile del 2005 nega tutto e comincia a non ricordare parecchie cose.

22 Dicembre 1990 – La società Messina affida alla società Siciliana Offshore e Calabria navigazione le operazioni di recupero del combustibile sparso. Operazione che secondo i carabinieri termina il 29 gennaio 1991.

Gennaio 1991 – Archiviazione da parte del GIP Fiordalisi

Febbraio 1991- Le pratiche per un errore burocratico vengono trasmesse al Tribunale di Lametia terme.

Giugno 1991- Completata la demolizione della nave

20 marzo 1994 – Assassinio in Somalia di Ilaria Alpi e Miran hrovatin

12 dicembre 1995- Morte del capitano di corvetta Natale De Grazia

D)Il terrore viene dal mare

Alcuni pescatori hanno catturato a Campora San Giovanni 14 tonnetti malformati. Una vicenda che richiama quanto accaduto lo scorso anno al largo di Fiumefreddo

AMANTEA Se non è ancora allarme, poco ci manca. Ma l'ipotesi che qualcosa nei fondali del Tirreno cosentino stia accadendo sembra sempre più prendere consistenza e forma. Nelle scorse settimane e per due pescate di seguito, al largo di Campora San Giovanni, alcuni pescatori locali hanno catturato quattordici esemplari di tonnetti "alletterati" (una delle specie di tonno più diffuse nel Mediterraneo, la peculiarità sta nella colorazione azzurro-bluastra sul dorso), tutti con una malformazione alla colonna vertebrale. A destare preoccupazione, soprattutto, la circostanza della ripetitività delle catture nella stessa zona. I pescatori amatoriali, infatti, allarmati dalla strana conformazione dei primi 12 tonnetti catturati, sono ritornati nei pressi dello specchio d'acqua – nei pressi del porto della popolosa frazione di Amantea – dove avevano abboccato i pesci e lì ne hanno raccolto altri due trovandoli anch'essi con la stessa anomalia.
Una vicenda che si tinge decisamente di nero alla luce di un'altra storia simile segnalata dal Corriere della Calabria lo scorso anno, quando a settembre del 2013 altri pescatori amatoriali catturarono – non lontano dalla costa di Fiumefreddo Bruzio e dunque a pochi chilometri di distanza da Campora – altri esemplari sempre della stessa specie e con l'identica malformazione scheletrica: la spina dorsale bifida. In quell'occasione un laboratorio privato, su incarico del biologo marino Silvio Greco, svolse delle approfondite analisi sui campioni di lisca di due dei quattro pesci catturati con questa anomalia (nel corso della battuta erano stati presi dieci esemplari) ed emerse un aspetto decisamente inquietante: i resti degli animali esaminati erano contaminati da metalli pesanti e da Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa). Proprio quest'ultima sostanza – ritenuta pericolosi per gli effetti sulla salute dell'uomo – presentava un valore più alto della norma. Non solo, sempre da quelle analisi – realizzate per conto di Greco – uscì fuori che nelle lische dei tonnetti erano presenti parametri al di sopra della norma di tre policlorobifenili (Pcb). Composti organici considerati altamente nocivi per gli esseri umani visto che alcuni studi scientifici ne delineano l'elevato nesso di causalità con la contrazione di malattie tumorali.Tutti aspetti che alla luce delle identiche anomalie anatomiche che presentano gli esemplari catturati a Campora fanno ritenere plausibile che anche questi siano tonnetti contaminati dalle stesse sostanze chimiche. Un'ipotesi che – se dovesse essere supportata da dettagliate analisi sui pesci catturati a largo delle coste amanteane – solleverebbe con maggiore insistenza l'allarme di una possibile contaminazione lungo il Tirreno cosentino. Soprattutto alla luce che i pesci pescati sia nel caso di Fiumefreddo sia di Campora San Giovanni sarebbero nati nella zona: la lunghezza non supererebbe, infatti, i trenta centimetri. Anche se c'è da sottolineare che i tonnetti catturati appartengono a una specie pelagica, capace cioè di percorrere centinaia di chilometri e che nella baia di Augusta, nel corso degli anni, sono stati segnalati diversi casi di pesci deformi. Un'aspetto che potrebbe lasciare intendere che da lì possano essere arrivati almeno i progenitori dei pesci catturati al largo delle coste del Tirreno cosentino. Ciononostante restano alcuni elementi inquietanti: la concomitanza delle catture nella stessa zona, la ripetitività almeno negli ultimi due anni e la giovane età degli esemplari. Circostanze, queste, che lasciano completamente aperta l'ipotesi dell'esistenza di un focolaio di contaminazione proprio in territorio calabro.

L'ANALISI DELL'ESPERTO

«È evidente che a questo punto c'è qualcosa di sospetto e che, per questo, meriti tutti gli approfondimenti del caso». Il biologo marino Silvio Greco alza il livello d'attenzione sulla vicenda degli esemplari malformati. Soprattutto dopo le nuove catture di tonnetti al largo di Campora San Giovanni che presentano la spina dorsale bifida. «La letteratura scientifica – spiega Greco – è concorde nell'affermare che questo genere di mutazione è dovuta alla contaminazione da metalli pesanti e da idrocarburi. Resta da comprendere dove sia collocata la fonte d'inquinamento e a cosa sia dovuta». Per questo il noto biologo marino invoca «la costituzione di un gruppo di esperti per capire con esattezza l'ampiezza e l'origine del fenomeno». Per fare questo senza dubbio dovranno per primi intervenire i tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente calabrese. «Un primo step – sostiene Greco – per avviare un monitoraggio più ampio e più complesso con il coinvolgimento auspicabile di altri specialisti del settore».

Roberto De Santo

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