E’ sempre tempo di riflessioni, in Amantea, soprattutto perchè Amantea è molto spesso una città silente.
Una città troppo silente, anche quando dovrebbe dire la sua, quella , cioè, di una comunità che ha una storia millenaria e che intende aprirsi ad altri futuri millenni di storia
Invece la città è inerte e sembra piegata su se stessa, passiva, spaventata.
Non parla l’amministrazione.
Non parlano le 100 associazioni dalle mille sfumature di grigio.
Non parlano i partiti.
Non parlano quei pseudo politici , che in altri momenti sembrano chiocce che starnazzano come quando fanno l’uovo e, che riempiono con i loro faccioni sorridenti le pagine dei quotidiani.
Ognuno aspetta che siano altri a parlare e ad assumersi la responsabilità di protestare, di gridare, di dire basta.
Tutti aspettano che la tempesta passi , stando al chiuso nella loro tana, senza aprire porte o finestre, senza nemmeno affacciarsi per tentare di capire cosa sta succedendo.
Non vogliono essere colpiti dai fulmini ed hanno perfino paura dei tuoni.
Vogliono dimenticare e far finta di non aver saputo.
Al più alzano gli occhi verso i loro idoli di carne per capire cosa faranno e ripeterne i comportamenti.
E questo antico e perdurante silenzio permette di ascoltare totalmente il crepitio delle fiamme che distruggono una pizzeria e che lasciano sul lastrico un imprenditore e la sua famiglia, il violento rumore di una bomba e perfino il frusciare lungo e continuo delle serpi che riempiono le nostre strade, e molte case amanteane, e lo sfrigolio della pizza nel forno.
“Che se la vedano loro”, sembrano dire agli investigatori.
“Noi abbiamo già i nostri problemi. Non abbiamo lavoro, non abbiamo soldi, non abbiamo speranza. Sarebbe folle crearsi ulteriori problemi. Che parlino chi deve difendere la propria posizione, la propria carica, il proprio lavoro, la propria attività commerciale” ,poi aggiungono.
Intanto la città sembra morire e nessuno sembra accorgersene.
Amantea continua a vivere di poco, quasi di niente, riempiendosi di debiti che lasciamo alle future generazioni, senza sospettare che domani i nostri figli ed i nostri nipoti andranno via da questo luogo senza coraggio, senza onestà, senza futuro, dove la gioia e la felicità sono finte e senza colore.