Il Commissario Davide Gravina del Consorzio di bonifica Valle del Lao con delibera del 30 settembre del 2014, aveva licenziato per la seconda volta Domenico Bruni dirigente dell'area tecnica del Consorzio.
Il professionista, difeso dall’avvocato Massimiliano Rosti di Diamante, aveva presentato ricorso contro il licenziamento.
Il Giudice, Antonia Cozzolino, ha disposto il reintegro del dirigente Bruni nel posto di lavoro. Lo stesso occupato prima del licenziamento. Ma il Tribunale ha anche condannato l’Amministrazione consortile al pagamento in favore di Domenico Bruni dell’indennità risarcitoria, pari alla retribuzione globale di fatto dovutagli dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettivo reintegro nel posto di lavoro. Prevista anche la maggiorazione, in base alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali “dal dovuto al soddisfo”.
Il Magistrato del lavoro, agli atti, ritiene che il licenziamento sia illegittimo stante “...la ritenuta sussistente natura “persecutoria” della condotta complessiva del datore di lavoro ...estrinsecatasi nell’irrogazione di numerose sanzioni disciplinari, risultate infondate o comunque prive di riscontri e quindi nell’intimazione del licenziamento o addirittura di due licenziamenti consecutivi, il secondo dei quali a distanza di circa sei mesi dalla reintegra del lavoratore, precedentemente disposta con altra ordinanza del Magistrato del Lavoro”. Il giudice conclude: “...che l’intento discriminatorio-ritorsivo sia stato l’unico motivo posto a base del secondo licenziamento, di cui va pertanto affermata l’illegittimità in considerazione della contestualmente provata insussistenza di addebiti idonei a giustificarlo”.
Il tribunale ha poi condannato il Consorzio al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per legge e al pagamento delle spese di lite liquidate in complessivi 4.000 euro con l'aggiunta delle spese di contributo unificato, spese generali ed altro.
Lapidario il commento: “Il fatto certo è che la sentenza di un magistrato, nel caso ben due, sono infinitamente distanti dal valore della delibera di un commissario e/o dal parere, forse non tanto disinteressato, di qualche modesto funzionario apposto in tale delibera”.