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Redazione TirrenoNews

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Perviene e pubblichiamo il comunicato dei Consiglieri di Frazione Bruno e Romano

Nuove iniziative ed opere dei Consiglieri di Frazione Bruno e Romano, sicurezza e viabilità problematiche da rimediare quanto prima.

I Consiglieri Bruno e Romano sulle problematiche: sicurezza e viabilità a Campora San Giovanni e Coreca.

Amantea – Altre notizie e iniziative sui consiglieri di frazione Raffaele Romano e Mario Bruno, sempre attivi e disponibili a 360°, nella mattinata di giovedì 9, con l’incontro col comandante della polizia municipale di Amantea, Emilio Caruso, hanno discusso sulle problematiche del settore viabilità e sicurezza stradale e generale. In una Frazione che oramai oggi conta sulle 5000 persone e che nella stagione estiva triplica anche di necessità logistico-operative, è necessario più che mai un intervento sul territorio e per lo meno la presenza di una piccola unità operativa mobile, nonché delle autovetture abbandonate per le vie e le zone rurali del territorio di frazione, che oltre a essere danno ambientale sono anche una pessima immagine da mostrare ai visitatori e turisti, ma anche agli abitanti che si sentono quasi abbandonati. Presa visione di ciò il Comandante Caruso ha assicurato l’impegno di provvedere quanto prima alla rimozione dei veicoli abbandonati (entro 2 mesi al massimo), nonché la presenza settimanale dello stesso nei locali della sede comunale in Campora San Giovanni di Via Mercato, e non da ultimo la presenza di un unità mobile quotidiana e costante sul territorio camporese. I Consiglieri ringraziano come sempre la disponibilità dell’Amministrazione Comunale e dei tecnici finora interpellati per migliorare le condizioni di un territorio che sta rinascendo a nuova immagine e vita.

I presunti legami con massoneria, Banda della Magliana, Gdf e Servizi nel computer del commercialista Paolo Oliverio, arrestato con l’accusa di aver riciclato soldi della ’ndrangheta. «Condizionamento della Pubblica amministrazione attraverso ricatti, dossieraggio e finanziamento illecito della politica»

Farà rumore anche in Calabria il contenuto dell'archivio segreto di Paolo Oliverio, arrestato agli inizi di novembre con l’accusa di aver pilotato nomine e affari dell’ordine religioso dei Camilliani (da cui aveva ottenuto una procura speciale per la gestione degli appalti in Campania, Calabria e Sicilia), e commercialista di fiducia di esponenti delle istituzioni e uomini d’affari nonché – secondo l’accusa – «il “riciclatore” dei soldi della ‘ndrangheta e di alcuni esponenti della criminalità romana. Custode di numerosi segreti, come dimostrano le migliaia di file trovati nei suoi computer e nelle chiavette Usb sequestrate al momento dell’arresto. E adesso sono in molti a temere quello che ne verrà fuori. Anche perché il giudice delle indagini preliminari gli ha negato la scarcerazione proprio in attesa “dell’esito delle verifiche su questi legami” affidate dal pubblico ministero Giuseppe Cascini agli investigatori delle Fiamme Gialle guidati dal colonnello Cosimo De Gesù». Lo scrive oggi Fiorenza Sarzanini, firma di punta della cronaca giudiziaria del Corriere della Sera.

L'archivio, si legge nel dettagliato articolo, «svela i rapporti riservati con alti prelati, funzionari dell’intelligence, militari della Guardia di Finanza, imprenditori e politici».
«Riaffiorano prepotentemente i fantasmi di un passato che sembrava sepolto. Un passato fatto di ricatti, massonerie, imprenditori, faccendieri, pezzi delle istituzioni deviate, rapporti con la mafia – scrive Guido Ruotolo sulla Stampa –. C'è da giurare che questa inchiesta riserverà molte clamorose sorprese».  
«Se li aprite viene giù l’Italia», aveva detto lo stesso Oliverio al momento della cattura rivolgendosi ai militari che portavano via le sue apparecchiature informatiche. Tra le frequentazioni del commercialista si segnalano Paolo Berlusconi e Claudio Lotito, uomini d'affari come Lorenzo Borgogni, ex manager di primo livello di Finmeccanica, ma anche esponenti dei servizi segreti (secondo il gip che ha deciso di lasciarlo in cella, «l’indagato disponeva di un sistema software per le intercettazioni illegali») e politici: secondo i magistrati Oliverio avrebbe esercitato un «forte condizionamento della Pubblica amministrazione attraverso ricatti, attività di dossieraggio e finanziamento illecito della politica, grazie alla partecipazione nelle attività criminali dell’organizzazione di esponenti della ‘ndrangheta calabrese della banda della Magliana e di personaggi facenti parte di logge massoniche coperte oltre ad autorevoli prelati». Il riferimento – spiega la Sarzanini – «è ai contatti con il faccendiere Flavio Carboni e con il boss Ernesto Diotallevi che avrebbe concluso con il commercialista affari immobiliari da centinaia di migliaia di euro. Ma dagli atti processuali emergono pure i suoi legami con il parlamentare del Nuovo centrodestra Alessandro Pagano e con l’ex senatore pdl Sergio De Gregorio, sotto processo a Napoli per la compravendita dei parlamentari insieme a Silvio Berlusconi. Uomo di collegamento fra i due era Giuseppe Joppolo che curava i rapporti di De Gregorio con forze dell’ordine e forze armate e proprio per questo sarebbe entrato in contatto con Oliverio».

Corposo il capitolo del presunto dossieraggio di Paolo Oliverio: il suo computer conterrebbe infatti più di un «report» su personalità e affari, resoconti dettagliati che – analizza la cronista – alimentano «l’ipotesi che in alcuni casi Oliverio si sia prestato a svolgere il ruolo di informatore.  I documenti custoditi nell’archivio svelerebbero però che di ben altro calibro erano i suoi referenti nelle Fiamme Gialle tanto da poter orientare verifiche fiscali su imprenditori e grandi società. Ma anche poter influire sull’attività di ispettori di Equitalia».

L’inchiesta sui Camilliani svela anche dei legami in Vaticano, e secondo le informative allegate all’ordinanza Oliverio avrebbe «risolto» questioni economiche e personali di alcuni prelati – ottenendone poi qualcosa in cambio – e persino un caso di violenza sessuale che vedeva coinvolto un religioso: il commercialista avrebbe convinto la vittima a non presentare denuncia. (0070

http://www.corrieredellacalabria.it/stories/Cronaca/20251_larchivio_segreto_del_fiscalista_che_fa_tremare_la_calabria/

http://www.corriere.it/cronache/14_gennaio_07/parlamentari-boss-prelati-nell-archivio-segreto-fiscalista-a567a07e-7763-11e3-823d-1c8d3dcfa3d8.shtml

Ecco i file sequestrati a Paolo Oliverio

Il commercialista che avrebbe riciclato soldi della 'ndrangheta aveva un software per intercettare le comunicazioni

Le due sponde del Tevere non sono mai state così vicine. A fare da “ponte” è il commercialista Paolo Oliverio gestore degli appalti nel sud Italia dell’ordine religioso dei Camilliani ma anche uomo di fiducia per politici e uomini delle istituzioni. I suoi contatti, però, si sarebbero spinti ben oltre. Oliverio, romano di 48 anni, avrebbe riciclato anche fiumi di denaro della ‘ndrangheta calabrese. Custode di segreti inconfessabili, il nome del fiscalista capitolino era comparso negli ultimi scandali giudiziari. A lui, infatti, erano intestati alcuni bonifici effettuati dall’ex consigliere della Regione Lazio Maruccio (calabrese di origine). Ancor prima era stato sfiorato dalle inchieste sulla P3 e sul business eolico in Sardegna. Mai, però, le Procure erano riuscite ad accertare eventuali sue responsabilità. Almeno fino al novembre scorso quando è stato arrestato con l’accusa di sequestro di persona. Oliverio, insieme all’ex superiore generale dell’ordine dei Camilliani, Renato Salvatore e a due appartenenti alla Finanza, avrebbe impedito, con la scusa di un finto interrogatorio, a due confratelli dell’ordine religioso di partecipare alle votazioni per il nuovo superiore. Al clic delle manette ai suoi polsi una crepa si è aperta nel muro che fino a oggi aveva celato la complessa rete di amici e affari messa in piedi dal commercialista. Lui stesso nel giorno dell’arresto aveva commentato: “Viene giù l’Italia”. E ora che le indagini del pm della Procura di Roma, Giuseppe Cascini, raggiungono i primi risultati quelle parole suonano come una sinistra premonizione. La conferma arriva dall’ordinanza con cui il gip Paola della Monica ha respinto la richiesta di scarcerazione per Oliverio. «Le esigenze cautelari permangono immutate, in ragione sia di quanto va emergendo dall’assunzione di sommarie informazioni sia di quanto va emergendo dall’esame della documentazione, anche informatica, sequestrata. Si profilano, infatti attività di gestione di società, rapporti con l’amministrazione finanziaria, rapporti con persone del mondo dello spettacolo, che paiono prevedere il ricorso a pratiche quali la captazione non autorizzata di conversazioni, l’estorsione, l’intervento su procedure di controllo». Le parole del giudice si basano sui primi riscontri effettuati sul materiale sequestrato a Oliverio. Decine di file che la guardia di finanza sta esaminando con meticolosa attenzione, il gip ne cita soltanto tre, che bastano per lasciare pesanti ombre sull’attività del commercialista. Come quello indicato con il numero 000455. E’ denominato “cell.spy 334”: «Un documento in cui viene descritta la procedura per l’installazione di un software denominato “spyphone” su un cellulare Nokia, utile per procedere ad attività di intercettazione di comunicazioni». Ma c’è di più. Un altro file ha l’inquietante nome “estorsione F.N.”. Sembra quasi il “pizzino” scritto da un boss: «Attenzione F. state marciando male tu, Paolo Oliverio, R. e ancora l’amico avvocato R. e suo cognato lestofante. Se chiudete verifiche della Gdf illegalmente, e volete guadagnare solo voi state sbagliando. F. la tua vita è in pericolo se volete continuare i lavori in tranquillità e stare sereni dovete pagare 150.000 euro al mese. Per il pagamento riceverete istruzioni tramite la I.T.R. di cui l’amministratore è Paolo». L’ultimo documento che compare nell’ordinanza del gip romano riguarda Sabina Beganovic, l’attrice di origini tedesche conosciuta come “ape regina” vicina all’ex premier Silvio Berlusconi. Tra le carte sequestra a Oliverio c’è anche «un documento che riporta un apparente visto turistico rilasciato alla stessa Beganovic». Vaticano, politica, mondo dell’imprenditoria e dello spettacolo e criminalità calabrese, il caso Oliverio promette nuovi clamorosi sviluppi. Lo stesso pm nel fornire parere contrario alla scarcerazione del commercialista avverte che il quadro è «ben più ampio e allarmante».

http://www.corrieredellacalabria.it/stories/cronaca/20274_ecco_i_file_sequestrati_a_paolo_oliverio/

Paolo Oliverio, fiscalista finito nell’inchiesta sui Camilliani, lavorava anche per i servizi segreti. E a quanto pare per loro conto ha controllato Sabina Began. La storia è sul Corriere della Sera:

Numerosi dossier trovati nell’archivio segreto custodito in una pen drive e nel computer sequestrati a Oliverio al momento della cattura sarebbero stati preparati proprio per essere consegnati agli 007. Nell’elenco c’è anche la pratica relativa a Sabina Began, l’«Ape Regina » di Silvio Berlusconi. Nell’informativa allegata agli atti si parla del «file 000488 denominato “visto Sabina Beganovic”, documento che riporta un apparente visto turistico rilasciato alla stessa Beganovic».

Secondo alcune indiscrezioni si tratterebbe di appunti relativi a un’attività che sarebbe stata commissionata al fiscalista dai suoi referenti all’interno dell’Aisi. Chi decise di mettere sotto controllo la «preferita» del presidente del Consiglio? Il Copasir ha chiesto di sapere chi abbia proposto Oliverio al vertice dell’intelligence e chi fossero i suoi referenti, la natura degli incarichi a lui affidati e soprattutto la portata delle informazioni date e ricevute. Domande che nei prossimi giorni potrebbero porgli anche gli inquirenti.

http://www.giornalettismo.com/archives/1293913/paolo-oliverio-il-fiscalista-che-lavorava-per-i-servizi-segreti/

Paolo Oliverio venne fuori anche in occasione dell’arresto del Superiore dell’Ordine dei Camilliani.

Padre Salvatore fu riconfermato il 13 marzo ad Ariccia. Sei in carcere, il regista dell’intrigo è vicino a Flavio Carboni

ROMA - Per ottenere la riconferma alla guida del misericordioso Ordine, non ha esitato a far sequestrare per l’intera giornata due sacerdoti che avrebbero dovuto partecipare all’elezione. Solo così, “sottraendo” quei due voti rivelatisi decisivi al suo antagonista, padre Renato Salvatore, 58 anni, era riuscito a farsi riconfermare Superiore generale presso l’Ordine dei Ministri degli Infermi (noto come l’Ordine dei Camilliani, dal fondatore San Camillo De Lellis) lo scorso 13 maggio 2013, data-simbolo per la Chiesa (apparizione di Fatima). Ma quella votazione, adesso, è finita nella bufera: la Guardia di finanza di Roma, nell’ambito delle indagini condotte dal Gico e dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha arrestato lo stesso padre Renato Salvatore assieme ad altre cinque persone.

LA FINTA AUDIZIONE - Al centro dell’inchiesta figura Paolo Oliverio, commercialista e fiscalista, noto alle cronache giudiziarie per essere a più riprese apparso in scandali finanziari dai quali è sempre uscito senza condanne. L’accusa è di aver ideato una raffinata macchinazione: il “composito gruppo criminale”, spiegano in una nota le Fiamme gialle, aveva “organizzato ed eseguito una finta audizione nei confronti di due chierici, connessa a inesistenti indagini di polizia giudiziaria nei loro confronti, in tal modo impedendo loro di recarsi a votare il 13 marzo presso la Casa del Divin Maestro, ad Ariccia (Roma)”, dove era allestito il seggio. Il reato contestato per tutti è sequestro di persona in concorso, e di conseguenza sono state emesse le sei ordinanze di custodia in carcere.

PRESUNTO MANDANTE - Padre Renato Salvatore è una personalità nota nella Chiesa. Abruzzese di nascita, era arrivato alla guida dei Camilliani nel 2007, succedendo a padre Frank Monks. Ordinato presbitero nel 1983, dopo il dottorato in teologia morale padre Renato concentrò impegno ed energie in svariati campi del ministero camilliano: è stato cappellano, responsabile della casa di formazione della provincia romana, parroco nella Basilica di San Camillo, nonché docente presso il Camillianum e l’Università Lateranense. Per alcuni anni è stato anche il rappresentante del Pontificio Consiglio per la pastorale della Salute presso l’Oms a Ginevra. Ora, l’onta dell’inchiesta giudiziaria e del carcere con l’accusa di aver partecipato a un doppio sequestro pur di non perdere carica e potere d’influenza nelle alte sfere ecclesiastiche.

IL REGISTA - Gli investigatori del Gico e della Dda si sono concentrati sul ruolo avuto nell’intrigo da Paolo Oliverio, 47 anni. Il commercialista con fama di prestanome è stato coinvolto in passato nelle indagini sull’ex consigliere Idv della Regione Lazio Vincenzo Maruccio (arrestato un anno fa per distrazione di ingenti somme, che firmò numerosi bonifici a suo favore), in quelle sulla P3 e sull’eolico in Sardegna, relative al sistema finanziario facente capo al faccendiere Flavio Carboni (“con cui l’Oliviero vantava frequenti contatti finanziari e personali”, spiega ancora la Guardia di finanza), e infine nella più remota inchiesta su conti correnti “gestiti in Liechtenstein per conto di Renato Squillante e Attilio Pacifico”. L’interesse odierno di Oliverio a mantenere un “rapporto privilegiato” con padre Salvatore, invece, secondo gli investigatori aveva un preciso tornaconto: confermare il proprio potere nella gestione di alcuni nosocomi diretti dai Camilliani, tra i quali quello di Casoria, nel Napoletano. Oltre agli arresti sono state eseguite numerose perquisizioni, alcune delle quali ancora in corso

http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/13_novembre_06/intrigo-nell-ordine-camilliani-f753ad88-46ee-11e3-a177-8913f7fc280b.shtml

La storia, si sa, è scritta sempre dai vincitori. (Anche la politica!). Ed è così che nascono alcuni eroi!

Ad uno di questi, il generale Cialdini, anche l’onore della intitolazione di vie e Piazze.

Ma poi la storia viene revisionata e si scopre che Cialdini fu ben altro che un eroe: ed ora Venezia toglie il nome alla piazza intitolata al Generale Cialdini. Stessa richiesta fatta al comune di Lamezia Terme ma ancora inevasa

Parte da Venezia, e precisamente dalla municipalità di Mestre, l’opera di revisionismo storico tanto agognata nel Sud Italia. Strano a dirsi, più facile a farsi. Il consiglio comunale del capoluogo veneto ha approvato a fine dicembre una mozione per eliminare il nome del generale Cialdini dallo stradario cittadino. Per chi non lo sapesse, Enrico Cialdini fu elemento di spicco dell’esercito piemontese ai tempi del re Vittorio Emanuele II di Savoia ed uno dei protagonisti delle stragi nel Mezzogiorno durante l’opera di unificazione del Paese nel 1861. Proprio in quell’anno (precisamente nel mese di agosto) Cialdini venne inviato a Napoli con poteri eccezionali per affrontare l’emergenza del brigantaggio (fu nominato pochi giorni prima Luogotenente del re nell’ex Regno delle Due Sicilie). Il generale comandò una dura repressione con arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie, vaste azioni contro centri abitati come l’eccidio di Casalduni e Pontelandolfo. Una carneficina passata per tanti, forse troppi anni, come atti eroici per la liberazione della Penisola ed inserita come tale nei libri di storia.

Oggi invece, l’incrocio tra via Colombo, viale San Marco e via San Pio X in Mestre cambierà nome  perché un omicida non merita una piazza intitolata in suo onore. La delibera approvata il 17 dicembre 2013 dai rappresentanti cittadini ha ottenuto 25 voti favorevoli ed un solo astenuto che, guarda caso, è esponente della Lega Nord. “Ne avevamo parlato in giunta alcuni mesi fa su segnalazione dell’assessore Tiziana Agostini –  ha spiegato il vicesindaco Sandro Simionato – lei ha sollevato il problema invitando a ragionare su altri nomi da dare al piazzale che sta per ospitare l’interscambio del tram”. Una scelta che farà sicuramente piacere a tanti gruppi e associazioni di stampo meridionalista da anni in lotta per far conoscere la verità su quanto accadde in quel periodo. Un tempo tinto di rosso sangue, quello dei figli del Sud Italia massacrati dalla ferocia di personaggi oscuri come il generale Cialdini. (Piero Bonito Oliva - retenews24)

Note: Il generale italiano, nell'agosto del 1861, venne inviato a Napoli, con poteri eccezionali per affrontare l'emergenza del brigantaggio. Cialdini comandò una dura repressione messa in atto attraverso un sistematico ricorso ad arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie, vaste azioni contro centri abitati come l'eccidio di Casalduni e Pontelandolfo, nell'agosto 1861.

Lo stesso Enrico Cialdini in un suo rapporto ufficiale, sulla cosiddetta "guerra al brigantaggio", dava queste cifre per i primi mesi e per il solo territorio napoletano: 8.968 fucilati, tra i quali 64 preti e 22 frati; 10.604 feriti; 7 112 prigionieri; 918 case bruciate; 6 paesi interamente arsi; 2.905 famiglie perquisite; 12 chiese saccheggiate; 13.629 deportati; 1.428 comuni posti in stato d'assedio

http://patriotibriganti.blogspot.it/2012/04/enrico-cialdini.html

La lettera al comune di Lamezia terme

Immaginate un giorno di andare in vacanza a Tel Aviv o a Gerusalemme o a Betlemme. Un viaggio classico per chi vuole vedere i posti dove è nato il Cristianesimo. Ed immaginate, mentre camminate per le vie di queste città, di alzare lo sguardo e leggere “Via Priebke”, o “Via Himmler”, o “Via Hitler”. Assurdo, direte voi, come è possibile che gli Ebrei intitolino una via ai loro carnefici? Giusto, è impossibile, ma siamo in Israele.

Ora immaginate di tornare a casa e di recarvi nel quartiere di Sambiase di Lamezia Terme, dietro la Chiesa della Madonna del Carmine, e di leggere “Via Cialdini”. Chi sarà costui? Un poeta, uno scrittore, un personaggio storico di Lamezia Terme? No, era un carnefice del Sud Italia.
Ora scuotetevi dall’immaginazione perché la seconda parte del racconto è vera. Questa via cioè esiste veramente ed è dedicata ad uno degli uomini più feroci che abbiano mai calpestato il suolo italico. Qualcuno potrà obiettare che essendo un generale dell’esercito piemontese Cialdini commise i suoi delitti a causa della guerra civile in atto nell’ex Regno delle Due Sicilie dal 1860 al 1870. Ma i codici di guerra non prevedono la violenza sulle donne, la fucilazione di bambini, donne, preti e vecchi senza processo, l’imbalsamazione di teste tagliate ai cosiddetti “fratelli” del sud che dovevano essere “liberati”, l’avvelenamento degli acquedotti delle città assediate, l’incendio di decine di Paesi per rappresaglia. Ecco, rappresaglia, torniamo all’inizio, ai nazisti citati, perché rispetto a quello che fece l’esercito piemontese al Sud, quello fatto dagli atroci nazisti nell’intera Italia è stato simile e probabilmente inferiore.

Allora come è possibile che in un Comune che professa la legalità e la lotta alla mafia, che per questo motivo riceve premi a destra e a manca, ancora esista questa via, nonostante il Comitato Due Sicilie del Lametino abbia raccolto le firme per una petizione consegnata al Sindaco lo scorso 2 febbraio?
Sicuramente gli impegni di governo di una città così complessa sono tanti e difficili da risolvere, e quello che sta accadendo in questi giorni lo testimonia. Ma prima di chiudere i battenti chiediamo al Sindaco ed al Consiglio Comunale di autorizzare la sostituzione di via Cialdini, senza bisogno di organizzare manifestazioni e tagli di nastro che farebbero perdere tempo e soldi. La nuova targa ci impegniamo noi a farla, basta che ci diciate velocemente a chi dedicare la via e ci autorizziate a farlo. Non vorremmo fare brutta figura con eventuali stranieri che venissero per puro caso a Lamezia Terme, rimanendo a bocca aperta o crepandosi dalle risate di fronte alla targa di via Cialdini, perché loro la nostra storia, a differenza di noi, la conoscono. Roberto Longo – Responsabile Regionale Calabria Unione Mediterranea

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